TERREMOTO: SCOPERTA INGV SUL MAGMA, MORETTI, ”SE CORRETTA OCCHIO AL RADON”

di Marco Signori

13 Gennaio 2018 08:00

Regione -

L'AQUILA – “Se fosse corretta l'ipotesi degli studiosi dell'Ingv in base alla quale la distribuzione degli ipocentri dei terremoti registrati nell'Appennino meridionale è dovuta a risalite magmatiche, potrebbe essere un buon punto per monitorare i gas profondi, tra cui il radon”.

Lo dice il geologo dell'Università dell'Aquila Antonio Moretti, da AbruzzoWeb chiamato a commentare la recente scoperta dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e del dipartimento di Fisica e geologia dell'Università di Perugia pubblicata sulla prestigiosa rivista Science Advances.

Secondo lo studio, esiste in profondità una sorgente di magma che può generare terremoti “di magnitudo significativa” e più profondi rispetto a quelli registrati nell'area del Sannio-Matese tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014, la cui sequenza anomala è stato l'indizio che ha portato alla scoperta.





Una notizia che, una volta pubblicata sui media, ha destato interesse e anche un po' di comprensibile preoccupazione in una regione come noto colpita ben due volte negli ultimi anni, nel 2009 e 2016/2017.

“È un lavoro scientifico che si basa sulla mappa degli ipocentri, che è sviluppata in senso verticale, quindi gli studiosi hanno ipotizzato l'origine vulcanica delle scosse – dice – Una decina di anni fa lo notammo con i ricercatori dell'Università della Calabria, è dovuto a fratture profonde che tagliano tutta la costa, diverse, quindi, dalle faglie longitudinali dei classici terremoti appenninici”.

“Il responsabile della ricerca Guido Ventura, con cui studiavamo insieme a Pisa, ipotizza che questa distribuzione sia dovuta a risalite magmatiche e aggiunge dati di tipo biochimico – spiega Moretti – alla sommità sono state registrate risalite anomale di Co2 che indicano una temperatura molto elevata dei fluidi, i gas possono essere utilizzati come geotermometri”.

“La scienza va avanti facendo ipotesi e verificandole – fa osservare il geologo – deve essere libera di fare ipotesi e se sono sbagliate non fa niente. Non stiamo sul mercato finanziario, la scienza procede per tentativi e per errori, cosa che non può fare la banca che se sbaglia manda sul lastrico i correntisti!”.





“Dalla mappa diffusa dall'Ingv si vedono i terremoti e la Co2 che risale, questa è la prova geochimica della presenza di diapiri magmatici, che contemporaneamente all'evento porta in superficie dei gas che noi sappiamo possono essere legati alla variazione del campo di sforzi profondi, quelli che quando arrivano a rottura producono il sisma”.

“Gli equilibri dei gas che risalgono dal profondo danno indicazioni sulle variazioni del campo di stress e possono essere utilizzati come precursori”, conferma Moretti, che spiega tuttavia come “la misurazione del CO2 è molto complessa perché a produrla è sufficiente la fermentazione di materiale organico e ci sono molti fattori inquinanti, mentre il radon essendo radioattivo è molto facile da misurare, anche se non so se ci sia tra i gas monitorati”.

“Il monitoraggio geochimico è forse l'unico indicatore e precursore attendibile di cui disponiamo oggi, però bisognerebbe avere dei montigoraggio seri – conclude – Ci sono molti studiosi, l'Italia ha i più bravi del mondo ma sono tre. Una cosa è sviluppare la tecnica, un conto applicarla, per applicarla ci vogliono i soldi ma evidentemente per lo Stato italiano non è una priorità”.

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