TERREMOTO: CASA DELLO STUDENTE ”BASTAVA LEGGERE, IN 8 SAREBBERO SALVI”

20 Ottobre 2012 12:09

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – “Bastava aprire la prima pagina della relazione del progettista Claudio Botta per capire il rischio di danni strutturali alla Casa dello studente. E otto ragazzi non sarebbero morti”.

Ha suscitato un breve applauso in pieno processo da parte dei familiari delle vittime questa frase del perito Maria Gabriella Mulas, nel corso dell’udienza di oggi al tribunale dell’Aquila di uno dei più importanti filoni della maxi inchiesta aperta dalla procura della Repubblica del capoluogo dopo i crolli del terremoto del 6 aprile 2009. Sotto le macerie rimasero uccisi otto giovani; molti altri rimasero feriti.

Tornato a occuparsi del merito delle accuse dopo una lunga pausa, l’ultima udienza risaliva a luglio, il processo è stato alla fine rinviato al prossimo 1° dicembre. “In quella data ci vediamo e lavoriamo”, ha tagliato corto il giudice Giuseppe Grieco.

L’udienza di oggi è stata tecnica, incentrata sugli interventi di alcuni periti delle difese e sulle ultime domande al super perito Mulas, docente del Dipartimento Ingegneria strutturale del Politecnico di Milano, che per conto del giudice ha stilato una relazione di oltre 1.300 pagine per chiarire i motivi del crollo della struttura.

La docente ha evidenziato anche responsabilità del Genio civile prima e della Regione Abruzzo poi nel mancato controllo di quello che c’era che non andava nella Casa dello studente. Anche perché in base alla legge Merloni del 1994, ha evidenziato il super perito, i controlli andavano fatti.

Le parti civili hanno posto una domanda su questo anche a uno degli imputati, Pietro Sebastiani, architetto responsabile dell’area tecnica dell’Azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu) dell’Aquila, che aveva in carico la struttura, esaminato oggi.

“Il problema della sicurezza me lo sono posto – ha risposto lui – ma la programmazione di un intervento di valutazione spettava alla Regione che è proprietaria, soprattutto trattandosi di un edificio pubblico strategico costruito prima del 1984”.

Alla fine la prof si è salutata abbracciandosi con alcuni di quei familiari: quella di oggi, infatti, è stata l’ultima presenza in aula per lei, al termine di un lavoro durato oltre due anni.

”SOLDI DEL RESTAURO NELLA SPAZZATURA”, SCONTRO TRA PERITI





“Possiamo tranquillamente dire che i soldi spesi per ristrutturare la Casa dello studente siano stati gettati nella spazzatura”.

Questa frase lapidaria pronunciata ai cronisti dal super perito Mulas al termine dell’udienza di oggi all’Aquila la dice lunga sulle risultanze delle sue analisi dell’intervento svolto nel 2000 sulla struttura, crollata nove anni dopo a causa del sisma.

Valutazioni su cui oggi c’è stato scontro in aula tra la prof e un perito di parte, l’ingegnere romano Alberto Cherubini, esperto di rischio sismico, chiamato dagli avvocati pescaresi Mercurio e Massimo Galasso, che assistono gli imputati Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, responsabili proprio di quell’intervento.

Secondo la Mulas, il “deficit di resistenza” che ha fatto cadere l’edificio dove sono rimasti uccisi otto giovani “è stato amplificato in maniera direi abnorme dalla presenza di una parete non strutturale che è stata messa in fase di restauro, la parete antincendio”. Chiamata “parete Rei” in gergo.

Un’affermazione contestata da Cherubini sul piano tecnico e dai due avvocati su quello delle responsabilità penali. “Il collasso ci sarebbe stato sempre – ha detto Mercurio Galasso – la parete Rei ha cambiato qualcosa ma che ne sappiamo se in meglio o in peggio?”.

Strali contro quel restauro anche sull’aspetto dei controlli antisismici che, al termine dei lavori, non sono stati ripetuti. Le parti hanno cozzato notevolmente su questo.

Per Massimo Galasso, infatti, quel muro “è un divisorio non portante” per il quale “non era necessario un nuovo adeguamento sismico”.

“I nostri ingegneri sono intervenuti su una struttura che già da dieci anni era Casa dello studente – ha aggiunto poi – I lavori non toccavano le strutture portanti ma si trattava solo di una ristrutturazione e una diversa sistemazione delle stanze”.

Di qui la non obbligatorietà dei controlli, “la norma è molto chiara”, ha aggiunto. “Si potevano fare per scrupolo morale? I professionisti fanno quello che prevede la legge”, ha concluso.

Tesi ribadita anche da Mercurio Galasso: “Non bastano i princìpi della sicurezza, ci sono norme che chiedono un adempimento a un soggetto – ha ricordato – Solo se sono state violate dovremo rispondere in sede penale. La Mulas è bravissima nelle ipotesi ma di quelle in sede penale non ce ne facciamo niente”.





A sposare le tesi del super perito, ovviamente, anche le parti civili. “Si cerca di stemperare ed eliminare i profili di responsabilità evidenziati dalla consulente del tribunale – ha spiegato l’avvocato Simona Giannangeli – C’è stato uno scontro di perizie, ma la Mulas ha già evidenziato le responsabilità con un lavoro complesso e serissimo. Chi è intervenuto non doveva e poteva omettere controlli statici e sismici sull’edificio”.

Sul concetto di sicurezza, i controlli da fare o no e sulle implicazioni penali di tutto questo i due periti hanno dibattuto animatamente in aula, tanto che alla fine il pubblico ministero Fabio Picuti li ha invitati a tornare sui binari: “Questi sono discorsi da avvocati, facciamola finita!”, ha sbottato. Alberto Orsini

<span style='IL PROCESSO

Gli indagati erano inizialmente undici, ma la posizione del progettista Claudio Botta, 92 anni, è stata stralciata. Dei rimanenti dieci, otto ad aprile scorso sono stati ammessi al rito abbreviato.

Sono Carlo Giovani, Bernardino Pace, Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone, Massimiliano Andreassi, Pietro Sebastiani, Luca Valente e Luca D’Innocenzo.

Ciò consentirà di saltare la fase dibattimentale, chiudendo i conti nell’udienza preliminare con uno sconto di un terzo della pena in caso di condanne.

Il giudice dovrà poi decidere per il rinvio a giudizio o il non luogo a procedere su Giorgio Gaudiano e Walter Navarra, per loro infatti resta il rito ordinario.

Il processo è ripreso a ottobre dopo aver rischiato due volte lo stop. La prima a maggio scorso, per un richiamo del Consiglio superiore della magistratura al Gup Giuseppe Grieco, in relazione alla formulazione dei quesiti al perito.

Come conseguenza della censura, Grieco aveva dichiarato di astenersi dal proseguire il processo fino a conclusione del procedimento, ma era stato poi invitato a continuare dal presidente vicario della Corte d’Appello, Augusto Pace.

A luglio scorso la seconda ‘tagliola’ superata, quando c’era stata l’istanza di un legale, respinta dal Gup, per sollevare una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale sull’esclusione dei soggetti chiamati come responsabili civili per gli imputati che hanno ottenuto il rito abbreviato.

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