REGIONE: NELLE ORE IN CUI DOCUMENTO SU NUOVA RETE OSPEDALI E' AL VAGLIO DEL MINISTERO, ASSESSORE ILLUSTRA I PREGI, ''PRESIDI DI ALTA COMPELSSITA' NEI CAPOLUOGHI SCELTA GIUSTA'', ''NON POSSIAMO PERMETTERCI REPARTI CHE FANNO 10 INTERVENTI L'ANNO...

SANITA’: VERI’ DIFENDE PIANO, ‘MENO FONDI, E’ UNICA RIORGANIZZAZIONE POSSIBILE’

5 Dicembre 2019 06:49

Regione - Politica

PESCARA – “È fuori dubbio che non potranno essere mantenuti reparti che eseguono 10 interventi l'anno, perché comportano anche inutile dispendio di fondi e personale che potrebbero invece essere impiegati dove più occorre”. 

E ancora, “La riorganizzazione della rete ospedaliera tiene conto innanzitutto di due fattori non indifferenti per garantire la tenuta del sistema sanitario regionale: la riduzione dell'ammontare del fondo sanitario regionale a causa della diminuzione della popolazione, la necessità di avviare il programma di edilizia sanitaria per la costruzione dei nuovi presidi ospedalieri in sostituzione di quelli esistenti, ormai fatiscenti”.

Nelle ore in cui i tecnici della Regione stanno illustrando a Roma il piano di riforma della sanità regionale, con i componenti del tavolo  Monitoraggio, a cui spetta l'ok oppure la bocciatura, l'assessore alla Salute, Nicoletta Verì della Lega, difende a spada tratta i contenuti del documento, che tante polemiche ha suscitato anche all'interno della maggioranza di centrodestra di Marco Marsilio, come si è avuta prova nella riunione della Commissione che si è svolta martedì sera all'Aquila. Per non parlare delle bordate del centrosinistra, in testa, con il capogruppo del Partito democratico Silvio Paolucci, ex assessore alla Salute.

In molti accusano l'assessore aver tenuto per sé i documenti prodotti e consegnati al Ministero, senza condividerne i contenuti, a cominciare dai temi più caldi, come lo stop ai Dea di secondo livello, ai super ospedali L’Aquila-Teramo e Chieti-Pescara, in nome di quattro presidi con “funzioni riferibili” al Dea; la creazione di un’unica Azienda territoriale a cui faranno riferimento quattro aziende locali provinciali e il potenziamento delle reti territoriali e il freno alla costruzione di nuovi ospedali con il ricorso al project financing.

Verì nella sua lunga analisi, evidenzia innazitutto che il documento oggi all'esame del Tavolo di monitoraggio, è stato “pienamente condiviso ” dai suoi colleghi della Lega, azionista della maggioranza guidata dal pesidente Marco Marsilio, di Fratelli d’Italia, in risposta, pare chiaro, ai mal di pancia emersi a posteriori nella coalizione e anche nel suo partito. 

E rispnde anche a Paolucci e al centrosinsitra, secondo il qule ci si trova addirittura davanti ad un “gioco delle tre carte”, visto che un siffatto piano, “non corredato da schede tecniche” che non rispetta i paletti dell'ancora vigente decreto 70  del 2015, approvato dal ministro Beatrice Lorenzin, e sarà dunque bocciato dal Tavolo ministeriale. “Una strategia volta a prendere tempo”, “a non assuemersi decisioni impopolari, che contraddicono le iperboliche promesse fatte in campagna elettorale, con la conseguenza di “paralizzare investimenti e assunzioni, con un rischio di disavanzo sempre più realistico”. 

“Avere meno risorse a disposizione – esordisce Verì dando sfoggio di real politik – ci impone di adottare una linea che vada a contenere eventuali dispersioni di fondi in strutture e servizi che non hanno un volume adeguato di prestazioni. Volumi non adeguati che si traducono in maggiori rischi per gli utenti, in quanto tutti gli studi scientifici stabiliscono che più è alta la casistica, più basso è il rischio per il paziente”.

Comunque il piano assicura Verì, è incentrato su una “funzionale integrazione ospedale-territorio attraverso l'attivazione di reti finalmente efficienti, utilizzo ottimale delle risorse finanziarie e di personale, potenziamento dell'infrastrutturazione tecnologica, riorganizzazione delle unità operative per eliminare i doppioni e garantire una casistica che rispetti gli standard di sicurezza previste dalla normativa”.





Al Tavolo di monitoraggio, viene poi spiegato, è stato trasmesso un documento che recepisce le ridefinizioni già inviate a Roma lo scorso luglio, ma che introduce anche un'importante novità che riguarda gli ospedali dei capoluoghi provinciali, che vengono classificati come presidi ad alta complessità assistenziale”.

Ed eccoci al tema più incandescente: andare oltre i rigidi paletti della decreto 70 del 2015, approvato dal ministro Beatrice Lorenzin, che in base ai bacini di utenza, prevede per l'Abruzzo, a rigore, un solo Dea di secondo livello, con tutte le eccellenze, in teoria l'ospedale di Pescara, al massimo integrando in qualche modo quello di Chieti. Con poche speranze per un Dea secondo livello “diffuso” e “interconnesso”, tra Teramo e L'Aquila.

La scelta è stata dunque, per non scontentare nessuno, di prevedendo “nuovi modelli di ospedali”, in tutti e quattro i nosocomi attivi nei capoluoghi di provincia, che possano ospitare diversificate funzioni e livelli organizzativi riconducibili agli istituendi Centri di alta complessità assistenziale.

“Di fatto – continua la Verì – questi presidi già assicurano questo tipo di funzione sui loro territori di riferimento e per le specialità che dovessero mancare, entrerà a supporto un sistema di rete con le altre strutture che garantirà l'assistenza al paziente in totale sicurezza. Sono consapevole che si tratta di un obiettivo ambizioso, ma in Abruzzo scontiamo una serie di situazioni che non consentono a oggi di adottare percorsi diversi: le conseguenze dei terremoti del 2009, 2016 e 2017, incidono purtroppo ancora in modo pesante sulle nostre scelte, tanto che c'è una legge dello Stato che ci consente di derogare temporaneamente a quelli che sono i dettami del Decreto Lorenzin”. 

“A questo si aggiunge la necessità di effettuare ulteriori e necessarie verifiche sui programmi di edilizia sanitaria – prosegue Verì -, perché gran parte di quei documenti risalgono all'epoca dell'amministrazione Chiodi e non possono più essere pedissequamente applicati a distanza di 10 anni. Chi dice il contrario è in malafede o non sa di cosa sta parlando, perché la sostenibilità economica di quelle opere è completamente da ricalcolare, se non vogliamo devastare le casse delle aziende sanitarie con scelte avventate che si ripercuoteranno sulle future generazioni”.

Il principio da tener fermo è dunque, detto altrimenti, quello dei quattri presidi ad alta specializzazione, collegati agli altri ospedali in una logica di rete, per garantire la continuità dei percorsi assistenziali a chiunque, in qualunque area della regione viva, assicurando le terapie più appropriate sia in fase acuta, sia nei casi la patologia sia o diventi cronica. Al di là dei numeri e criteri vincolanti, di difficile applicazione anche e sopratutto di vista politico. 

“L'avevo detto fin dal mio insediamento – rimarca l'assessore – che avrei messo al centro del mio mandato i cittadini e non solo i numeri, ma è indispensabile analizzare ogni fattore, perché siamo a un punto di svolta e non possiamo sbagliare. Classificare o meno un ospedale in un certo modo oggi, senza tenere in considerazione il fatto che molte strutture non sono più a norma, significa scherzare sulla pelle degli abruzzesi e io questo non lo farò mai, per il grande rispetto del mandato istituzionale che ho ricevuto dai cittadini. Quella intrapresa è invece la strada giusta per garantire la permanenza sui territori di questi presidi e per aumentarne i volumi di produzione in modo appropriato e rispondente a quelle che sono le esigenze di salute di una popolazione sempre più anziana e affetta quindi da patologie legate all'età”.

Complessivamente nel piano è previsto un aumento dei posti letto ospedalieri dagli attuali 4207 a 4803, di cui 3818 nel pubblico e 985 nel privato (il numero dei posti letto nelle strutture private è rimasto invariato rispetto alla precedente programmazione). 





Dei 4803 posti letto, 3906 riguardano gli acuti (620 nel privato) e 897 i post acuti (365 nel privato).

Accanto a quello relativo alla rete ospedaliera, è stato inviato al Tavolo anche il documento di programmazione della rete territoriale, che si pone una serie di obiettivi prioritari. 

Tra cui dare attuazione ai percorsi di presa in carico dei pazienti e di erogazione delle prestazioni sociosanitarie, in attuazione delle disposizioni sui Lea (i livelli essenziali di assistenza); rafforzare il ruolo centrale di governo del distretto, anche attraverso la definizione di un modello omogeneo di supporto; fornire indicazioni attuative uniformi, nei diversi ambiti aziendali, per le forme associative delle cure primarie tra cui l’attivazione e il funzionamento delle Aft (Aggregazioni Funzionali Territoriali) e Uccp (Unità Complesse di Cure Primarie) consentendo lo sviluppo di tali modelli organizzativi in modo omogeneo; definire e aggiornare il fabbisogno regionale di residenzialità e semiresidenzialità in funzione della popolazione da assistere in rapporto al criterio dell’intensità assistenziale e della durata dei trattamenti e non solo per tipologia di struttura.

“Questo governo regionale – prosegue Nicoletta Verì – vuole mettere in campo tutte le misure per rendere più efficiente (e vicina al cittadino) l’assistenza territoriale, che per l’utente deve rappresentare una valida alternativa al ricorso al pronto soccorso ospedaliero per alcuni tipi di prestazioni. Dall’analisi degli accessi al pronto soccorso, infatti, emerge un’altissima percentuale di codici bianchi e verdi (quelli meno gravi), che dovrebbero invece rivolgersi proprio alle strutture territoriali”.

L’aumento dei posti letto della rete territoriale prevede un incremento di ben 2183 unità, dagli attuali 4993 a 7176: l’aumento più consistente riguarderà le residenze per anziani non autosufficienti, ma aumenteranno anche il numero dei posti per le disabilità, la salute mentale e la riabilitazione ex art.26.  

Legato all’articolazione territoriale è uno degli obiettivi principali del terzo documento di programmazione trasmesso a Roma: il piano operativo 2019-2021, che prevede una riforma sostanziale di tutta la governance sanitaria regionale.

E’ prevista l’istituzione di un’Azienda del Territorio (a base regionale), sarà preposta – in stretta collaborazione con i medici di medicina generale – alle attività di valutazione dei fabbisogni presenti e prospettici, con particolare attenzione ai percorsi di cura e presa in carico delle patologie cronico degenerative e delle demenze indicate dalla Regione. Questo anche per rendere più omogenea la distribuzione dei servizi nelle diverse aree territoriali, riallineando la programmazione non solo ai bisogni emersi dalle indagini epidemiologiche, ma anche a quello che è l’andamento demografico della popolazione abruzzese, che già nel 2023 conterà ben 330mila ultra 65enni, pari ad oltre un quarto del totale dei residenti. In quest’ottica anche l’Agenzia sanitaria regionale sarà riorganizzata, diventando formalmente il braccio operativo gestionale della Regione, con il compito di declinare gli obiettivi gestionali delle Asl a garanzia della sostenibilità della rete pubblica regionale, oltre a monitorare lo stato di raggiungimento degli obiettivi.

“Sono convinta – conclude l’assessore Verì – che questo lavoro, portato avanti grazie ai tavoli tecnici tematici che questo governo regionale ha attivato in Regione, sia funzionale a garantire un alto livello di assistenza sanitaria agli abruzzesi, che affronta il quadro attuale e introduce un modello flessibile che può rispondere tempestivamente ai nuovi bisogni che dovessero emergere negli anni a venire. Un pensiero non posso non rivolgerlo in questo momento a Roberto Fagnano, che nei pochi mesi in cui ha guidato il Dipartimento Sanità è riuscito a portare a termine la redazione degli strumenti programmatori. E siamo orgogliosi di aver rispettato la scadenza della trasmissione, nonostante il grave lutto che ha colpito tutto noi”.

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