CORTE COSTITUZIONALE , QUESITO INAMMISSIBILE PERCHE' ''ECCESSIVAMENTE MANIPOLATIVO'', OPPOSIZIONE REGIONE ABRUZZO ATTACCA MAGGIORANZA, ''SPRECATO TEMPO E DENARO DEI CITTADINI''; D'ERAMO, ''ANTIDEMOCRATICI''

REFERENDUM ELETTORALE: CONSULTA DICE ‘NO’ PD E M5S, ”LEGA SI SCUSI CON ABRUZZESI”

16 Gennaio 2020 18:49

Regione - Politica

L'AQUILA – Non si terrà il referendum sulla legge elettorale sostenuto dalla Lega per abrogare le norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi e trasformare il sistema in un maggioritario puro. 

La Corte costituzionale lo ha dichiarato inammissibile perché “eccessivamente manipolativo”. Il quesito referendario era stato proposto da otto consigli regionali (di Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Liguria), tutti guidati dal centrodestra. 

“È una vergogna, è il vecchio sistema che si difende: Pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggiore politica italica”, ha commentato il leader del carroccio Matteo Salvini.

In Abruzzo l'approvazione del quesito referendario era costata giornate di polemiche, minacce di esposti e scontri procedurali. Alla fine a votare con 17 voti favorevoli era stato il centrodestra mentre le opposizioni del M5S e del centrosinistra avevano abbandonato l’aula.

L'ostruzionismo delle opposizioni aveva così mandato in fumo l'obiettivo prefissato dall'ex coordinatore regionale della Lega, il deputato Giuseppe Bellachioma, di rendere l'Abruzzo regione apripista tra le cinque chiamate a licenziare entro il 30 settembre l’istanza referendaria. L'Abruzzo è arrivata invece addirittura sesta. 

E oggi gli esponenti regionali di Pd e M5s chiedono alla Lega di scusarsi con gli abruzzesi per un referendum che “ha bloccato i lavori del Consiglio regionale per settimane”. In risposta, il coordinatore regionale della Lega Luigi D'Eramo li accusa: “l'unica cosa a cui tengono è la poltrona, piuttosto che dare voce e libertà ai cittadini”.

Per il capogruppo M5S in Regione Abruzzo Sara Marcozzi: “La pronuncia della Consulta arrivata quest'oggi conferma quanto avevamo ampiamente pronosticato: il quesito referendario proposto dalla Lega per modificare la legge elettorale nazionale è irricevibile e viene definito 'eccessivamente manipolativo'. Ciò significa che i rappresentanti leghisti di otto consigli regionali, tra cui anche quello dell'Abruzzo, non solo hanno piegato le istituzioni in nome della propaganda di Salvini, ma lo hanno anche fatto senza essere in grado di scrivere un documento accettabile. Siamo davanti al trionfo del pressapochismo e dell'incapacità istituzionale”.





“Abbiamo ripetuto per giorni, sia in Commissione che in Consiglio regionale, che quanto proposto dai leghisti, cioè l'abrogazione della parte proporzionale della legge elettorale nazionale, fosse irricevibile. I consiglieri regionali della Lega, in particolar modo i delegati del Consiglio per la presentazione del quesito referendario Fabrizio Montepara e Simone Angelosante, non sono mai stati in grado di fornire risposte concrete, basate su sentenze o precedenti giuridici, alle nostre domande, evidenziando un profondo imbarazzo per l'intera durata della discussione. Evidentemente si sono trovati costretti a obbedire ai diktat arrivati da Roma e da Pontida, difendendo l'indifendibile”.

“Ora che è arrivata la pronuncia ed è stata ufficializzata l'inammissibilità del quesito invito gli esponenti della Lega ad assumersi le proprie responsabilità, mettendo da parte la propaganda ed evitando di trovare nemici o di additare la Corte Costituzionale di colpe che, evidentemente, non ha. Non siamo di fronte a nessun tipo di complotto, ma a un pronunciamento, basato sulla nostra Carta Costituzionale, che deve essere rispettato. Le uniche persone che devono rispondere agli italiani e agli abruzzesi del loro comportamento irresponsabile, sono gli stessi esponenti politici della Lega che hanno prima scritto e poi difeso un testo palesemente sbagliato, causando gravi danni economici alle casse anche della nostra Regione, costretta a perdere giorni di lavoro per affrontare la questione”, conclude Marcozzi. 

“Ricordo alla maggioranza di centro destra che gli abruzzesi chiedono alla Giunta non di intervenire sulla legge elettorale nazionale, ma sulla sanità, sul trasporto pubblico, sul lavoro, su una visione di sviluppo economico per i prossimi decenni del nostro territorio. Tutte cose che, in questo fallimentare primo anno di governo regionale targato Marsilio, non si sono viste”.

Sulla questione sono intervenuti anche il segretario Pd Michele Fina e il capogruppo Pd Silvio Paolucci: “L’Abruzzo è rimasto inutilmente al palo per un referendum evidentemente inammissibile, la cui proposta ha bloccato i lavori del Consiglio regionale per settimane e cambiato l’ordine delle priorità della nostra regione, che non sono i sì ai diktat politici degli alleati romani e padani”.

Marco Marsilio deve delle scuse agli abruzzesi sui quali si prepara a far pesare anche le spese legali di una posizione politica di parte, che serve solo a Salvini e in evidente  contrasto con la Carta costituzionale. L’unico risultato di quella vicenda è stato l’avvicendamento al vertice della Lega tra Giuseppe Bellachioma e Luigi D’Eramo, dopo che i leghisti avevano perso la battaglia politica con le opposizioni.

“Il centrosinistra unito ha fatto muro contro la proposta e ha fatto bene, abbiamo denunciato più e più volte che non si può continuare a governare contro le leggi di questo Paese e contro al Carta Costituzionale. Per discutere la proposta referendaria, inserita di gran fretta nell’ordine del giorno del Consiglio regionale perché fosse fra le prime cinque assemblee regionali ad aprirgli la strada, questo centrodestra ha beffato ancora una volta gli studenti che ha lasciato a piedi in questi mesi, i pazienti che hanno diritto a una sanità di qualità, i settori primari della nostra economia, fermi ormai da un anno perché privi di risorse e programmazione. Una fretta che è stata inutile, perché l’Abruzzo è arrivato molto dopo, ma soprattutto perché il pronunciamento della Consulta oggi è stata l’ennesima conferma: governare la regione non significa prestarsi a chi sta cercando di o colonizzarla, senza farla crescere, o utilizzare le istituzioni pensando solo agli interessi del potente di turno  e alle campagne elettorali che verranno”, concludono gli esponenti Pd.

Piccata la replica del deputato Luigi D'Eramo, coordinatore regionale Lega Abruzzo.





“Non stupisce che i due partiti di palazzo, Pd e Movimento Cinque Stelle, anche in Abruzzo esultino per il verdetto della Corte Costituzionale sul referendum. D'altronde hanno dimostrato a tutti i livelli possibili, compreso quello di una assurda alleanza di governo, che l'unica cosa a cui tengono è la poltrona, piuttosto che dare voce e libertà ai cittadini”.

“Si invocano addirittura delle scuse – incalza D'Eramo – come se bisognasse redimersi della volontà di far scegliere ai cittadini i propri rappresentanti. Festeggiare di non poter votare appartiene a una logica vecchia di spartizione del potere con giochi di palazzo che la Lega contrasterà sempre. Pd e Cinque Stelle hanno dimostrato anche in Abruzzo quale è, per loro, il vero senso della politica: ostacolare persino la richiesta di un referendum popolare, il massimo dell'espressione di una democrazia”.

IL COMUNICATO DELLA CORTE COSTITUZIONALE

“La Corte costituzionale – si legge nella nota dell'Ufficio stampa – si è riunita oggi in camera di consiglio per discutere la richiesta di ammissibilità del referendum elettorale 'Abolizione del metodo proporzionale nell'attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica', presentata da otto Consigli regionali (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria)”.

“Oggetto della richiesta referendaria erano, in primo luogo, le due leggi elettorali del Senato e della Camera con l'obiettivo di eliminare la quota proporzionale, trasformando così il sistema elettorale interamente in un maggioritario a collegi uninominali. Per garantire l'autoapplicatività della 'normativa di risulta' – richiesta dalla costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale – il quesito investiva anche la delega conferita al Governo con la legge n. 51/2019 per la ridefinizione dei collegi in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari”.

In attesa del deposito della sentenza entro il 10 febbraio, l'Ufficio stampa della Corte costituzionale fa sapere che “a conclusione della discussione la richiesta è stata dichiarata inammissibile per l'assorbente ragione dell'eccessiva manipolatività del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l'autoapplicatività della 'normativa di risulta”.

Preliminarmente, “la Corte ha esaminato, sempre in camera di consiglio, il conflitto fra poteri proposto da cinque degli stessi Consigli regionali promotori e lo ha giudicato inammissibile perché, fra l'altro, la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum”.

 

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: