PIL 2018: IN RIPRESA REGIONI COLPITE DA SISMA ABRUZZO PRIMA REGIONE DEL MEZZOGIORNO

30 Gennaio 2020 07:30

Regione - Economia

L'AQUILA – “A livello regionale sono le Marche a registrare la crescita del Pil più elevata, con un 3% di aumento rispetto all'anno precedente. Un deciso recupero dell'attività produttiva si rileva anche per l'Abruzzo, dove il Pil è cresciuto del 2,2% a fronte dello 0,6% del 2017”. 

Lo rileva l'Istat, diffondendo i dati del 2018. 

Numeri che sembrano evidenziare una ripresa economica in alcune delle aree colpite dai terremoti del 2016 e del 2017. Bene fa anche la Provincia autonoma di Bolzano (+2%). 

E sopra la media nazionale si posizionano altre tre regioni del Mezzogiorno: Sardegna e Puglia (+1,4%) e Molise (+1,2%). 

In Lombardia, invece, “la crescita economica rallenta sensibilmente: nel 2018 il Pil è aumentato dello 0,5%, contro il +2,2% dell'anno precedente. Lazio (-0,2%) e Sicilia (-0,3%) chiudono il 2018 con una diminuzione del Pil in volume, ma le flessioni “più rilevanti”, viene sottolineato nel report, si riscontrano in Campania (-0,6%) e Calabria (-0,8%). 





Gli incrementi più significativi dei consumi delle famiglie in volume si registrano in Liguria e Lazio (+1,7% in entrambe le regioni), seguite da Abruzzo (+1,5%), Umbria e Molise (+1,4%). Un rallentamento deciso della spesa delle famiglie si riscontra, invece, per la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen e per il Piemonte, dove i consumi sono aumentati solo di un modesto 0,3%. 

Con 33,6mila euro, Il Lazio risulta la prima regione del Centro in termini di Pil per abitante.

Nel Mezzogiorno la prima regione è l’Abruzzo con 25,6mila euro, mentre l’ultimo posto della graduatoria è occupato dalla Calabria, con 17mila euro, lievemente sopra i 16,9mila euro del 2017. 

Nel 2018 in Italia la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata di 17,8mila euro. I valori più elevati di spesa pro capite si registrano nel Nord-ovest (20,6mila euro) e nel Nord-est (20,4mila euro); il Mezzogiorno si conferma, invece, l’area in cui il livello di spesa è più basso (13,7mila euro). 

Nel Mezzogiorno incidenza più elevata di lavoro irregolare

Nel 2017, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata (somma della componente sommersa e di quella illegale) ii) rappresenta in Italia il 13,5% del valore aggiunto totale (l’incidenza sul Pil è pari al 12,1%): le componenti più rilevanti in termini di peso sono la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (6,2%) e l’impiego di lavoro irregolare (5,1%). 





L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domandaofferta) incidono per il restante 2,2%. L’incidenza dell’economia non osservata è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 19,4% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (14,1%). Sensibilmente più contenute, e inferiori alla media nazionale, sono le quote raggiunte nel Nord-ovest e nel Nord-est, pari rispettivamente a 10,6% e 11,4%. 

L’incidenza relativa delle tre componenti dell’economia non osservata viene confermata anche a livello ripartizionale; a pesare di più è la rivalutazione da sotto-dichiarazione che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari all’8,6% del valore aggiunto) mentre nel Nord-ovest si registra il livello più contenuto (4,9%). 

La quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è significativo nel Mezzogiorno, dove si attesta al 7,7%. In linea con la media nazionale (pari al 5,1%) risulta il Centro, mentre le altre due ripartizioni si collocano al di sotto di tale livello (3,9% il Nord-ovest e 4,1% il Nord-est). 

La Calabria è la regione in cui il peso dell’economia sommersa e illegale è massimo, con il 21,8% del valore aggiunto complessivo; l’incidenza più bassa si registra invece nella Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (8,9%). Puglia e Molise presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato (rispettivamente 9,7% e 8,8%) mentre le quote più basse si registrano nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (3%) e nella Provincia Autonoma di Trento (3,7%). 

Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (9,4% del valore aggiunto) e Campania (8,5%), le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3,7%) e Veneto (3,9%).

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