PERDONANZA: CAVALIERI, ”E’ ‘DECOTTA’, RECUPERARE SPIRITO ORIGINARIO”

11 Settembre 2012 16:18

L'Aquila -

L’AQUILA – “La manifestazione della Perdonanza celestiniana è ormai decotta, occorre recuperare lo spirito originale della celebrazione”.

È questa la proposta dello storico aquilano Walter Cavalieri.

“Sarebbe il caso di fare anche un po’ di filologia storica – aggiunge Cavalieri – Inizialmente la Bolla veniva portata a Collemaggio da piazza del Mercato per Costa Masciarelli e Porta Bazzano. Inoltre, non esisteva una Porta Santa e l’indulgenza veniva concessa non per uno ma per due giorni, dai vespri del 28 a quelli del 30 agosto, in un contesto di pura spiritualità: inni sacri, veglie di preghiera, ostensione delle reliquie”.

“Dalla metà del Trecento – sottolinea – i festeggiamenti in onore di San Pietro Celestino si tenevano invece il 19 maggio, con una fiera mercantile, centrata sul commercio della lana e dello zafferano, che si collegava così ai festeggiamenti successivi per San Bernardino (20 maggio), per San Massimo (10 giugno) e per Sant’Equizio (11 agosto)”.

“A metà Quattrocento – prosegue ancora Cavalieri – risalgono invece le prime notizie relative a feste, balli, gare di balestra, giostre, due pali a cavallo e uno a piedi, che si correvano da una cappella presso Sant’Antonio attraverso Porta Barete e l’attuale via Roma fino a piazza Palazzo.





“Dunque, perché non restituire alla festa del Perdono la sua caratteristica originaria, magari richiamando schiere di fedeli mediante l’ostensione delle preziose reliquie francescane custodite a Castelvecchio Subequo (L’Aquila)?”, si chiede lo storico.

“E perché non dare anche un senso al messaggio celestiniano di pace, di riconciliazione e di solidarietà, invitando gli opposti protagonisti di conflitti in atto (per esempio israeliani e palestinesi) a confrontarsi per due giorni all’Aquila? Ciò renderebbe l’evento unico e di risonanza mondiale – propone Cavalieri – nella sua duplice configurazione religiosa e laica”.

LA NOTA INTEGRALE DI CAVALIERI

È ormai sotto gli occhi di tutti che ciò che maggiormente difetta in questa nostra Città è la mancanza di un’idea generale di carattere urbanistico, architettonico ed economico. Non vi è traccia di ciò neppure nei mirabolanti documenti comunali che vorrebbero decantare un futuro di rinascita: in barba all’abusato aggettivo “strategico”, si continua a navigare a vista, con interventi scollegati ed estemporanei.

E dato che finora l’aggettivo “partecipato” viene di volta in volta incollato ex post a decisioni prese nelle segrete stanze del Comune, mi permetto di proporre un piccolo esempio di come si dovrebbe procedere.

Partiamo dalla ormai decotta manifestazione della Perdonanza celestiniana. Piuttosto che fare filologia solo sui costumi del corteo, sarebbe il caso di fare anche un po’ di filologia storica.
Scopriremmo che originariamente la Bolla veniva portata a Collemaggio da piazza del Mercato per Costa Masciarelli e Porta Bazzano. Inoltre, non esisteva una porta santa e l’indulgenza veniva concessa non per uno ma per due giorni (dai vespri del 28 a quelli del 30 agosto) in un contesto di pura spiritualità: inni sacri, veglie di preghiera, ostensione delle reliquie.





Dalla metà del Trecento, i festeggiamenti in onore di San Pietro Celestino si tenevano invece il 19 maggio, con una fiera mercantile, centrata sul commercio della lana e dello zafferano, che si collegava così ai festeggiamenti successivi per San Bernardino (20 maggio), per San Massimo (10 giugno) e per Sant’Equizio (11 agosto).

A metà Quattrocento risalgono invece le prime notizie relative a feste, balli, gare di balestra, giostre, due pali a cavallo e uno a piedi, che si correvano da una cappella presso Sant’Antonio attraverso Porta Barete e l’attuale via Roma fino a Piazza Palazzo.

Dunque, perché non restituire alla festa del Perdono la sua caratteristica originaria, magari richiamando schiere di fedeli mediante l’ostensione delle preziose reliquie francescane custodite a Castelvecchio Subequo?

E perché non dare anche un senso al messaggio celestiniano di pace, di riconciliazione e di solidarietà, invitando gli opposti protagonisti di conflitti in atto (per esempio israeliani e palestinesi) a confrontarsi per due giorni all’Aquila? Ciò renderebbe l’evento unico e di risonanza mondiale nella sua duplice configurazione religiosa e laica.

Quanto all’aspetto economico, l’antica fiera mercantile potrebbe essere ripresa in altro periodo dell’anno nell’ambito di una importante fiera campionaria, da localizzare in un’area idonea come quella di Sassa-Preturo, ove potrebbe prendere corpo stabilmente un polo commerciale-aeroportuale (in armonia con il policentrismo della città-territorio).

La parte ludico-spettacolare potrebbe essere infine diluita nei mesi precedenti l’evento spirituale, sia per evitare le attuali commistioni da “sagra paesana”, sia per dare corpo ad una dignitosa estate aquilana che rivitalizzi la Città dal punto di vista culturale, incoraggiando anche in questo senso quei flussi turistici di cui oggi si lamenta l’esiguità.

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