TRIBUNALE ACCOGLIE MOTIVAZIONI LEGALE DELL'ASBUC, AVVOCATO AQUILANO MARIO LEPIDI: 'DECISIONE OFFRE LETTURA COMMENTATA DELLA DISPOSIZIONE NORMATIVA E SPIEGA NEL DETTAGLIO LE FASI DELLA SELEZIONE DELLE AZIENDE'

MAFIA DEI PASCOLI: PRIMA SENTENZA DEL TAR, BOCCIATO RICORSO SU ASSEGNAZIONE AREE

di Alessia Centi Pizzutilli

27 Giugno 2020 08:46

Regione - Cronaca

L’AQUILA – “Inammissibile”.

Con questa motivazione il Tribunale amministrativo regionale (Tar) d’Abruzzo ha respinto il ricorso di un'azienda agricola con sede nel Comune dell'Aquila, che non si è vista assegnare dall'amministrazione per gli usi civici (Asbuc) di Forcella, nella frazione aquilana di Preturo, un'area di uso civico per il pascolo del bestiame.

La contestazione del ricorso si è basata sul fatto che i terreni erano stati assegnati a ditte a che all'Aquila avevano “una residenza fittizia, o al più, da solo un anno”; il Tar ha accolto le motivazioni del difensore dell'Asbuc Mario Lepidi, avvocato amministrativista del foro aquilano, esperto in contenzioso demaniale e usi civici.

“La sentenza è particolarmente interessante in termini di novità in quanto è la prima pubblicata sulla vicenda della ‘Mafia dei pascoli’ subito dopo la promulgazione della legge regionale del 6 aprile 2020, numero 9, il cui fine è quello di tentare di arginare questo fenomeno:  In realtà, la decisione offre – per la prima volta – una lettura commentata della disposizione normativa andando a spiegare nel dettaglio le varie fasi che interessano la selezione delle aziende agricole in sede di assegnazione dei pascoli”, spiega ad AbruzzoWeb l’avvocato Lepidi.

L’atto, infatti, arriva a seguito di numerose polemiche legate all’impugnazione da parte del Consiglio dei ministri, presieduto dal ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia (Pd), della legge sui pascoli approvata nel Cura Abruzzo, che dà priorità agli allevatori abruzzesi nell’assegnazione dei terreni: Questo per sbarrare la strada a imprese che provengono da fuori e che accaparrano le aree per il pascolo non tanto per fare davvero zootecnia, ma per accedere ai ricchi finanziamenti europei erogati dall’Agea, (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), potendo contare sul diritto di avere in tutta Italia, contributi multipli rispetto ai piccoli allevatori abruzzesi, in virtù di produzioni di maggior pregio all’attivo. 





Una norma che nasce quindi per contrastare la cosiddetta “Mafia dei pascoli”.

Per il Consiglio dei Ministri, la legge in questione “non ha alcuna attinenza con le misure straordinarie ed urgenti per l'economia e l'occupazione connesse all’emergenza epidemiologica e con la natura transitoria della legge”, e “pregiudica i diritti dei cittadini operando di fatto una modifica con conseguenze durature sulla previgente normativa”.

Il Cdm, inoltre, ha ricordato che “già prima della riforma del Titolo V della Costituzione, il regime civilistico dei beni civici non è mai passato nella sfera di competenza delle Regioni”.

La Regione, con in testa il vice presidente Emanuele Imprudente, della Lega, fautore del provvedimento ha annunciato battaglia a difesa della norma.

Tornando dunque alla sentenza del Tar, “nel caso di specie – aggiunge il legale Mario Lepidi – il ricorrente, risultato soccombente, difettava del primario requisito dell’operatività dell’azienda agricola, ovvero il residente deve avere un’azienda con presenza zootenica. Ovviamente l’esito del giudizio, andando ad accogliere la nostra tesi difensiva, ci lascia molto soddisfatti e conferma la correttezza dell'operato dell'Amministrazione Separata ma, allo stesso modo, offre lo spunto per ulteriori valutazioni da effettuare in maniera puntuale al fine di tutelare maggiormente il nostro demanio civico”.

Già in sede di Camera di Consiglio, il 17 giugno scorso, il Collegio ha prospettato d’ufficio la questione d’inammissibilità del ricorso “per avere il ricorrente intrapreso l’attività di allevamento in data successiva alla notifica e al deposito del ricorso avvenuto il 18 maggio”, si legge sulla sentenza del Tar.





Gli atti del giudizio, inoltre, sono stati trasmessi all’Anac e alla Procura della Repubblica dell’Aquila, “considerato che l’assegnazione dei pascoli soggetti ad uso civico consente ai beneficiari l’accesso ai contributi previsti dal Psr Abruzzo 2014-2020”.

In particolare, da quanto emerge dalla documentazione censuaria/sanitaria e dal registro di stalla prodotto dall’Amministrazione resistente risulta che “l’attività di allevamento di ovini dell’azienda del ricorrente ha avuto inizio il 19 maggio 2020 e che in data 11 giugno il numero dei capi in allevamento era pari a zero. Inoltre dal registro di stalla del 16 giugno (all. 15 del ricorrente) risulta l’ingresso nell’azienda del ricorrente di diciannove bovini, in data 26 maggio 2020, e diciannove ovini in data 16 giugno”.

 Ne consegue che “alla data della domanda di assegnazione delle terre civiche, il ricorrente non aveva iniziato l’attività di allevamento, pur avendo chiesto l’assegnazione di 450 ettari di pascolo per le necessità dei trecento ovini che ha dichiarato di allevare nella sua azienda. Pertanto egli non avrebbe potuto concorrere nella prima fase dell’assegnazione delle terre civiche in quanto, pur avendo i natali e la residenza ultradecennale nel comune di giacitura delle terre civiche, non disponeva di un’azienda con presenza zootecnica, né nella seconda fase riservata agli allevatori residenti nei comuni limitrofi e, gradatamente, nella provincia o nella regione”. 

“Avrebbe invece potuto prendere parte alla terza fase, che prescinde dal requisito della residenza (oltre che dalla disponibilità di un’azienda con presenza zootecnica), e ammette l’assegnazione del demanio pascolivo ad altri soggetti per mezzo di offerte segrete da confrontarsi poi col prezzo base indicato nell'avviso d'asta (art. 73, lettera c) del Regio decreto 23 maggio 1924, n. 827), ma non ha allegato alcun elemento a dimostrazione della possibilità di prevalere sulle aziende assegnatarie non residenti nel Comune. Dunque, quanto alle prime due di fasi della procedura, che il ricorrente alla data della notifica e del deposito del ricorso risultava privo di uno dei requisiti a tal fine richiesti (disponibilità di un’azienda zootecnica) e quindi non legittimato a ricorrere avverso l’esito della procedura, mentre, con riferimento alla terza fase, egli non ha allegato la prova che se vi avesse partecipato avrebbe ottenuto l’assegnazione di terre civiche, con precedenza sulle altre aziende che vi hanno preso parte”.

Inoltre, “il ricorrente ha chiesto e ottenuto la tutela cautelare monocratica sul presupposto, smentito ex actis, che la mancata assegnazione dei fondi pregiudica gravemente l'attività in quanto trecento ovini necessitano di fondi molto estesi per consentire l'adeguata alimentazione dei capi, allora e tuttora inesistenti nell’azienda della quale egli è titolare. Infatti il Collegio deve rilevare una evidente anomalia della procedura per cui è causa con riferimento alla diffusione dell’avviso pubblico”. 

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: