GRANDI RISCHI: CASSAZIONE, ”ESPERTI NON SEGUIRONO GLI AUSPICI DI BERTOLASO”

24 Marzo 2016 19:35

L'Aquila - Cronaca

L'AQUILA – Ad avviso della Cassazione, i sei esperti della Commissione Grandi rischi convocati a L'Aquila dalla Protezione civile, nella riunione del 31 marzo 2009, per valutare il rischio dello sciame sismico che imperversava nella città e sul territorio abruzzese dal dicembre 2008, non erano al corrente del fatto che la seduta aveva “la finalità di fornire alla popolazione un messaggio di rassicurazione”.

Lo scrive la Suprema Corte nella sentenza 12.478.

Secondo gli 'ermellini', in modo che non presta il fianco ad obiezioni, la Corte di Appello aquilana – nel verdetto che ha prosciolto gli scienziati e condannato solo l'ex numero due della Protezione Civile Bernardo De Bernardinis – ha affermato “che gli esperti non svolsero il compito secondo gli auspici (non comunicati loro) del capo del Dipartimento della Protezione Civile, sicchè fu il De Bernardinis, lui sì in condivisione di intenti con il proprio superiore, ad accelerare i tempi” della comunicazione con i media, e “ad anticipare quelle che avrebbero dovuto essere le conclusioni finali” della riunione della Grandi Rischi. Allora la Protezione civile era guidata da Guido Bertolaso.





Per la Cassazione, gli scienziati – Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Michele Calvi, Claudio Eva e Mauro Dolce – nella riunione confermarono motivi di allarme per la situazione e negarono la 'teoria' della prevedibilità dei terremoti. La “conclamata incompetenza” in tema di valutazione del rischio sismico di Bernardo De Bernardinis, ex vice capo della Protezione Civile dell'epoca di Guido Bertolaso, gli “avrebbe imposto” di astenersi dall'affermare ai media – il 31 marzo del 2009, durante lo sciame sismico che da mesi scuoteva L'Abruzzo e il suo capoluogo – “l'indole positiva” dello “scarico di energia” gli “avrebbe imposto di non insistere sull'asserita normalità dello sciame”, e inoltre “connotata da innegabile negligenza e imprudenza deve ritenersi la sua affermazione sull'assenza di pericoli nella situazione in corso”.

Lo scrive la Cassazione nelle 170 pagine di motivazioni sul processo alla Commissione Grandi Rischi concluso con la conferma dell'assoluzione dei sei scienziati imputati e la condanna a due anni per De Bernardinis – pena sospesa – per l'omicidio colposo di 29 persone che fidandosi delle sue parole “rassicuranti” avevano abbassato la soglia di cautela.

Per gli 'ermellini' il funzionario è responsabile “per aver ritenuto di 'calcare la mano' sul profilo prognostico del suo messaggio”.

La vicenda delle 29 persone morte in seguito al sisma abruzzese del sei aprile del 2009 per aver smesso le abituali precauzioni – come quella di dormire in macchina o in case antisismiche – fidandosi delle rassicurazioni espresse in televisione dall'allora numero due della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, rappresenta “i termini del rilevante spessore 'tecnico' della gestione dell'informazione pubblica da parte dell'amministrazione della Protezione Civile”.





Lo sottolinea la Cassazione dettando 'un decalogo' su questo tema, con il verdetto 12.478. Gli 'ermellini' sottolineano che agli organi di Protezione Civile spetta “il compito di rendere compatibili, con l'obbligo della trasparenza, della correttezza (segnatamente sul piano scientifico) e della verità dei contenuti informativi diffusi (certamente ineludibile nel quadro di un sistema democratico liberale, quale quello delineato nella Costituzione), la necessità del controllo della tensione emotiva della pubblica opinione”.

Tutto ciò deve essere realizzato “da un lato scongiurando l'irrazionalità del panico e del disorientamento collettivo (gravemente disfunzionali per la realizzazione dei programmi di prevenzione e di protezione eventualmente adottati), dall'altro rifuggendo dalla pubblica assunzione di atteggiamenti ingiustificatamente consolatori e rassicuranti, tali da incidere negativamente sul fondamentale apporto collaborativo garantito, all'impegno della prevenzione e della protezione civile, dai meccanismi spontanei dell' autoprotezione individuale (quale, ad esempio, quello di abbandonare i luoghi chiusi al primo avvertimento di scosse sismiche significative)”.

Per queste ragioni, occorre “il massimo della inequivocità nella trasmissione del messaggio affidato al rilancio del sistema dell'informazione pubblica”, tenuto anche conto della “prevedibile e sempre possibile alterazione dei contenuti nell'inevitabile transito attraverso il filtro del sistema mediatico”, conclude il verdetto.

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