GIORNATA CONTRO VIOLENZA SULLE DONNE TELLINI, ‘PROBLEMA CULTURALE E STORICO’

di Giulia Di Cesare

25 Novembre 2014 09:29

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – “La violenza di genere è un problema politico, culturale, storico che va a colpire la vita quotidiana delle donne”.

Queste le parole di Anna Tellini del centro antiviolenza dell’Aquila intervistata da AbruzzoWeb nella giornata internazionale contro la violenza di genere, che cade ogni 25 novembre come deciso dalle Nazioni Unite nel 1999 per sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno.

“I dati sulla violenza di genere che vengono diffusi ogni anno sono impressionanti. La nostra paura, però è un’altra, ben più profonda. Il rischio è che il dato eclatante dei femminicidi rischi di oscurare la complessa realtà della violenza quotidiana, uno violenza che non è solo fisica – ha spiegato – ma che è anche economica e mentale. Inoltre, siamo contente dello spazio che si sta dando a questa importantissima questione, ma non vorremmo che questa ricorrenza annuale della giornata contro la violenza di genere sia un contentino che si dà alle donne e un modo semplice per sentirsi tutti con la coscienza a posto”.

I centri antiviolenza italiani stanno affrontando un periodo molto complicato in cui la mancanza di fondi si aggiunge alla poca comprensione del loro ruolo nella società. 

Per l'occasione di oggi il centro antiviolenza dell’Aquila ha deciso di organizzare un sit in di protesta previsto per le 14.30 davanti alla sede del Comune a Villa Gioia.





“Noi siamo in prima linea, il problema è che il nostro ruolo non è compreso. Nelle documento del governo con le linee guida contro la violenza di genere viene completamente disconosciuta l’opera dei centri antiviolenza. Noi svolgiamo un ruolo politico – ha ribadito Tellini – siamo donne che lavorano con donne per aiutarle a uscire dall'incubo quotidiano quotidiane. Violenze che non sono causali, ma che sono dovute a una cultura misogina e maschilista nata e tramandata attraverso la storia”. 

Negli ultimi anni sono sempre più le donne a rivolgersi ai centri antiviolenza, che però chiedono a gran voce maggiori fondi per poter assistere al meglio chi trova il coraggio di denunciare.

“Vediamo crescere il numero di donne che si rivolgono a noi. Per una mia personale interpretazione questi numeri crescono perché cresce la consapevolezza e la presa di coraggio delle donne. Ci occupiamo di circa 200 donne l’anno. I percorsi per aiutarle sono molteplici, con ognuna di loro costruiamo un progetto particolare con vari incontri per cercare di ricostruire la sua autostima e non farla sentire mai sola. Abbiamo una consulenza legale, psicologica, di assistenti sociali. Avremmo bisogno di una casa rifugio – ha continuato – ma purtroppo a oggi non ne abbiamo disponibilità. Ci dovrebbe essere la possibilità di coprire il vuoto a oggi presente tra la decisione di allontanarsi da casa e la possibilità di essere accolte in una casa di fuga”.

Per affrontare la questione della violenza di genere andrebbero chiariti i compiti delle diverse organizzazioni e istituzioni che dovrebbero lavorare insieme.

“I centri vengono mortificati come attori ancillari e il problema viene affrontato come se fosse di ordine pubblico, di decoro sociale – ha sottolineato Tellini –  Si stanno dando fondi con il contagocce, ancora non si capisce come verranno assegnati e la nostra paura è che si faccia passare l’idea che i centri antiviolenza possano essere un business. C’è un fortissimo rischio di dispersione di risorse in questo momento e proprio per contrastare questo noi ci teniamo a sottolineare che lavorare in un centro richiede delle competenze solide e particolari, competenze che non si possono improvvisare”. 





Per quanto riguarda i fondi per il centro aquilano la situazione è più complicata.

“Abbiamo il grande mistero dei 3 milioni di euro che i cosidetti ‘fondi Carfagna’ avevano previsto nel 2009 per aiutare la ripresa delle attività dei centri di accoglienza, di ascolto e di aiuto delle donne e delle madri in situazioni di difficoltà. Di questi 3 milioni – ha spiegato – la metà è stata destinata da Gianni Chiodi, all’epoca commissario delegato per la ricostruzione, alla curia, prevalentemente per l’acquisto di beni immobili; l’altra metà fu destinata alla consigliera di Pari opportunità Letizia Marinelli che avrebbe dovuto aprire un centro poliedrico per le donne, progetto che non ha mai visto la luce”.

Insomma, fondi che non sono mai arrivati al centro antiviolenza, a cui sono state fatte molte promesse, come l’istituzione di una casa di fuga sul territorio. Parole a cui ancora non segue nessun fatto. 

Molti, inoltre, i tagli fatti dal governo che rischiano di far chiudere le strutture più piccole, lasciando così le donne in balia della violenza, senza nessun sostegno e aiuto. 

“La questione, continuo a ripeterlo – ha concluso Tellini – è politica. Questo è stato capito dal governo di Matteo Renzi? Beh, si può rispondere facilmente. Il presidente del Consiglio ha ritenuto che questo argomento non fosse rilevante, tanto che ha tenuto per sé la delega per le violenze di genere, senza affidarlo, come sarebbe stato opportuno, a una struttura apposita”.

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