L'AQUILA – L'Abruzzo è settimo in Italia per fabbisogno standard, fissato in 631 euro a cittadino, ovvero per i costi necessari a garantire i servizi essenziali. E i piccoli comuni montani hanno costi molti più alti rispetto ai grandi centri.
Numeretti, contenuti nel rapporto “Il calcolo disuguale” di Openpolis, che presi da soli, possono significare poco, ma che invece diventano decisivi in vista della grande riforma in atto del regionalismo differenziato.
Riforma che, ammoniscono gli estensori del rapporto, rischia paradossalmente di penalizzare le regioni più povere, perché avendo pochi servizi rispetto a quelle ricche, hanno un basso fabbisogno, e la miore spesa potrebbe essere cristallizzata, stabilendo meno trasferimenti dallo Stato, nel ruolo di riequilibrio previsto, ma ancora non definito, del disegno autonomista.
L'Abruzzo, da buon ultimo in Italia, assieme al Molise, dovrà nei prossimo mesi, elaborare e concordare con il governo centrale una proposta in merito servizi che intende gestire in proprio, trattenendo relative risorse fiscali. Tenuto conto che quello che versa è inferiore a quello che riceve dallo Stato centrale.
In tal senso, sono un'utile lettura, per decisori politici e cittadini, proprio i calcoli fatti da Openpolis, sui fabbisogno standard, delle singole regioni, e di tutti i Comuni italiani, ovvero del costo per svolgere le funzioni fondamentali, dal trasporto pubblico, servizi sociali, asili nido, polizia locale, smaltimento rifiuti, e così via.
Aspetto dirimente, come detto, in vista della grande e imminente riforma autonomista, al fine di poter finalmente stabilire i Livelli essenziali di prestazione (Lep), previsti dalla modifiche al titolo V della Costituzione, introdotta nel 2001, ma mai messe nero su bianco. Un indicatore che ora sarà ineludibile, per riequilibrare in qualche modo, con una “cassa comune”, da cui attingere per trasferire risorse finanziarie a tutti quei territori, che non riescono con le loro entrate a mantenere gli stessi servizi, quando le regioni più ricche tratterranno parte delle loro tasse, per spendersele a casa loro.
Dalle fitte tabelle allegate al rapporto si scopre così che l'Abruzzo, è per fabbisogno standard in alta classifica, settima, di gran lunga prima tra le regioni del Sud.
La spesa media regionale, per garantire i servizi è infatti di 631 euro ad abitante.
Primo in assoluto è il Lazio, 765 euro, seguito da Toscana, 727 euro, Emilia Romagna, 724 euro, Liguria 710 euro, Umbria, 664 euro, e Marche, 644 euro. E poi l'Abruzzo.
Fanaline di coda sono Puglia, 565 euro, Molise, 565 euro, e Calabria, 535 euro.
Focalizzando ulteriormente l'attenzione sull'Abruzzo, questi i fabbisogni delle dieci città più popolose: Pescara, per garantire i suoi servizi, ha bisogno di 702 euro a cittadino, segue L'Aquila con 673, Teramo con 600 euro, Montesilvano con 564 euro, Chieti con 658 euro, Avezzano con 596 euro, Vasto con 615 euro, Lanciano con 601 euro, Roseto degli Abruzzi con 617 euro, e Francavilla al Mare 631.
Scorrendo ulteriormente la classifica si scopre poi che, come altrove, il fabbisogno schizza in alto nei piccolissimi centri, con pochissimi abitanti. Prima per costi pro capite, al fine di garantire i servizi essenziali è Santo Stefano di Sessanio 2.283 euro a cittadino, Calascio, 2.010 euro, Carapelle Calvisio 1.720 euro, tutte e tre in provincia dell'Aquila. A seguire Roio del Sangro, 1.582 euro in provincia di Chieti, e Montelapiano 1.555 euro, in provincia di Pescara.
Nulla di cui stupirsi, accade in tutta Italia dove la media è di 900 euro, e questo perchè con pochi abitanti molti servizi, si pensi al trasporto, restano elevati anche non pochi utenti.
Ed ecco il paradosso, illustrato sinteticamente dai curatori della ricerca: nel definire il fabbisogno standard, in vista dell'attuazione del regionalismo differenziato, il rischio è che “i comuni che hanno spese nulle o limitate per i servizi”, rischiano di vedersi riconosciuti fabbisogni bassi. Chi già spende molto, avrà molto.
Eppure, territori che non spendono, per scarsità di risorse o perché del tutto privi di alcuni servizi, avrebbero più bisogno di altri, di potenziare questi servizi.
Un paradosso che “penalizza soprattutto i comuni del sud: offrono meno servizi per i quali spendono meno e quindi registrano fabbisogni inferiori”.
Al contrario,” i territori del centro-nord e le grandi città, che hanno un'offerta di servizi ampia e diffusa sul territorio, hanno livelli di spesa più alti e quindi maggiori fabbisogni standard”.
Insomma chi spende meno, perchè offre meno servizi, rischia in futuro di ricevere meno.
Impossibile stabilire quello che potrà essere il destino dell'Abruzzo, esattamente nel guado tra Regioni ricche e regioni povere. Ma sarà questo l'aspetto fondamentale da cui dipende il futuro degli abruzzesi, se la riforma andrà in porto. ft
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