ALLEVATORI DEL COSPA CONTRO PROGETTO DEL COMUNE DI PENNE E OASI NATURALISTICA: ''E' MALTRATTAMENTO ANIMALE, MEGLIO LA CACCIA SELETTIVA ESTESA ALLE AREE PROTETTE''

EMERGENZA CINGHIALI: ”GABBIE CATTURA SONO ILLEGALI, INTERVENGA LA PROCURA!”

13 Giugno 2019 08:06

Regione - Cronaca

PENNE – “Il Comune di Penne e il comitato di gestione dell’oasi catturano e vendono i cinghiali che di fatti sono di proprietà dello Stato, con gabbie di cattura vietate dalla legge: a questo punto non ci rimane che dichiarare il Comune di Penne primo bracconiere d’Italia!”

La clamorosa denuncia arriva  dall'allevatore e cacciatore di Ofena ( L'Aquila), Dino Rossi, dell'associazione Cospa, nell'annunciare in una nota di aver presentato una segnalazione alla Procura della Repubblica di Pescara, in merito all'azione intrapresa dal Comune di Penne in provincia di Pescara.

Il consiglio comunale, l'8 maggio scorso, ha approvato infatti un regolamento per ridurre il numero di cinghiali nell’area protetta della riserva regionale Lago di Penne, gestita dalla cooperativa Cogestre, tramite l’adozione di recinti di cattura.

La vicenda si inquadra nella complessa partita della gestione della fauna selvatica, in particolare gli ungulati, che ingenti danni provoca alle colture. Partita in cui si registra però lo scontro, con venature ideologiche, sulle soluzioni da adottare tra mondo venatorio, che vorrebbe estendere la caccia anche nelle aree protette, o ridurre il perimetro di quest' ultime, mentre il fronte ambientalista, boccia questa ipotesi e propone soluzioni molto meno impattanti, come appunto le trappole, selettive e auto-scattanti, che a Penne, saranno gestite dai proprietari dei fondi agricoli i cui terreni insistono all’interno della Riserva, con la supervisione del comitato di gestione della Riserva. Ad ogni gestore sarà concesso un solo recinto di cattura.

Gli interessati alla gestione di un recinto mobile di proprietà pubblica dovranno presentare domanda al Comitato che assegna quelli a disposizione, in base alla data di presentazione della domanda a seguito di bando pubblico.

All’Oasi di Penne venerdì 31 giugno è previsto un seminario per insegnare agli agricoltori l'utilizzo delle gabbie.

Il sindaco Nunzio Campitelli, ha ricordato in occasione dell'approvazione della delibera, che “in Abruzzo la fauna selvatica, in base ai dati forniti a gennaio da Coldiretti, produce un danno di almeno 3 milioni di euro all’anno, a cui si va ad aggiungere quello provocato alle persone. Solo a Penne sono circa 450 le aziende agricole che da qualche anno devono fare i conti con il sovraffollamento dei cinghiali”. 

Dunque l'iniziativa del Comune di Penne sembrerebbe meritoria, ma a pensarla così non è l'agguerrito Dino Rossi, che la ritiene invece illegittima, in quanto a suo dire la legge italiana vieta l'utilizzo delle gabbie, e le direttive della Comunità Europea, ritegnoono questo metodo “non selettivo della specie, e pericoloso per altre specie di animali.





E comunque nel caso di Penne, per Rossi ci sarebbero “irregolarità nella fase di costruzione” delle gabbie, e soprattutto, in ogni caso non può essere un Comune a decidere di collocare gabbie di cattura, ma semmai la Regione.

Nella segnalazione alla Procura Rossi menziona anche il Parco della Majella per gabbie collocate a Serramonaesca. 

Per Rossi l’unica soluzione è invece “l’abbattimento della fauna selvatica che oltre a pagare le tasse regionali e governative muove un’economia consistente”. Caccia da estendere anche e soprattutto dentro le aree protette. 

“Siamo al paradosso – esordisce Rossi – il Comune di Penne si sostituisce alla Regione Abruzzo, a questo punto ci viene il dubbio che il neo eletto Presidente Marco Marsilio sia una figura solo di facciata. Infatti, nell’atto deliberativo non figura minimante nessun parere regionale”.

Eppure, nella stessa delibera, fa osservare Rossi, si menziona un passaggio dell' articolo 19 della legge 175 del 1992 in cui si dice che “le Regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le Regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali”. 

Quindi ne consegue per Rossi, “secondo la legge è la Regione Abruzzo deputata al controllo della fauna selvatica e non il Comune di Penne che improvvisamente si sostituisce agli organi sovracomunali delegati addirittura da leggi dello Stato”. 

Rossi poi sostiene che “da voci bene informate, a costruire le gabbie è stato proprio il comitato di gestione, la Cogecstre, nel suo laboratorio privato, ricopiando quelle del Parco Gran Sasso Monti della Laga, ferme perché non costruite a regola d’arte. Forse il Comune di Penne è diventato uno Stato a parte, come quello pontificio e non ce ne siamo accorti?”

A supporto delle sue argomentazioni Dino Rossi cita la direttiva 147 del 2009 della Comunità europea, e ancora la legge 157 del 1992, all'articolo 21 che “vieta assolutamente l’utilizzo delle trappole, anzi addirittura ne vieta il possesso e la costruzione. Queste trappole oltre a essere vietate, non rispecchiano la normativa sul benessere animale tanto sbandierata dagli animalisti di turno e da 'Striscia la notizia' in quanto gli animali catturati hanno spesso divelto le grate della gabbia e sono fuggiti e gli altri rimasti intrappolati si sono fatti male tanto da lasciare il sangue fino a tre metri di altezza sulla gabbia, come testimonia anche un video in possesso della Cogecstre. Ma nonostante la legge – tuona Rossi – vieta a chiunque produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica, e solo la detenzione determina l’arresto, a Penne organizzano seminari per pubblicizzarne addirittura l’utilizzo!”.

Per Rossi, poi “sempre il comune di Penne si affida a documenti tecnici dell'Ispra, il quale si dovrebbe attenere alle Leggi dello stato, ma anche questo ente sembra che si sostituisca addirittura alle direttive dalla comunità europea. Tutti questi 'intrecci' solo perché non si ha la volontà di cambiare le leggi a livello nazionale, la stessa legge che vieta l’utilizzo delle trappole, gabbie o chiusini”.





Ad attenersi alla legge, insomma per Rossi, è l’attività venatoria regolare, “l’unica con le carte in regola per l’abbattimento della fauna selvatica che oltre a pagare le tasse regionali e governative muove un’economia consistente”. 

Da qui la segnalazione alla Procura della Repubblica di Pescara “a fare chiarezza sulla vicenda al fine di verificare se ci siano violazioni del Codice penale”.

Rossi invita poi la Prefettura di Pescara di informare il Consiglio dei Ministri “con la speranza che si attivi a rivedere la Legge 157 del 92, al fine di consentire all’attività venatoria di abbattere i cinghiali anche all’interno delle aree protette, le prime responsabili di tutti i danni causati ai terreni agricoli e morti a causa di incidenti stradali”. 

“Le gabbie in questione – incalza Rossi nella segnalazione alla Procura – risultano essere costruite da costruttori ignoti senza aver rispettato la normativa Uni che prevede la buona tecnica, non sono state fatte le valutazioni del rischio come previsto. Infatti, il datore di lavoro, in questo caso gli enti gestori, Parco Maiella e l’Oasi di Penne con il contratto di locazione scaricano tutte le responsabilità infortunistiche su chi utilizza queste attrezzature o macchinari per la cattura dei cinghiali. Queste trappole, gabbie o chiusini, che in realtà non si capisce cosa sono, se si tratta di attrezzatura o macchinari, comunque sono di oggetti costruiti abusivamente senza una scheda tecnica, senza calcoli della porta basculante messa all’estremità, senza il calcolo di rottura del cavo d’acciaio che mantiene sospeso il portellone di chiusura una volta che l’animale è dentro”. 

Dubbi vengono avanzati anche sulla destinazione d'uso della carne degli animali catturati. 

“I parchi fanno appello alla Legge 394 del 1991, tra l’altro antecedente alla Legge157 del 1992, e potrebbero catturare gli animali solo a scopo scientifico e non per la commercializzazione degli animali di animali vivi da destinarsi alle riserve in Toscana, tra l’altro senza una profilassi sanitaria, come è avvenuto per il Parco Gran Sasso Monti della Laga”.

Per Rossi, del resto, “i Parchi e le oasi sono tutt’ora la distruzione dell’ambiente e l’unica cosa di concreto che fanno è preservare un serbatoio di voti e un proliferare di animali senza controllo, adesso corrono al riparo con metodi vietati dalla Legge, vedi le gabbie di cattura, e a non osservare la Legge che di fatto vieta la reintroduzione di animali non autoctoni, come cervi, caprioli, istrici e infine lupi neri, questi ultimi di provenienza ignota, hanno reso i cinghiali più cattivi e nello stesso tempo li hanno spinti nelle zone antropizzate, infatti vediamo sempre più spesso i cinghiali circolare nei paesi e addirittura in pieno centro a Roma”.

“Speriamo vivamente che qualche cinghiale entri in parlamento con la speranza che la politica si accorga quello che sta combinando nel nostro ambiente con l’avallo degli animalisti e ambientalisti dell’ultim'ora”.

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