CINEMATIK: IL GRANDE GATSBY, DI CAPRIO NON SALVA FESTE DA RIVIERA

di Luca Fabbri

5 Giugno 2013 12:55

Regione -

L’AQUILA – Forse arriverà il giorno in cui si riuscirà a produrre un film che supera per efficacia e forza espressiva il libro da cui è ispirato. Forse. Gli esempi per ora scarseggiano, così su due piedi viene in mente giusto Fight Club.

Sicché bisogna accontentarsi di lavori che procedono su un binario tutto loro e non vanno a segno, riuscendo solo in parte a cogliere lo spirito dell’opera madre.

Questo Grande Gatsby non sfugge a quanto detto: è senz’altro diretto con originalità e senso del ritmo da Bar Luhrmann, già noto per aver rivoltato come un calzino Romeo e Giulietta.

Per farla breve: non ci si annoia e, al contrario, si finisce per rimanere a bocca aperta dallo sfavillare delle immagini. Il che non guasta.





Ma per quasi un’ora il protagonista viene fatto passare per una macchina buona solo a spendere montagne di quattrini per organizzare feste che paiono un colossale circo Barnum.

Nelle quali si aggira un’umanità che balla dimenandosi senza tregua, scorrono litri di Moet & Chandon – il marchio viene inquadrato a più riprese, non si scherza con la pubblicità – e gli ormoni esplodono che è un piacere.

Insomma, pare di essere in riviera e risulta difficile credere che fossero davvero così le notti dei ricchi dell’America prima della crisi del 1929.

Tutto ciò può pure divertire e infatti diverte, ma c’entra poco con le pagine scritte da Francis Scott Fitzgerald. Sicuramente nel libro emergono la forza dei miliardi, il lato mondano e la stravaganza di Gatsby, però qui si calca troppo la mano e si finisce per trascurare la personalità dell’uomo.

Che passa i giorni affacciato dalla finestra di casa con lo sguardo fisso verso la riva opposta. Dove una luce verde brilla giorno e notte nel pontile di fronte al palazzo dove abita lei.





Daisy, con cui ha vissuto momenti che la memoria non riesce a seppellire. Daisy, la persona che l’immaginazione ha messo al centro del suo futuro. Daisy, conosciuta poco prima di partire per la prima guerra mondiale e ritrovata al ritorno, neanche a dirlo, sposata con un uomo che la tradisce regolarmente e che non sa offrirle stimoli di alcun genere.

Ma perché una donna come lei sta con uno così? E se non fosse mai stata realmente innamorata del marito? L’interrogativo è un’ossessione che martellerà la mente di Gatsby spingendolo alla pazzia, fino a quando non riuscirà ad avere per sempre la persona che ha perduto. Ammesso e non concesso che lei condivida il suddetto progetto.

Sia chiaro: a un certo punto del film la profondità del personaggio di Gatsby salta fuori, ma con colpevole ritardo.

Sul cast, qualche luce ma anche ombre: niente da dire sul peso massimo Leonardo Di Caprio, di tutt’altra pasta Tobey McGuire, il cui sguardo pare costantemente perso nel vuoto. Per il resto la pellicola riacciuffa la sufficienza allo scadere del novantesimo: il finale è sicuramente più ispirato del primo tempo, troppo tamarro per essere vero.

Voto: 6

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