DALLE INDAGINI EMERGE IL RISCHIO PER LA SALUTE DI 700MILA PERSONE, IL PROCURATORE GUERRIERO: ''NE' LABORATORI NE' GALLERIE IMPERMEABILIZZATI''

ACQUA GRAN SASSO: PROCURA TERAMO, ”FORTI CRITICITA’ STRUTTURALI”

9 Ottobre 2018 14:56

Teramo - Cronaca

TERAMO – Al di là di eventuali reati penali, con le indagini della magistratura che continueranno a fare il loro corso, l'inchiesta sul sistema Gran Sasso avrebbe evidenziato tutta una serie di “forti criticità di tipo strutturale che vanno necessariamente risolte attraverso complessi ed articolati lavori e con un notevole stanziamento di fondi da parte degli enti preposti, aspetti questi non di competenza della Procura”.

Ad un anno dall'avvio dell'inchiesta sul sistema Gran Sasso, in seguito ai diversi sversamenti di sostanze inquinanti registrate nel corso del tempo, la Procura di Teramo ha firmato l'avviso di conclusione delle indagini, iscrivendo nel registro degli indagati 10 persone tra vertici dell'Infn, Strada dei Parchi e Ruzzo Reti, tutte accusate di inquinamento ambientale.

Ad essere raggiunti dall'avviso di garanzia il presidente dell'Infn Fernando Ferroni, il direttore dei Laboratori Stefano Ragazzi, il responsabile del servizio ambiente dei Laboratori, Raffaele Adinolfi Falcone, il responsabile della divisione tecnica dei Laboratori, Dino Franciotti, il presidente di Strada dei Parchi Lelio Scopa, l'amministratore delegato di Strada dei Parchi, Cesare Ramadori, il direttore generale di Strada dei Parchi, Igino Lai, il presidente della Ruzzo Reti, Antonio Forlini, il responsabile dell'Unità operativa di esercizio della Ruzzo reti, Ezio Napolitani e il responsabile del servizio acquedotto della Ruzzo Reti, Maurizio Faragalli.

E a distanza di poco più di una settimana dagli avvisi di garanzia e dal sequestro delle opere di captazione delle acque situate all'interno dei laboratori, nell'ambito dell'inchiesta sul sistema Gran Sasso, questa mattina il procuratore capo teramano, Antonio Guerriero, è intervenuto sulla questione per chiarire il senso della lettera inviata dalla Procura alle varie istituzionali nazionali, regionali, provinciali e comunali competenti per segnalare la necessitò di interventi definitivi di messa in sicurezza di laboratori e gallerie.

“L'acqua non è inquinata, sia chiaro. I cittadini possono stare tranquilli. L'acqua si può bere, io la bevo tutti i giorni – ha detto il procuratore – ma ci sono delle criticità su cui bisogna intervenire. Vent'anni fa il laboratorio fu sequestrato e furono stanziati 80 milioni di euro per effettuare tutta una serie di lavori che in realtà non sono stati fatti”.

Ad oggi, per Guerriero, né laboratori né gallerie autostradali sarebbero adeguatamente impermeabilizzati, con il rischio di contaminazioni in caso di incidenti.

“Sia i laboratori che la galleria sono beni di grande valore che vogliamo tutelare, ma devono poter convivere in sicurezza con quella spugna che è il Gran Sasso – ha continuato Guerriero – ad oggi i laboratori non sono adeguatamente impermeabilizzati e su 12 chilometri di galleria ne è impermeabilizzato uno solo. Non siamo intervenuti sulla loro attività, perché ci rendiamo conto della loro importanza e perché con il sequestro del rivolo che scorre sotto la galleria abbiamo eliminato il rischio maggiore”.





Sul tavolo anche la necessità di un intervento normativo da parte della Regione, in quando la legge stabilisce che le sostanze pericolose debbano essere stoccate ad una certa distanza dai punti di captazione. Requisito che ad oggi non sarebbe rispettato.

In particolare la Procura contesta ai vertici dell'Infn di aver mantenuto in esercizio i Laboratori senza aver verificato se vi fosse “un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliamento delle acque destinate ad uso idropotabile ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe potenziali fonti di contaminazione” e quindi senza attuare le misure “atte a scongiurare il rischio di contaminazione delle acque sotterranee”, così come di aver omesso di adottare “le misure necessarie per l'allontanamento della zona di rispetto delle sostanze pericolose detenute ed utilizzate nelle attività dei laboratori”.

Le indagini della procura di Teramo hanno acceso i riflettori sul possibile rischio per la salute di oltre 700 mila persone. 

Secondo i carabinieri del Noe, coordinati dalla procura di Teramo, esiste un “permanente pericolo di inquinamento ambientale”, in quanto le acque reflue contaminate dai laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare non sarebbero state adeguatamente separate dall’acqua destinata al consumo umano.

“Abbiamo sempre agito con onestà personale e correttezza istituzionale”, rispondono i vertici dell’Istituto di Fisica Nucleare.

Ma il comitato “Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso”, per voce di Augusto De Sanctis, precisa: “In questi mesi non solo abbiamo depositato ben cinque dettagliatissimi esposti, ma abbiamo dato il nostro contributo fattivo alle indagini. Forse i ricercatori avrebbero potuto tenere un atteggiamento meno arrogante nei confronti dei cittadini, soprattutto visto quello che è emerso con gli accessi agli atti, a partire dallo stoccaggio irregolare di ben 2.292 tonnellate di sostanze chimiche pericolose posizionate praticamente nel punto di captazione delle acque potabili bevute da centinaia di migliaia di persone”.

Nell'inchiesta, oltre ai vertici dei Laboratori, sono finiti anche quelli di Strada dei Parchi e Ruzzo Reti. 





Rappresentanti di Strada dei Parchi che, secondo l'accusa, avrebbero mantenuto in esercizio le gallerie autostradali, come si legge ancora nel capo di imputazione, “senza verificare l'esistenza di un adeguato isolamento delle superfici dei tunnel autostradali e delle condutture di scarico a servizio delle gallerie rispetto alla circostante falda acquifera”. 

Di conseguenza, sempre secondo la Procura, la società avrebbe omesso di attuare le misure, quali il completamento delle opere di impermeabilizzazione delle platee autostradali, necessarie a scongiurare il rischio di contaminazione della falda acquifera e quindi delle acque sotterranee. 

Ai vertici del Ruzzo, infine, viene contestato di non aver verificato se “vi fosse un adeguato isolamento delle opere di captazione e convogliamento delle acque sotterranee destinate ad uso idropotabile” ricadenti nelle strutture dei Laboratori e nei tunnel autostradali, “rispetto alle potenziali fonti di contaminazione” e di conseguenza di non aver attuato le relative misure atte a scongiurare il rischio di immissione in rete di acque contaminate. 

Al Ruzzo viene anche contestato di non aver assicurato “il mantenimento di adeguate condizioni igieniche e di efficienza delle strutture acquedottistiche”, di non aver vigilato “sulla funzionalità dei sistemi di rilevazione precoce di eventuali contaminazioni”. 

A Ragazzi e Adinolfi Falcone viene contestato anche il reato di getto di cose pericolose per alcuni sversamenti di cloroformio, così come confermato dalle analisi dell'Arta su alcuni campioni di acqua prelevati tra il 2016 e il 2017. 

Reato contestato anche a Scopa, Ramadori e Lai per lo sversamento di Toluene, così come confermato sempre dagli accertamenti dell'Arta eseguiti su alcuni campioni prelevati il 4 e il 5 maggio del 2017. 

“Contaminazione derivante – si legge nel capo di imputazione – dall'utilizzo di vernici nei lavori di rifacimento della segnaletica autostradale”.

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