Abruzzo, più “forte” e meno “gentile”«Bisogna correre in campo aperto»

26 Aprile 2007 00:00

- Cronaca

«Pur mantenendo l’orgoglio aquilano è necessario quel certo pragmatismo pescarese per far crescere la nostra regione», lo ha affermato Enrico Paolini, vice presidente della Regione Abruzzo. Aquilano di nascita, come lui stesso ci racconta, ma pescarese di “crescita”, Paolini ha sempre dedicato molta attenzione al settore turistico e oggi, in virtù anche degli altri ruoli da lui ricoperti, quale vice presidente dell’Enit nonché coordinatore degli assessorati regionali al turismo, mira a far divenire il settore turistico una punta di diamante delle risorse abruzzesi.

Assessore, quest’anno l’ Abruzzo è al primo posto nella classifica di gradimento della stampa internazionale. Un grosso risultato rispetto al 14° posto degli anni scorsi ma la regione è pronta, in termini di qualità dell’offerta, alla crescita del flusso turistico?





«Di certo non siamo l’Emilia Romagna, con la sua organizzazione, o il Trentino con i suoi denari, o la Sicilia con i suoi fondi, noi siamo una Regione medio-piccola ma con tutte le potenzialità: siamo la terza Regione per lo sci dopo il Trentino e la Val D’Aosta, abbiamo 100 chilometri di costa e i Parchi nazionali tra i più importanti del nostro Paese; qualche difetto lo possiamo avere negli standard qualitativi dell’organizzazione, ma io vedo che nell’ultimo anno e mezzo c’è stato uno sforzo enorme da parte nostra e prima ancora da parte degli imprenditori. Si fanno associazioni e in tempi brevi stanno nascendo molteplici consorzi che mettono insieme albergatori e operatori del settore turistico. C’è un tentativo di stare sul mercato e di fare, un po’ come ha fatto la Cina, in poco tempo tanta strada. Io sono del parere che gli shock come il Symposium organizzato nella nostra Regione che ospita 250 agenti di viaggio statunitensi o l’intrattenimento anche “forzato” degli stranieri che arrivano nei nostri aeroporti regionali e poi vengono “trattenuti”, abitua i nostri operatori ad una prontezza che è peculiare di pochi altri».

È vero che l’Abruzzo ha due anime: quella di L’Aquila e quella di Pescara?

«Io direi che sicuramente c’è l’anima di L’Aquila e l’anima della costa abruzzese, il divario che c’è sempre stato qui da noi è quello tra le zone interne e la costa. A L’Aquila poi c’è stata la vicenda del capoluogo di Regione con Pescara, come tra Cosenza e Reggio Calabria, ma parliamo di circa quarant’anni fa. Oggi il divario io lo considero diverso e su questo gli economisti più importanti dell’Abruzzo concordano: parlare di divario oggi tra l’interno e la costa non copre più i modelli di sviluppo. Ci sono paesi dell’interno che si trovano nei Parchi o località sciistiche che sono molto più ricchi dei Paesi della costa e ci sono aree svantaggiate che sono più numerose nell’interno che non sulla costa. Con questo però voglio dire che la diversità è molto più a macchia di leopardo che non nel passato. Sicuramente rimane quest’orgoglio aquilano, che viene fatto pesare continuamente, ed è giusto che sia così perché la cultura è un requisito importante ma poi bisogna fare l’economia e l’economia si fa se ci sono le imprese, se si sviluppano le azioni. C’è una cosa che io raccomando sempre alle zone che si trovano nel nostro interno ed è quella di muovere l’imprenditoria, di stimolare gli imprenditori perché le città come L’Aquila, Termoli non possono consolarsi dicendo che, siccome stanno all’interno sono più sfortunate, ma, devono darsi da fare. Poi si può senz’altro cercare di aiutarle perché hanno degli svantaggi obiettivi che, devono essere colmati dallo sforzo pubblico, ma non devono costituire un alibi per un’assistenza che non ci sarà più».





Cosa resta dell’Abruzzo “forte e gentile”, della terra di Gabriele D’Annunzio e di quell’immagine romantica e agreste del passato?

«Una cosa che dico sempre è che l’Abruzzo non è più “forte e gentile” soltanto, non è più quella terra di pastori e pescatori ma è l’Abruzzo di giovani laureati, della modernità, di Jarno Trulli campione di Formula 1 o di Fabrizia d’Ottavio giovanissima che diventerà prima olimpionica al mondo della ginnastica ritmica. Quello che voglio dire è che non bisogna perdere i requisiti storici di una regione “forte e gentile” però non si può nemmeno pensare che l’epoca della globalizzazione si possa affrontare parlando del passato. E questo lo dico pur essendo una persona legata alle radici storiche della nostra terra, ma ormai “bisogna correre in campo aperto”, bisogna stimolare le imprese abruzzesi a competere. Siamo ormai fuori dall’Obiettivo 1, non prenderemo più fondi dall’Unione Europea come invece fa il resto del Mezzogiorno. Siamo nelle condizioni di più svantaggio possibile perché non siamo come le Marche e l’Umbria ma siamo trattati dal Governo come se lo fossimo, non avendo i benefici del Molise, della Puglia e delle altre regioni del Sud. Quindi ce la dobbiamo sfangare e se siamo veramente “forti”, magari qualche volta saremo meno “gentili” ma ce la caveremo alzando un po’ la voce e superando la frontiera. L’Abruzzo deve modernizzarsi e se devo pensare a D’Annunzio dico che la sua forza è stata quella di contare a Roma e in un Paese che attraversava un’epoca difficile, pur provenendo da una Regione che non contava niente. Ha sostituito alla forza economica, al consenso, al numero dei cittadini di una grande Regione come poteva essere la Lombardia, la creatività, l’acume e l’intelligenza. Questo se siamo capaci lo possiamo ancora fare!».

(fonte: tuttoabruzzo.it)

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