”AVVERTIMENTO IN STILE MAFIOSO” A PETTINARI: SOLIDARIETA’ DA AZIONE CIVILE ABRUZZO

21 Ottobre 2019 10:08

Regione - Politica

PESCARA – Azione Civile Abruzzo e il fondatore e presidente nazionale Antonio Ingroia, ex pm e oggi avvocato antimafia, esprimono la loro solidarietà al consigliere regionale Domenico Pettinari del Movimento cinque stelle, “per l’avvertimento in stile mafioso ricevuto”.





“Una minaccia legata al sit in a Rancitelli sabato scorso che ha disturbato e ostacolato il traffico di droga, fiorente a tutte le ore. Lì dove quest’anno due troupe televisive sono state aggredite, quasi quotidiane sono le operazioni delle forze dell’ordine contro spaccio e altri crimini. È ora di dire basta! Non è accettabile che possano esistere zone franche, luoghi dove dominano i clan, dove la legalità e il diritto vengono quotidianamente schiacciati da criminalità, violenze, prepotenze, minacce. Clan ben conosciuti e con contatti fuori regione, dalla Campania alla Capitale. Dove molti sono imparentati o comunque collegati con i Casamonica e i loro affiliati. Una galassia criminale, come l’ha definita nel suo libro inchiesta Nello Trocchia, di oltre mille appartenenti, comprese altre 'famiglie' come Spada, Di Silvio e De Rosa. Cognomi che, in larga parte, riconducono all’Abruzzo dove fino al vastese sono praticamente egemoni nei traffici di droga e non solo”. si legge in una nota.

“Il 2019 si sta rivelando l’anno horribilis e svelando, una volta di più, la presenza radicata delle mafie e della criminalità organizzata nella Regione. È ora che le istituzioni e la società civile ne prendano definitivamente cosciente. E non si accontentino di vuote e retoriche cerimonie in nome di Falcone, Borsellino e altre persone assassinate dalle mafie. Ma si abbia il coraggio di una vera antimafia, quotidiana, che non si accontenti di facciate e chiacchiere”, aggiungono.





“Nelle prime settimane del 2019 una corposa operazione ha interessato le rotte del traffico di droga dalla Puglia al vastese. Un traffico internazionale, quello sulla direttiva Albania-Puglia-Vasto, al centro da anni di molte inchieste. All’inizio di luglio è stato disposto a Roma il sequestro di 120 milioni alla  ndrangheta. Una maxi operazione che ha coinvolto anche l’Abruzzo, con sequestri immobiliari a Rocca di Cambio nella provincia aquilana. Nel teramano a luglio le forze dell’ordine hanno posto fine ad un terribile sfruttamento della prostituzione, una disumana tratta di ragazze sfruttate, violentate, costantemente minacciate. Un turpe e disumano sfruttamento della schiavitù sessuale quotidianità dalla cosiddetta bonifica del tronto (già nel 2010 Sahel, una delle principali operazioni nazionali contro le mafie nigeriane e lo sfruttamento della schiavitù sessuale coinvolse Abruzzo, Marche e Puglia a ennesima dimostrazione di quanto sono forti le connessioni criminali tra la nostra Regione e la Puglia) al confine col Molise – proseguono -. Recenti statistiche nazionali descrivono perfettamente un quadro che dovrebbe sconvolgere e smuovere. le quattro province abruzzesi sono tra le prime 15 nella classifica delle 106 province italiane per usura, con L'Aquila addirittura sul podio in terza posizione, Teramo al quarto posto, Chieti al nono e Pescara al quindicesimo. E’ solo uno dei dati inquietanti dell’ultima classifica de Il Sole 24 ore. Secondo l’ultima Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, allegata alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il suo peso in Abruzzo è del 16,5%, quasi 3 punti superiore alla media nazionale. Nella voce “economia non osservata” sono comprese l’evasione, i pagamenti in nero e lo sfruttamento illegale del lavoro”.

“Tutto questo nella regione in cui nel 1989 fu sventato un tentativo di attentato a Giovanni Falcone, dove è in buen ritiro l’ex ispettore Paolilli, legato ai depistaggi sull’assassinio di Nino D’Agostino e il mancato attentato all’Addaura a Giovanni Falcone e che ancora oggi avrebbe probabilmente molto da chiarire e dichiarare davanti la giustizia. Dove un anno e mezzo è sbarcato, prima nella casa lavoro di Vasto e poi in una fattoria “parrocchiale” a Casalbordino, il terzogenito di Totò Riina. Già condannato a 8 anni per associazione mafiosa, che da sempre  rivendica e continua a pubblicizzare il cognome di famiglia che sbandiera orgoglioso (dalla famosa ospitata a Porta a Porta fino alla frenetica attività social dei mesi scorsi, non si può dimenticare l’asta per la cover per cellulari con il suo libro scaduta pochi minuti prima dell’anniversario della strage di via D’Amelio), e allontanato da Padova per la frequentazione con alcuni spacciatori locali. Ora non ha più nessuna misura restrittiva ma sconcerto per le sue dichiarazioni sul padre, per quanto esternato sui social e dubbi e perplessità su quale potrebbe essere la nuova vita sociale non si fugano”, concludono.

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