VIOLENZA SU MINORI, E’ DURA DENUNCIARE; PSICOLOGA, ”ATTENZIONE AI SEGNALI”

di Alessandra Renzetti

10 Ottobre 2014 08:28

Pescara -

PESCARA – Frustrazione, depressione o semplicemente senso di colpa da parte di famiglie che, vittime della crisi e di insoddisfazioni anche personali, sfogano la loro rabbia sui più piccoli, diventando veri carnefici senza rendersi conto del difficile futuro che stanno loro imponendo.

In realtà queste sono soltanto alcune delle cause, talvolta troppo difficili da individuare, che rendono i minori vittime di maltrattamenti di vario genere.

Il dato, avvilente, è che purtroppo gran parte delle violenze avviene all’interno dell’ambiente familiare, quindi la stima degli abusi e delle violenze rimane un numero monco, non completo. 

Ma i già circa 5.200 casi accertati solo in Italia nell’ultimo anno vengono, ovviamente, considerati davvero troppi.

La fonte da cui provengono i dati è costituita per lo più dalle quelle denunce – che rappresentano il 16 per cento su base nazionale – delle Forze di Polizia all’Autorità giudiziaria, che comprendono varie tipologie di violenza, dal maltrattamento fisico, alle lesioni dolose, a percosse e minacce, all’abuso sessuale, allo sfruttamento della prostituzione e alla pornografia minorile.

Le regioni del centro e del sud d’Italia conoscono andamenti generalmente costanti: l’Abruzzo, del 16 per cento nazionale, “porta” lo 0,12 per cento.

Inoltre, è riscontrato anche il maltrattamento psicologico come forma di corruzione del minorenne, come ha spiegato la dottoressa Svetlana Altieri, Psicoterapeuta cognitivo – comportamentale di Pescara, specializzata in adolescenza ed infanzia a rischio.





Dottoressa, ci spieghi quali sono le cause scatenanti della violenza sui minori.

È difficile individuare delle cause specifiche  e dirette in grado di scatenare la violenza sui minori, anche perché troppo differenti sono le tipologie di violenza che vengono esercitate. E diversi sono i carnefici. Le cronache dicono di violenze intra ed extra-familiari, ma anche la scuola non è un ambiente immune a tali fenomeni.

Crisi, povertà, difficoltà economiche contribuiscono a far lievitare il numero delle piccole vittime?

Assolutamente sì. Anzi, è possibile individuare delle condizioni socio-culturali, familiari e personali come fattori di rischio quali le difficili condizioni di vita ed economiche, povertà, emarginazione, solitudine, oppure cause psicologiche come lo scarso controllo dell'impulso, l'affettività negativa, l'eccessiva risposta allo stress, la dipendenza da alcool e droghe.

Cosa può portare un genitore a maltrattare brutalmente un figlio?

Al di là delle condizioni già dette, l'aspetto maggiormente ricorrente all’interno delle famiglie in cui avvengono maltrattamenti o abusi, è il fatto che un genitore che maltratta il figlio abbia avuto nella propria infanzia esperienze di abuso o di trascuratezza. Questo ci fa capire quanto importante sia intervenire e interrompere in maniera tempestiva il ciclo.

Quali tipi di violenze sono più riscontrabili, più utilizzate?





La violenza esercitata sul minore è riconducibile a quattro macrocategorie: maltrattamento fisico, psicologico, abuso sessuale e violenza assistita. Individuare realisticamente quale sia la tipologia di violenza maggiormente diffusa è complesso, visto che la natura dei comportamenti violenti e le rilevanti conseguenze emotive e psichiche inducono spesso la vittima a non denunciare. Non possiamo non tenere in considerazione il fatto che una consistente parte di episodi violenti si verifica in ambito familiare o perifamiliare, condizione che rende ancor più complessa la denuncia a causa dei vissuti di timore, vergogna e colpa che provano le piccole vittime.

Ci sono delle fasce di età maggiormente esposte rispetto ad altri?

Gli studi di riferimento indicano che episodi di violenza si scatenano più facilmente nel caso di bambini molto piccoli, da 0 a 3 anni, età in cui sono completamente indifesi. Ad aggravare il quadro è il fatto che i più colpiti sono bimbi che presentano handicap fisici, psichici e patologie neonatali.

Le conseguenze sulla crescita del bambino?

Il bambino che subisce violenza vive un evento  traumatico le cui conseguenze saranno più gravi in base alle caratteristiche e alla durata delle violenze subite. L’esposizione alla violenza può avere significative conseguenze sullo sviluppo fisico, cognitivo, emozionale e sociale del bambino. A rendere il trauma ancor più grave  è l'impossibilità di parlarne, il mantenimento del segreto, perché ciò impedisce la condivisione che è il primo passo verso l'elaborazione dell'evento traumatico.

In che modo si può intervenire per limitare i danni? E in che modo si può capire che il bambino è una vittima?

L'individuazione precoce dei segnali che i bambini manifestano è funzionale ad interrompere in maniera tempestiva gli episodi di violenza, limitando le conseguenze traumatiche a carico della vittima. Va costruito intorno al bambino vittima di violenza un contesto relazionale in cui il minore possa sentirsi accolto, protetto, non giudicato ed ascoltato, fattori fondamentali per promuovere l'elaborazione del dolore vissuto e impedire l'innescarsi del meccanismo della perpetrazione della violenza. È importantissimo osservare i bambini e prestare attenzione ai segnali di disagio, ai cambiamenti improvvisi e far sentir loro che possono aprirsi e confidarsi, farli sentire protetti e supportati. 

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