LA PROF SI LANCIA NEL TOTORETTORE, TRA 7 GIORNI IL VERTICE DECISIVO

UNIVAQ: CIFONE, ”PRONTA A CANDIDARMI” PLAUSO A DI ORIO, ”MAI FATTO ERRORI”

di Alberto Orsini

24 Aprile 2013 08:08

L'Aquila -

L’AQUILA – Non si lancia da sola alla ribalta come possibile nuovo rettore dell’Università dell’Aquila, Maria Grazia Cifone, ma è evidentemente pronta ad accettare una candidatura che le viene accreditata da anni, in vista delle prossime elezioni del 30 maggio: “L’occhio cade sulle persone che lavorano di più”, spiega ad AbruzzoWeb in una lunga intervista su tutti i temi più caldi.

La Cifone rettore, se ne parla da anni. Quasi fin da quando, nel 2007, venne rieletto, diventando non più ricandidabile, quel Ferdinando Di Orio che proprio la prof aveva sostituito alla guida della facoltà di Medicina. I tempi cambiano, le facoltà sono scomparse e oggi la prof è a capo dell’area medica di Ateneo “devo organizzare il lavoro di cinque facoltà, il ministero non ci dà tregua”, spiega.

Vicinissima all’uscente, di cui è “delfino” da sempre, la prof giudica i 9 anni di mandato, 2 dei quali di proroga, “non positivi ma molto positivi”, spiegando anche che “Di Orio non ha fatto errori”. E la guerra dei picconatori? E i 3 processi del rettore? “Questioni personali, coinvolgono anche me e amareggiano”, ribatte, alludendo alla querela per diffamazione che le ha intentato il prof Sergio Tiberti, capo degli oppositori.

Per il futuro, la prof non è troppo preoccupata dal ritorno al pagamento delle tasse al termine della “esenzione-Letta” di 6 anni, “non ci sarà il crollo degli studenti” mentre se resterà l’austerity “l’unica soluzione sarà l’Ateneo unico regionale, magari tra dieci anni”.

La prima domanda è la più prevedibile, si candida come rettore?

Abbiamo previsto un’assemblea di dipartimento e aspetto quella, non mi piacciono le autocandidature. Vado e voglio sapere che cosa vuole fare il mio dipartimento. L’incontro ci sarà martedì prossimo, ci andremo a confrontare, vedremo le candidature che sono state più o meno ufficializzate. È il dipartimento più grande dell’Ateneo, vedremo come intende porsi davanti a questa grande avventura che si profila.

Comunque lei si dichiara disponibile a una candidatura.

Sono talmente attaccata a quest’università che vorrei la cosa migliore per essa, evitare le frammentazioni e andare in una sola direzione, verso la condivisione di un progetto. Ho le idee chiare su che cosa vorrei da e per l’Università dell’Aquila. In campo ci sono nomi importanti, comunque se il dipartimento ritiene di riporre in me la fiducia per realizzare o mantenere l’idea di università nonostante la crisi nazionale e locale sono disponibile. Ci sono tante criticità, la spending review, il dover mantenere all’Aquila una popolazione studentesca quando si torneranno a pagare le tasse…

Qualcuno teme un crollo degli iscritti, lei di che parere è?





Sono ottimista di mio, e comunque penso che lavorando tutto è possibile. Lo vedo da alcuni indicatori, da parametri oggettivi. Guardiamo i master, non c’è l’esonero delle tasse eppure hanno una quantità di iscritti importante a livello nazionale. Proponiamo cose attrattive e utili per il mondo del lavoro, questo può valere anche per le facoltà.

Praticamente da sempre lei viene indicata come “delfino” del rettore uscente, che ne pensa di questa etichetta? Teme di entrare papa e uscire cardinale dal conclave elettorale?

L’etichetta non mi dà il minimo fastidio anzi mi lusinga, e comunque non sono stata certo io trasmettere queste voci. Credo che così come accade per altri colleghi che lavorano a tempo pieno come me, sulle persone che lavorano di più cada l’occhio per un’eventuale successione a una figura imponente e con una visione completa del sistema come l’attuale rettore. Sarà difficile succedere a Di Orio.

Qual è il bilancio dei suoi 9 anni di mandato?

Non l’ho mai nascosto, ho sempre lavorato in maniera intensa per quest’Ateneo, come preside e direttore, perché ho sempre condiviso le proposte che derivavano dal rettore e dagli organi accademici. Il bilancio non è solo positivo ma è molto positivo. Se vediamo il livello raggiunto prima del terremoto, era molto molto alto, si era investito su settori strategici, gli spin off, le start up, grazie anche ai tanti prorettori, a una squadra valida. Dopo il terremoto… Che dire! Si pensi solo al fatto che siamo qui, che abbiamo recuperato il numero studenti e riusciamo a competere in termini di ricerca con molti top italian scientist al nostro interno.

Di Orio ha fatto anche errori? Se sì, quali?

È una domanda difficile, non riesco a pensare a un errore. Checché se ne dica ha dato spazio a tutte le parti, ma non può essere un errore. Questo nonostante un carattere definito, più per luogo comune che per realtà delle cose, molto autoritario e impositivo. Mi ha sorpreso.

Se Di Orio non ha fatto errori perché c’è un fronte di oppositori così combattivo che gli fa la guerra?

Ci sono evidentemente cose tra virgolette personali, aspettative che sono state deluse in qualche modo, su un piano individuale. Non conosco esattamente le realtà di questi rapporti, li ho vissuti dal di fuori e anche sulla mia pelle, vengo spesso anch’io posta al centro dell’attenzione da questi gruppi. Io vado avanti con il mio lavoro.

Nella guerra tra i due gruppi si sono alzati troppo i toni secondo lei?





In questo momento al di là di qualcosa di puntiforme cui non do importanza, mi sembra che ci aspetti un confronto civile, ci si voglia solo preoccupare del futuro dell’Ateneo, e me lo auguro. Credo e voglio sperare che ci teniamo tutti, per non ridurre questa città a un paesotto di periferia.

Il rettore uscente a ottobre dovrà sottoporsi a 3 processi. Sono state chieste dimissioni, sospensione o autosospensione, che ne pensa?

Mi sento vicina al rettore per quello che, in piccolo, ho passato e sto passando: mi ritrovo anch’io rinviata a giudizio per cose che ancora non riesco a capire. Ci sono momenti di sconforto, perché mi sto dedicando anima e core, e le stesse parole le potrei applicare a Di Orio. Pesa avere situazioni che disturbano, irritano, preoccupano, quando non si è fatto nulla ma si è lavorato solo nell’interesse dell’Ateneo, e ci si deve difendere da cose fuoriposto.

Sono molto fiduciosa che tutto questo si risolva, purtroppo è stato rinviato tutto a ottobre, avrei fortemente preferito che si chiudesse tutto in tempi brevi. Vorrà dire che dovremo ancora aspettare, fiduciosi che ci sia un non riconoscimento delle responsabilità che vengono attribuite. In questo mi sento di accomunarmi al rettore: sul caso-affitti ho toccato con mano i nostri momenti drammatici, ricordo quando decisioni importanti dopo il terremoto venivano prese su fogli scritti a penna perché non c’era più un computer. Mi piacerebbe che anche altri se lo ricordassero. Andiamo avanti, credo molto nella giustizia.

Tornando al toto-rettore, si conosce già il nome di due suoi possibili contendenti, i prof Paola Inverardi e Angelo Luongo.

Sono nomi che mi aspettavo. La Inverardi lo aveva fatto capire in più occasioni, è una collega impegnata in Ateneo, in Senato, Commissione didattica, so bene della sua professionalità e attaccamento. Abbiamo visioni diverse su alcune cose, ma rispetto e condivido sua proposta. Quanto a Luongo, lo avevamo capito anche attraverso di voi (AbruzzoWeb ha anticipato la candidatura dell’ormai ex fedelissimo di Di Orio, ndr); venimmo a sapere che si era di fatto proposto, non mi sorprende, però è stato prorettore, ha esperienze importanti. In generale credo si debba apprezzare la disponibilità di chiunque voglia caricarsi di questo ruolo.

Sembra di capire che il prossimo rettore avrà più oneri che onori…

Assolutamente sì, come del resto negli ultimi 10 anni. I ruoli sono cambiati tutti, sono cresciuta qui dentro e ho visto presidi e rettori, prima c’era tanta responsabilità ma anche tanta forma, un ruolo di rappresentanza. Ora è lavoro vero! Il ministero non ci dà tregua, servirebbe una specie di rivoluzione. Siamo costretti ad applicare formule e se i conti non tornano non possiamo garantire corsi di studio. È un lavoro totalizzante, mortificante.

L’Ateneo unico abruzzese è una chimera o ci crede?

Ci vorrà tanto tempo, non si è ancora maturi, ma se si mantiene questo trend ministeriale, a meno che i prossimi governi non decidano di modificare la strada, non ci sono altre possibilità. Se la Regione ci sostenesse un po’ di più potremmo mantenere l’autonomia ma con le risorse e i vincoli di oggi credo si debba andare in quella direzione. Magari gradualmente, con fasi crescenti di federazione partendo dal basso, che non è una fusione. Magari fra 10 anni ci arriveremo.

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