LUCI E OMBRE VII REPORT FEDERALISMO IN SANITA' CITTADINANZATTIVA - TRIBUNALE PER I DIRITTI DEL MALATO: BENE COPERTURA VACCINI IN REGIONE, IMMUNITA' SUPERA IL 95 PER CENTO

TUMORE PROSTATA: 85 GIORNI PER INTERVENTO LISTE DI ATTESA, ABRUZZO MAGLIA NERA

5 Novembre 2019 07:00

Regione -

L'AQUILA – Liste di attesa male comune in tutto il territorio nazionale: il Sud arranca su screening oncologici e consumo di farmaci equivalenti, ancora quattro le Regioni che non hanno adottato il Piano cronicità, le coperture vaccinali restano insufficienti, non solo al Sud.

Questa la fotografia del federalismo sanitario che emerge dal  VII Osservatorio civico presentato nelle scorse settimane a Roma da Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato.

Sulle liste d'attesa, il Rapporto mette in evidenza come alcune regioni, tra cui l'Abruzzo, rendono disponibile solo l’archivio storico e la frequenza di aggiornamento dei dati è estremamente variabile sul portale dedicato.

In ambito oncologico, per un intervento per il tumore alla prostata bisogna attendere ben 85,5 giorni in Abruzzo, regione in cui, non è garantita, secondo il report, l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea).

Proprio per far fronte all'annosa problematica delle lunghe liste di attesa, le 4 Asl abruzzesi hanno avviato il percorso di abbattimento delle liste, sulla base degli indirizzi contenuti nella delibera approvata dalla giunta regionale lo scorso maggio, attraverso prestazioni aggiuntive, assunzioni di nuovo personale e acquisto di attrezzature tecnologiche.

Con la delibera di maggio, la giunta ha assegnato alle Asl un budget aggiuntivo di 2 milioni di euro per il 2019, da destinare all'abbattimento delle liste d'attesa per quelle prestazioni diagnostiche e sanitarie in cui si registrano maggiori criticità. 

Risorse, finanziate con fondi regionali, che vanno a sommarsi a quelle stanziate dallo Stato. 

Ci sono tuttavia alcune note positive: una risposta alle esigenze di milioni di pazienti affetti da patologie croniche, che è arrivata dopo anni di battaglie e di richieste alle Istituzioni nel 2016, quando ha visto la luce il Piano nazionale della Cronicità (Pnc), approvato da 214 regioni, tra cui appunto l'Abruzzo.

Bene anche la copertura vaccinale: l’immunità di gregge, con percentuali superiori al 95%, è stata raggiunta da Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana ed Umbria.





Altro dato negativo è quello che pone la Regione Abruzzo settima nella classifica provvisoria dei Lea del ministero della Salute riferita all'anno 2018.

In questo caso nella graduatoria (punteggio massio 225) l'Abruzzo ha totalizzato 209 punti, 7 in più rispetto all'anno precedente. Davanti ci sono il Veneto (222), Toscana ed Emilia-Romagna (220), Piemonte (218), Lombardia (215), Liguria (211), Umbria (210). 

Dietro l'Abruzzo figurano Marche (192), Basilicata (191), Puglia (186), Molise (180), Lazio (179), Campania (170), Sicilia (165) e infine Calabria (146). 

La classifica è provvisoria in attesa di un ricalcolo chiesto ad alcune regioni e dei dati di altre mancanti.

L'Abruzzo è quindi “pienamente adempiente”, il ministero fissa a 160 la soglia minima accetabile; il dato è frutto della somma di diversi indicatori.

“L'urgenza di combattere le disuguaglianze è ormai al centro del dibattito pubblico. Con l'eliminazione del superticket, prevista per il 2020, si  compie un primo importante passo”, ha dichiarato Anna Lisa Mandorino, vice segretaria generale di Cittadinanzattiva.

“Occorre però far fronte alle disparità nell'esigibilità dei livelli essenziali di assistenza con cui i cittadini devono fare i conti: per questo chiediamo, tra le altre cose, che si dia piena attuazione al Piano Nazionale di Governo delle liste di attesa, attraverso un monitoraggio della sua applicazione, e che le organizzazioni civiche siano coinvolte nel Piano nazionale cronicità. Allo stesso tempo chiediamo che i cittadini e le organizzazioni di cittadini e pazienti siano coinvolti in un percorso di partecipazione sulle proposte di autonomia differenziata. Per mitigare i possibili  effetti perversi dell'autonomia andrebbe approvata la proposta di riforma costituzionale, lanciata da Cittadinanzattiva con la campagna #diffondilasalute, che intende integrare l'art.117 nella parte relativa alle materie di legislazione concorrente, per rafforzare e restituire centralità alla tutela del diritto alla salute del singolo cittadino”.

QUANTO SPENDIAMO PER LA SANITÀ 

Tra le articolazioni del welfare, la sanità è quella che ha pagato il conto più salato nel 2018 per garantire il rispetto dei vincoli di bilancio e la stabilità economica, con ben 7,3 miliardi dei 9,3 di tagli alle Regioni. 

La spesa sanitaria pubblica nel 2018 è stata di 115,4 miliardi. Complessivamente la crescita dell’economia italiana tra il 2010 e il 2018 è stata in media dello 0,3% annuo, mentre la spesa sanitaria pubblica nello stesso periodo ha perso parallelamente peso rispetto al Pil, passando dal 7,1% del 2010 al 6,6% del 2018, ben al di sotto di quanto impegnato da Paesi come Regno Unito (7,6%), Francia (9,5%) e Germania (9,6%). 

La nostra spesa sanitaria pro capite, fissata a 2551 euro (dati 2017), nel contesto dei Paesi dell’Ocse mostra che spendiamo meno della media europea, oltre che di Germania, Olanda, Francia, Regno Unito e, quest’anno anche di Malta, al contrario di quanto rilevato nell’ultima edizione di questo Rapporto. Spendiamo meno della media europea anche se consideriamo la spesa sanitaria totale in percentuale del PIL, attestandoci all’8,9% (dati 2017). 





La legge di bilancio 2019 conferma per il 2019 un finanziamento per il SSN di 114,4 miliardi, integrando queste risorse con 2 miliardi per il 2020 e 1,5 per il 2021. Secondo la Corte dei Conti, “Tra il 2012 e il 2017 la spesa per la salute ha fatto registrare il contenimento della dinamica della spesa pubblica, ma ha continuato a crescere soprattutto nella sua componente a carico del cittadino. Nel 2017 (ultimo esercizio per il quale si dispone un quadro completo di fonte Istat) la spesa totale era pari a 154,5 miliardi di cui 117,2 pubblica e 37,3 privata. La quota di spesa a carico delle famiglie è stimata di peso superiore a quello della Germania, in linea con quella rilevata in Francia, inferiore al livello raggiunto in Spagna e Portogallo.

LISTE D’ATTESA, LA GIUNGLA DELLE DIFFERENZE SU TEMPI DI ATTESA NELLE VARIE REGIONI

Più di un cittadino su due, fra quelli che si rivolgono al nostro servizio di consulenza ed informazione PiT Salute, denuncia difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie a causa delle liste di attesa. Secondo un Rapporto presentato da Istat a novembre 2018, una percentuale non irrilevante di cittadini rinuncia alle cure per i lunghi tempi di attesa: ciò avviene soprattutto per le visite specialistiche. 

La percentuale più alta di rinuncia è al Sud e nelle isole (4,3% dei pazienti), mentre la percentuale più bassa si rileva nel Nord Est (2,2%).

Ancora poco trasparente la pubblicazione dei tempi di attesa sui portali delle Regioni: la Calabria non fornisce alcuna informazione; Campania, Sicilia ed Umbria rimandano ai siti web delle aziende sanitarie, senza fornire dati aggregati e comparabili; Abruzzo, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto e P.A. di Trento rendono disponibile solo l’archivio storico e la frequenza di aggiornamento dei dati è estremamente variabile; le rimanenti 9 regioni – Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana, Valle D’Aosta e P.A. di Bolzano – dispongono invece di portali interattivi.

In ambito oncologico, per un intervento per tumore al polmone si attendono circa 13 giorni in Basilicata, oltre 46 nelle Marche. Per un intervento di tumore alla mammella i tempi migliori si registrano in P.A Bolzano e in Calabria (18 giorni) mentre i tempi più lunghi sono in Sardegna (40,6). Per il tumore all’utero i tempi d’attesa variano tra i 16,2 giorni nella P.A di Bolzano e i 37,5 della Toscana. Per il tumore al colon retto, si va dai 14,4 giorni di attesa per l’intervento in Puglia ai 38,5 della Sardegna. 

Per il tumore alla prostata, la variabilità è ancora più marcata: dai 13,8 giorni di attesa in Molise agli 85,5 dell’Abruzzo.

Sbalordiscono le differenze tra tempi di accesso nel pubblico e in intramoenia per alcune prestazioni: ad esempio, in Sicilia per una colonscopia si attendono 157 giorni nel pubblico e 13 in intramoenia; in Liguria per una visita oculistica si va dai 58 giorni del canale pubblico agli 8 del canale intramurario; anche in Emilia Romagna per una gastroscopia si va dai 45 giorni nel pubblico ai 6 giorni in intramoenia.

ORGANISMI PARITETICI 

Il provvedimento che istituisce gli organismi paritetici (Accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome del 18 novembre 2010) è nato oltre 9 anni fa. L’accordo stabilisce che le Regioni, nell’ambito delle attività di verifica, sono tenute a istituire organismi paritetici con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, anche con la partecipazione delle organizzazioni rappresentative degli utenti e di tutela dei diritti. 

A distanza di 9 anni dall’approvazione dell’accordo citato, a giudicare dai dati contenuti nella Relazione annuale al Parlamento sull’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria 2016, è grave constatare come siano soltanto 11 le Regioni che hanno attivato gli organismi paritetici di verifica: Puglia, Marche, Lazio, Abruzzo, Toscana, Sardegna, Emilia Romagna, Veneto, Liguria, PA Trento, PA Bolzano. 

L’elemento in grado di scardinare l’autoreferenzialità dell’attività di verifica di questi organismi è rappresentata dalla previsione della partecipazione delle organizzazioni civiche di tutela dei diritti, con il loro peculiare punto di osservazione sul fenomeno: quello cioè dei pazienti. Nonostante ciò la relazione al Parlamento fa notare che, su 11 Regioni che hanno attivato l’organismo di verifica, solo 4 riferiscono la partecipazione delle organizzazioni rappresentative degli utenti e di tutela dei diritti: Abruzzo, Lazio, Puglia e Veneto. Nella metà delle Regioni le ultime riunioni degli organismi risalgono ad anni precedenti a quello della rilevazione (2016) contenuta nella relazione al Parlamento. In tre Regioni (Abruzzo, Puglia, Toscana) la data dell’ultima riunione coincide con quella di insediamento. Sono dati che confermano ancora una volta, in tutta la sua gravità, le falle che esistono nel sistema di controllo delle Regioni sull’intramoenia e che giustificano la scarsa trasparenza denunciata dai cittadini e la loro sfiducia. Le regioni che invece si mostrano più puntuali e costanti nel calendarizzare gli incontri sono la PA di Bolzano, la PA di Trento e il Veneto. (a.c.p.)

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