TRE ANNI FA IL TERREMOTO DEL 26 OTTOBRE, RICOSTRUZIONE FERMA; NUOVI STUDI SU SISMA

26 Ottobre 2019 17:37

Italia -

L'AQUILA – Tre anni fa, il 26 ottobre del 2016, una scossa di terremoto di magnitudo 5.9 ha colpito, devastandole, decine di città e borghi dell’Appennino Maceratese, nelle Marche.

Un terremoto, a due mesi di distanza da quello di Amatrice, Arquata del Tronto e Accumoli, che ha dato un altro schiaffo pesantissimo al Centro Italia che nel 2009 aveva già subìto il dramma del sisma dell'Aquila.





Le ferite sono ancora purtroppo ben visibili e la ricostruzione, che sull'Aquila è stata impostata e avviata al netto di mille difficoltà, dalle parti di “quelli del 2016” è ancora in alto mare.

Intanto, però, dallo studio di cinque secoli di grandi terremoti in Italia emergono nuovi indizi sulla sismicità del nostro territorio: secondo quanto riportato dall'Ansa, oltre ad aiutare la ricostruzione degli eventi del passato, permettono di svelare anche le faglie più ambigue che si celano dietro alle scosse più violente come quelle che interessano la zona appenninica o il nord della Sicilia, fornendo indicazioni utili per il futuro. 

I risultati, frutto di uno studio multidisciplinare durato oltre 30 anni, sono pubblicati sulla rivista 'Tectonophysics' dai ricercatori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).





“Il nostro obiettivo è studiare i terremoti del passato per capire meglio cosa ci attende nel futuro”, spiega Gianluca Valensise, dirigente di ricerca dell'Ingv e coautore della pubblicazione. 

“Nel nostro lavoro siamo partiti dal Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (Cfti), analizzando i dati relativi agli eventi del passato di magnitudo pari o superiore a 5,5. Sono eventi rari – precisa l'esperto – che possono fornire informazioni uniche sulla sismicità del territorio: confrontati con quello che ci dice oggi la geologia, possono aiutarci a individuare faglie ambigue o altrimenti difficili da trovare”.

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