TRASFUSIONE INFETTA, 85ENNE PESCARESE PIGNORA MINISTERO

2 Aprile 2015 16:42

Pescara - Cronaca

PESCARA – P.P., 85enne di Torre dei Passeri (Pescara) ha chiesto il pignoramento dei fondi del ministero della Salute presso la Banca d'Italia: l'uomo nel 1983 contrasse l'epatite C in seguito ad un'emotrasfusione all'ospedale di Chieti. Le responsabilità vennero accertate nel 2004 dalla Commissione medico ospedaliera e tre anni dopo iniziò il processo per l'ottenimento di un risarcimento. 

Nel maggio scorso è arrivata la sentenza del tribunale dell'Aquila, che ha condannato la Asl locale e il ministero della Salute a pagare all'uomo 103 mila 110 euro: metà della cifra è stata liquidata da Assicurazioni Generali, per conto della Asl di Chieti, mentre l'altra metà, spettante al ministero della Salute, è ancora bloccata, nonostante la sentenza sia passata in giudicato e non sia stata impugnata. I termini per il ricorso sono scaduti a fine febbraio e il legale dell'uomo, Giulio Di Berardino, nei giorni scorsi ha presentato un atto di pignoramento per provare a reperire le somme dovute presso la Banca d'Italia dell'Aquila. 





Le responsabilità come detto vengono accertate nel 2004, dalla Commissione medico ospedaliera del nosocomio teatino e in base alla legge 210 del 1990, sui danni provocati dalle trasfusioni, l'uomo si vede riconosciuto il trattamento pensionistico per invalidità. Parallelamente viene intentata una causa contro il ministero della Salute: il ministero si difende sostenendo che nel 1983 l'epatite C, a differenza dell'epatite A e dell'epatite B, non era ancora classificata. 

Il legale di P.P., Giulio Di Berardino, ribatte che un'ampia giurisprudenza della Corte di Cassazione considera comunque responsabile il ministero per il mancato controllo sul sangue infetto. La prima udienza è fissata per il 2007, presso il tribunale di Chieti. Il processo viene spostato all'Aquila per incompetenza territoriale e nel 2009 subisce un congelamento a causa del sisma. Si torna in tribunale nel 2010 e il 29 maggio dello scorso anno, finalmente, arriva la sentenza, che riconosce a P.P. il diritto a ricevere il risarcimento. 





I termini per il ricorso sono scaduti a fine febbraio e il legale di P.P., negli ultimi giorni, ha presentato un atto di pignoramento per provare a reperire le somme dovute, presso la Banca d'Italia dell'Aquila. Qualora non venissero trovate le risorse necessarie, l'avvocato Di Berardino avanzerà un giudizio di non ottemperanza al Tar dell'Aquila, richiedendo la nomina di un commissario ad acta che gestisca la liquidazione del risarcimento.

“È evidente l'aggravio di spese per il cliente, ma anche per la collettività, vista la progressiva maturazione degli interessi – osserva il legale – La realtà è che il ministero non paga, limitandosi a sostenere che non ci sono risorse, eppure quando lo Stato attiva delle procedure esecutive nei confronti dei cittadini è sempre implacabile, mentre quando sono i cittadini ad attivare le stesse procedure nei confronti dello Stato, rischiano di restare a bocca asciutta”.

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