TERREMOTI: CURCIO, ”IN PROSPETTIVA MODELLO ASSICURAZIONI”, MA COSI’ SI SMANTELLA LO STATO

di Roberto Santilli

28 Agosto 2016 11:24

Italia - Cronaca

L’AQUILA – “In prospettiva, quello delle assicurazioni a mio avviso è il modello a cui tendere, anche per limitare il carico sullo Stato. È chiaro che c’è una difficoltà alla finalizzazione. In Italia, il valore delle singole costruzioni deve avere parametri ben calibrati sul piano culturale. Se vogliamo è un tema sia culturale sia tecnico: siamo noi cittadini disposti a far valutare da una assicurazione la nostra abitazione da un punto di vista sismico? E ad attribuire a questo un valore economico?”.

Così al quotidiano il Messaggero il capo Dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, nei giorni del dramma del sisma che ha colpito, devastandole, alcune zone del centro Italia, provocando centinaia di morti come fu per il sima dell’Aquila del 2009.

Una dichiarazione che dovrebbe preoccupare e non poco, perché si incastra alla perfezione in quell’universo che considera il privato la via migliore per risolvere i problemi della società, mettendo lo Stato da parte.

In un fine agosto tremendo fatto di tanti morti e pochi messi in salvo, di storie da strapparsi l’anima a morsi, una simile dichiarazione difficilmente può indignare o far riflettere quella parte di pubblico, ma non solo quella, che crede – ingenuamente o no conta poco – che bastino gare di solidarietà e tagli agli sprechi pubblici per aggiustare le cose.

Cioè rimettere in piedi luoghi e comunità annientati da un terremoto e dar loro un futuro migliore.

È il caso, invece, di invertire la rotta. E pure con decisione.

Perché la via privata, come spiega Curcio “per limitare il carico sullo Stato”, in realtà è funzionale allo smantellamento definitivo dello stesso.





Ed è dura da far passare il messaggio in una nazione come l’Italia, in cui è sufficiente percepire ruberie e scandali per far esultare, guarda un po’, quei potentati economici composti da chi vuole lo Stato, sia bello che brutto, fuori dalle scatole.

Si badi bene: fossimo, noi italiani, efficienti al cento per cento in ogni angolo nostrano, chi ci vuole male, ma male davvero, continuerebbe a darci contro, tra l’altro imponendoci strumenti monetari come l’Euro e vere e proprie Costituzioni sovversive e illegali come il Trattato di Lisbona che accentuano, non risolvono mica, i guai nazionali, 

È l’autonomia dello Stato – onesto o ladro non importa in questa sede e non importa a chi sta oltreconfine ed ai rappresentanti in loco – rispetto alle decisioni ormai prese al di fuori della nazione, con i “signorsì” dei “nostri” politici –  che spaventa o dà fastidio a seconda delle situazioni.

E si rammenti che in Italia, oggi e da ormai qualche decennio, ladretti e ladroni si spartiscono ciò che progressivamente viene lasciato loro da chi siede altrove, proprio mentre lo Stato arretra e passa avanti il concetto legato alla necessità di assicurarsi, anche nel settore previdenziale e col tempo anche in quello sanitario.

E se è pure tipicamente italiano (siamo sicuri?) passare dal baccano e dai quattrini targati governo di Silvio Berlusconi sul dramma dell’Aquila di poco più di sette anni fa (per non parlare degli altri baccani e dei quattrini post-sisma, leggi Irpinia 1980), al nulla funereo dei successivi e non eletti premier Mario Monti ed Enrico Letta, per finire al circo senza talento di Matteo Renzi –  la prima volta non eletto manco lui e la seconda diciamo così così – e della sua squadretta di numeri dieci dai piedi di marmo, è tipicamente anti-italiano, ma soprattutto non logico e per questo pericoloso, mischiare reati e verità storiche e macroeconomiche.

In parole semplici, è quando si “limita il carico sullo Stato” che lo Stato si reinventa, cioè si privatizza in modo sempre più intenso, senza neanche più quei limiti che un tempo parevano debolissimi, ma c’erano.

È quando manca l’idea stessa dello Stato che anche un uomo come Curcio – che da vero professionista sta sudando in territori sbriciolati e sanguinanti soffrendo insieme ai suoi uomini e alle sue donne sul campo ma che, ricordiamolo, indossa la divisa della Protezione civile italiana e non la giacca e la cravatta di un agente assicurativo – afferma con sicurezza e senza timore che va limitato il carico sullo Stato. 





È quando manca lo Stato che c’è chi può permettersi di affermare, senza vergogna, che sull’Aquila e il resto d'Abruzzo terremotato “non esiste un diritto europeo alla ricostruzione”, 2013, europarlamentare tedesca Ingeborg Grassle nell’audizione a Bruxelles delle istituzioni abruzzesi. 

Oppure, che “gli accordi con la cancelliera tedesca Angela Merkel non prevedono queste soluzioni”, frase ripetuta ossessivamente nel corso di un incontro al Dipartimento del Tesoro del ministero dell'Economia e delle finanze dallo staff tecnico dell'allora vice ministro, Stefano Fassina, in risposta alle proposte dell'economista statunitense Warren Mosler, che insieme al giornalista Paolo Barnard aveva trovato il modo di reperire, tutti e subito, 5,5 miliardi di euro per la ricostruzione dell'Aquila terremotata. 

Ma come? Non siamo noi italiani, brutti, sporchi corrotti e oggi pure scarsi a calcio, a dover essere governati dai giusti e irreprensibili del nord Europa?

Se rubiamo sempre, se non sappiamo proprio gestirci, non devono intervenire dal nord Europa?

Come ad esempio fece l’eurodeputato danese Soren Sondergaard, che si sforzò affinché si restituissero i quattrini del fondo di solidarietà europeo che, a suo dire, nell’immediato post-sisma 2009 furono mal spesi (vero in parte) per realizzare i 4.500 appartamenti antisismici dell’emergenza, salvo dimenticarsi di dire che la sua Danimarca, bella e bionda, aveva ed ha ancora sovranità monetaria e di bilancio, riassumendo all'osso non ha l’Euro ma la Corona, e che, tanto per capirci, l'Italia versa nelle casse europee molto di più di ciò che torna indietro, tanto che secondo uno studio della Cgia di Mestre, dal 2007 al 2013 dall’Italia sono “partiti” verso Bruxelles 109,7 miliardi di euro, mentre indietro ne sono tornati soli 71, cioè il 35% in meno, 37,9 miliardi. 

E allora, perché il presidente dell'Ordine degli ingegneri Armando Zambrano, dopo aver bacchettato duramente le carenze e le storture d’Italia su terremoti e incapacità di investire sulla prevenzione, lamenta ad AbruzzoWeb, da europeista convinto, che “nelle stanze di Bruxelles non c'è coscienza del problema. Se la Germania fosse zona sismica, sono sicuro che i meccanismi di finanziamento riservati al risparmio energetico sarebbero invece utilizzati per la sicurezza delle costruzioni. I meccanismi, invece, sono tarati per i problemi che riguardano solo il nord Europa, che dal punto di vista sismico non corre i rischi che corriamo noi.”?

D’altra parte, e chiudiamo, il giurista Luciano Barra Caracciolo spiegò a questo giornale e senza giri di parole come funziona la giostra: “È scritto nei trattati, basta leggere l’articolo 222 del Tfue, il Trattato di funzionamento dell’Unione europea. Le piccole risorse del bilancio europeo servono per politiche puntuali e predeterminate: per loro la solidarietà è portare le coperte o costruire tende, come emergenza di protezione civile immediata. Nella visione della burocrazia europea, la ricostruzione è un problema di assicurazione. Se vivi in una zona ad alto rischio e sei assicurato bene, altrimenti peggio per te”.

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