TERAMO: SICUREZZA DELLE SCUOLE APPESA A UN NUMERO CONTESO TRA REGIONE E ROMA

15 Marzo 2017 07:11

Teramo - Cronaca

TERAMO – “Si, diciamo pure che parte del destino di questi territori, della sicurezza dei nostri figli dipende da un numeretto che non c’è, e in merito al quale si passano il cerino in mano Governo e Regione”.

Lo ammette ad AbruzzoWeb Maurizio Brucchi, sindaco di Teramo, dove, a seguito dei terremoti del 24 agosto, del 30 ottobre e del 18 gennaio, sono ben 6 le scuole inagibili, con oltre 1.300 alunni e studenti trasferiti in altri plessi, a cui si aggiungono 3.241 sfollati da abitazioni danneggiate.

Il numeretto mancante è quello dell’indice di vulnerabilità, che va da 0 a 1, che stabilisce se un edificio scolastico è più o meno sicuro.

Brucchi, come molti altri sindaci, dopo le scosse di gennaio e l'evacuazione di tutte le scuole o quasi, aveva scritto al primo ministro Paolo Gentiloni per chiedere lumi circa le procedure da attuare per la riapertura delle scuole, facendo notare che il patrimonio scolastico teramano ora è rappresentato da 28 edifici agibili che presentano indici di vulnerabilità compresi tra 0,2 e 0,9.

“La procedura per la riapertura degli edifici pubblici, scuole comprese, che ho seguito fino a oggi e che sto seguendo anche in questo caso, è corretta?”, aveva chiesto Brucchi, chiedendo che “il sistema della Protezione civile nazionale e la commissione Grandi rischi indichino come mi devo regolare rispetto a queste soglie di vulnerabilità, per continuare a ritenere utilizzabili le scuole e gli stessi edifici pubblici del nostro territorio”.





Insomma: una scuola con indice 0,5 la si può riaprire o meno? Oppure l'indice deve essere maggiore, e se sì, quale esattamente? Interrogativi comuni a tanti altri primi cittadini d'Abruzzo, a partire da quello aquilano, Massimo Cialente, che ha giustificato così

La risposta di Gentiloni, rivela Brucchi a questo giornale, “è stata quella di rivolgersi alla Regione, ma giustamente il presidente e sub commissario, Luciano D’Alfonso, ha fatto notare che la competenza relativa alla determinazione del soglia minima di vulnerabilità non può che spettare al livello statale. E così, infatti, ora ci sta lavorando una speciale commissione dell’Istituto superiore dei lavori pubblici. La speranza è che ci facciano sapere la più presto che cosa avranno deciso”.

In realtà Brucchi, con questa versione dei fatti, ha aggiustato un pò il tiro rispetto a quanto affermato nel corso dell’edizione 2017 della Winter School del Nuovo centro destra a Roccaraso (L'Aquila), sabato scorso, dove, durante un suo intervento in veste di ospite di Forza Italia, aveva spiegato che “il governatore D'Alfonso non mi ha dato risposta”, ricordando che “sono costretto a tenere aperte le scuole sotto la mia resposabilità”

Un’apprensione comprensibile: senza quel numeretto, per un sindaco è impossibile pianificare la messa in sicurezza, stabilire quali scuole conviene abbattere e ricostruire, in loco o altrove, oppure rinforzare, e con quali costi e tipologia di interventi.

“Il grado di vulnerabilità dipenderà anche dalla microzonazione sismica, ovvero dal tipo di terreno sopra il quale poggia l’edificio. E anche questa analisi è in corso. Senza questi dati noi sindaci abbiamo le mani legate, non possiamo decidere nulla in termini di messa in sicurezza definitiva – fa notare ancora – Certo, superato questo scoglio, serviranno ingenti risorse per fare i lavori di messa in sicurezza, che andranno svincolati dal patto di stabilità. La nostra intenzione è, per esempio, quella di realizzare, al posto di scuole vecchie e difficilmente recuperabili, tra nuovi plessi scolastici, a Piano d’Accio, un polo sul lungo fiume e nell’area del vecchio stadio”.





Fa riflettere, a tal proposito, il fatto che risalga al 2003 l’ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri che, dopo il terremoto che devastò la scuola di San Giuliano di Puglia nel Molise, imponeva a tutti gli enti locali di predisporre un piano rigoroso di controlli e di verifiche di resistenza e di vulnerabilità degli edifici strategici,e i primis delgi edifici scolastici.

La scadenza è stata più volte prorogata, in ultimo fino al 31 marzo 2013. A distanza di quasi 15 anni si ha, però, a malapena un lacunoso quadro dell’indice di vulnerabilità degli edifici scolastici, ma non si sa quale sia la soglia minima per definirne uno sicuro e utilizzabile.

Eppure l’esecuzione della verifica di vulnerabilità sismica consente al tecnico incaricato di individuare non solo i livelli di sicurezza rispetto alle norme vigenti, ma anche le eventuali criticità, strutturali e non strutturali, dell’opera, e quindi permette di ipotizzare fin da subito la tipologia degli interventi necessari e di quantificarne approssimativamente il costo.

Un controllo di questo genere può rivelare, per esempio, l’estrema urgenza di sistemare un controsoffitto instabile, di rimuovere un intonaco parzialmente distaccato, di mettere in sicurezza un comignolo, o, nel caso peggiore, prescrivere interventi più complessi come incatenamenti alla quota dei solai, applicazione di intonaci armati o fibre rinforzanti su porzioni murarie, rinforzo dei pilastri e così via.

“È vero, complice la mancanza di risorse economiche governi ed enti locali in tutti questi anni hanno sottovalutato questa priorità – ammette Brucchi in conclusione – E stata la natura ora a ricordarcelo, e questa però non è una giustificazione, è un motivo in più per fare presto”. Filippo Tronca

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