SISMA: DUE MESI DI LIMBO PER GLI SFOLLATI DI ORTOLANO, ”CERCHIAMO LA NORMALITA”’

di Loredana Lombardo

19 Marzo 2017 08:18

L'Aquila -

L'AQUILA – Da due mesi vivono all’hotel Azzurro, su viale Corrado IV all’Aquila, in un limbo senza risposte e non sapendo cosa fare.

Sono i 20 sfollati di Ortolano, una  piccola frazione di Campotosto (L’Aquila) evacuata dopo le nevicate e le scosse di gennaio, a causa del rischio frane.

Durante quei giorni, una slavina ha ucciso uno degli abitanti, Enrico De Dominicis, travolto mentre cercava di liberare la strada.

La prima a raccontare ad AbruzzoWeb di questi mesi di limbo è Isabella Migliozzi, che a Ortolano gestiva un bar ristorante insieme al figlio e aiutata da mamma Bettina, 84 anni e il viso segnato da questa esperienza dolorosa.

Bettina è stata la prima a essere tratta in salvo e in modo rocambolesco: dato che l’elicottero non era riuscito ad atterrare a causa dell’abbondante nevicata, è stata sollevata con le funi, un’esperienza che l’ha provata moltissimo e che ancora oggi la emoziona.

“Aspettiamo l’esito delle verifiche fatte sulla montagna domenica scorsa – spiega Isabella – abbiamo cercato in queste settimane delle risposte dal sindaco di Campotosto senza averle”.

Il primo cittadino, Luigi Cannavicci, nel primo periodo viveva con loro nell'hotel, ma da quando è andato via, secondo i loro racconti, “è diventato molto evasivo” per quello che riguarda non delle necessità, ma dei chiarimenti che vengono richiesti a gran voce.





Il problema per questo nucleo che si è ricreato nell’albergo è sapere quanto prima possibile che fine farà il loro paese, ma soprattutto quando potranno tornare a una normale quotidianità.

Bettina sente la nostalgia di casa sua, dell’orto che curava ogni giorno e di quelle piccole abitudini forse banali ma che oggi mancano come ossigeno.

“Stiamo bene, ma i problemi ci sono – aggiunge ancora la figlia Isabella – Ci avevano parlato di alcune case della Aventis, disponibili a Scoppito. Sarebbe bellissimo in questo momento poter avere una normalità dentro quattro mura domestiche. Mia madre è anziana, ho un figlio giovane che lavorava con me. Adesso l’attività è sospesa e non sappiamo che cosa ci aspetta”.

Isabella per adesso, su consiglio del commercialista, vuole sospendere tutto, quantomeno per evitare anche di essere strozzata da tasse e spese ordinarie.

“Il personale dell’albergo è veramente eccezionale, ci coccolano come possono, ma sono giornate scandite dal nulla – aggiunge Liliana Scipioni che quasi tutti i giorni prende la macchina e va a Provvidenza e a Campotosto dove lavora – A casa mia non ci sono stati danni, ma tutto il paese è zona rossa. Come posso vado in 'pellegrinaggio' al Comune, ma né il sindaco né le altre istituzioni mi danno, ci danno delle risposte concrete”.

E poi c’è Monica Celletta, che ha un coniuge operaio a Montorio al Vomano (Teramo) e cinque figli. “Mio marito ha sempre viaggiato, ma passava per il valico delle Capannelle, adesso aggiungiamo quotidianamente anche la spesa per il casello, ma che possiamo fare? – si chiede sconsolata – Ho una figlia che lavorava a Crognaleto e ha perso il lavoro, una viaggia e viene ospitata dai genitori del fidanzato. Ho dovuto cambiare scuola ai più piccoli, hanno perso gli amici, le loro abitudini, una famiglia smembrata ma stringiamo i denti e andiamo avanti”.

Monica aveva una bella azienda agricola, che è stata evacuata, gli animali hanno trovato ricovero presso dei conoscenti ad Arischia per evitare che venissero trasferiti a Sulmona e tutti i giorni anche lei viaggia per cercare di ricostruire i pezzi della vita di prima.





A suo dire, “adesso l’esigenza primaria è rientrare in una casa, ho necessità di farlo per i miei figli che hanno diritto ad avere un loro spazio dove fare i compiti e incontrare i loro amici”.

Giornate scandite dal rito dei pasti, ''come in caserma'' si sente dire da una signora, pasti forniti dall’azienda Vivenda che si occupa anche delle mense scolastiche.

“Il pranzo lo portano a mezzogiorno – chiarisce Monica – i miei figli che vanno a scuola tornano alle due, non hanno nemmeno la soddisfazione di un qualcosa di caldo. Non mi lamento della gentilezza di chi ci sta aiutando, ma io devo garantire loro qualcosa di meglio e non sappiamo come fare. Perchè ci hanno parlato di queste casette a Scoppito e tutto tace?”.

Tra gli sfollati anche un bambino di 15 giorni, ignaro di tutto, con i suoi giovanissimi genitori e la nonna Nadia.

“Mia figlia se n'è andata a Roma, almeno lì lavorano, ma io sono lontana da mio nipote – spiega con rammarico – Siamo rimasti isolati quasi 2 giorni con questo bambino piccolissimo, abbiamo avuto tanta paura, per fortuna adesso siamo qui a raccontarlo. Il terremoto per sua natura ti spinge a uscire fuori, ma con la neve che copriva i tetti cosa potevamo fare?”, questo il commento corale, ancora tra lo sgomento nonostante il tempo trascorso.

Alla fine non chiedono nulla di assurdo, vorrebbero solo delle risposte chiare e precise, vorrebbero avere una casa, vorrebbero tornare a guardare il presente con ottimismo.

Ma soprattutto la domanda con la quale concludono questo sfogo è la seguente: “Si, noi siamo una piccolissima frazione, ma come mai pur rientrando nella zona del cratere insieme a Campotosto e Crognaleto, non abbiamo avuto alcun beneficio effettivo?”.

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