PREMIER CONTE E GOVERNO PENSANO ANCORA ALL'EX VICE PRESIDENTE DEL CSM ED ATTUALE LEADER CENTROSINISTRA IN REGIONE. PER DARE SVOLTA, IPOTESI ANTICIPATA RISOLUZIONE CONTRATTO CON TITOLARE

SISMA CENTRO ITALIA: FARABOLLINI A FINE CORSA? SI RAFFORZA IPOTESI LEGNINI A COMMISSARIO

di Filippo Tronca

22 Ottobre 2019 07:56

Regione -

L'AQUILA – La ricostruzione dei 350 comuni di Lazio, Marche Umbria e Abruzzo, colpiti dai terremoti del 2016 e 2017, è ancora tragicamente al palo. Come pure le norme e le misure per accelerare percorsi, coperture finanziare ed interventi, in riferimento ai quali nei territori di riferimento da mesi c’è una vera e propria levata di scudi.

Qualcosa, sia pure sottotraccia, si muove invece per il cambio della guardia nel ruolo, cruciale, di commissario straordinario, con la sostituzione dell'attuale titolare, il geologo marchigiano Piero Farabollini, ancor prima della scadenza del suo mandato a fine dicembre.

E in pole position, per la successione, resiste, ed anzi si rafforza, la candidatura del consigliere regionale abruzzese Giovanni Legnini, candidato presidente di una innovativa ed apprezzata coalizione di centrosinistra alle regionali del 10 febbraio scorso, due volte sottosegretario tra le altre con la delega alla ricostruzione per il sisma dell’Aquila del 2009, ed ex vice presidente del Consiglio superiore della magistratura.

Una ipotesi anticipata nelle scorse settimane da AbruzzoWeb che quindi è tutt’altro che tramontata.





Anzi, più passa il tempo e più si fa più stringente la necessità per il Governo giallo rosso di imprimere una decisa accelerazione alla ricostruzione e un cambio di passo rispetto ad un quadro di difficoltà, anche di immagine, del nuovo esecutivo nell’ambito del quale la delega è stata mantenuta dallo stesso premier Conte.

Presidente del Consiglio che insieme alla dirigenza del Pd avrebbe pensato a Legnini per dare un segnale importante con una figura di spicco che ha già maturato una esperienza sulla complessa tematica. Per l’ex vice presidente del Csm sarebbe anche un “risarcimento” politico dopo la mancata nomina a sottosegretario del governo Conte bis.

Al suo posto in consiglio, poi subentrerebbe il primo dei non eletti del Pd, l'aquilano Pierpaolo Pietrucci.

Da quanto si apprende, ci sono stati in queste settimane, ripetuti contatti tra Legnini e la presidenza del Consiglio dei ministri, anche con lo stesso Conte nel corso dei quali, il politico abruzzese avrebbe anche dato indicazioni sulla sua idea di nuova gestione del difficilissimo post sisma 2016, molto diverso rispetto alle misure assicurate al cratere dell’Aquila del 2009.

Forte dell'esperienza maturata nel cratere aquilano 2009, dove da sottosegretario all’Economia dell’esecutivo Renzi, ha posto le basi per coperture finanziare, che ancora stanno alimentando la ricostruzione. La palla è però nelle mani dell’esecutivo Conte, che deve decidere se attendere la fine del mandato di Farabollini, in scadenza il 31 dicembre prossimo, oppure anticipare la nomina di Legnini. Per dare un segno di discontinuità e svolta.





Assieme alla più volte invocata attribuzione, ad un sottosegretario, della delega alle ricostruzioni, rimasta in capo a Conte, in mille altre faccende affaccendato. A pagare per tutti, nel nome della discontinuità potrebbe essere dunque proprio Farabollini, presidente dell'ordine dei geologi delle Marche, subentrato ad ottobre 2018 a Paola De Micheli del Pd, ora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ereditando una situazione difficilissima, non certo per sua responsabilità, tenuto anche conto che i suoi non sono poteri davvero straordinari, come quelli che aveva ad esempio, il commissario Guido Bertolaso, nella fase emergenziale post sisma 2009.

Farabollini ha dovuto nei territori terremotati del centro Italia metterci la faccia, al posto del Governo, affrontando spesso e volentieri la rabbia di cittadini e amministratori, in attesa di fatti concreti.

Memorabile a questo proposito la riunione a Teramo del 26 settembre con i sindaci dei 24 comuni del cratere 2016 abruzzese dove il primo cittadino di Castelli, Rinaldo Seca, gli ha detto a muso duro: “Siamo all'anno zero, e se lei non ha la forza di incidere sul governo, le suggerisco di valutare l'ipotesi delle dimissioni”, incassando la solidarietà degli altri sindaci presenti. A ribadire che nel Centro Italia, la ricostruzione fatica a decollare, per usare un eufemismo, è stata nei giorni scorsi l’associazione nazionale costruttori edili (Ance) di Teramo. Per la ricostruzione privata, a fronte di 80.000 domande attese, al 31 maggio 2019 risultano presentate 9.566 domande di contributo, dunque, solo il 12 per cento degli eventi diritto ha presentato domanda di contributo.

Il 65 per cento delle pratiche, invece, è in fase istruttoria. Al 25 giugno 2019 risulterebbero spesi solo 200 milioni di euro, e gli stabili agibili sono 34.816, pari al 31%, quelli con danni lievi 30.000 (26%), mentre le strutture che hanno riportato gravi danni sono 49.320, pari al 43 per cento. Per la ricostruzione pubblica, poi, sono stati programmati circa 2.300 interventi per quasi 2,2 miliardi di euro.

Ad oggi risultano erogati solo 41 milioni di euro per l’avvio della fase di progettazione, pari all’1,86%. Eppure, per le attività di ricostruzione del Centro Italia, sia pubblica sia privata, sono stati stanziati, circa 11 miliardi di euro, dal 2016 al 2047, tra i quali oltre 6 miliardi sotto forma di credito d’imposta per la concessione dei finanziamenti per la ricostruzione privata e almeno 2 miliardi per la ricostruzione pubblica.

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