ABRUZZOWEB PUBBLICHERA' LE FOTO E GLI ELETTI DI OGNI CONFRATERNITA

SANT’AGNESE: GLI AQUILANI AFFILANO LE LINGUE, E’ LA FESTA DELLA MALDICENZA

di Alberto Orsini

18 Gennaio 2011 17:48

L'Aquila -

L’AQUILA – Terremoto o non terremoto, L’Aquila è pronta a riprendere una delle sue tradizioni più importanti, quella di Sant’Agnese, che cade il 21 gennaio, giorno in cui nel capoluogo si celebra la festa delle malelingue e della maldicenza.

Amata da molti, snobbata da altri, prima del sisma la ricorrenza riusciva a far ritrovare in una sola sera nei ristoranti cittadini anche 200 “congreghe”, così si autodefiniscono i gruppi di amici o colleghi, per un numero imprecisato di partecipanti.

I devoti agnesini si riuniscono solo all’Aquila e solo la sera del 21, sia per sparlare di chiunque capiti a tiro, sia per rinnovare le “cariche” all’interno del loro gruppo, nominando dopo libere e democratiche elezioni i più linguacciuti della compagnia.

Da sempre prerogativa maschile, la partecipazione alla cena di Sant’Agnese si è aperta da qualche anno anche alla partecipazione delle donne: eresia per i puristi, naturale evoluzione dei costumi per gli altri.

La prima edizione dopo il terremoto, un anno fa, si è svolta in tono minore, con un pensiero ancora alla tragedia e non troppa voglia di festeggiare. Per quest’anno, però, sempre senza dimenticare l’accaduto, gli aquilani vogliono tornare agli antichi fasti.

LE CARICHE

Le cariche dei più maldicenti sono il tratto distintivo della ricorrenza. Ce ne sono alcune storiche, che ricorrono in tutte le confraternite, ma per il resto anche qui la fantasia degli aquilani si è scatenata e in un altro censimento furono classificate oltre trecento cariche.

Ogni gruppo che si rispetti ha un suo Presidente, quello con la lingua più lunga di tutti, spesso aiutato da un Vice presidente o da un Segretario, che sotto sotto vorrebbero fargli le scarpe.





A completare il direttivo non dovrebbero mancare mai la Lavannara (dialettale per “lavandaia”), colei che… stende bene i panni altrui, la Lima Sorda, che corrode, ma in silenzio, e la Mamma deji cazzi deji atri, che non ha bisogno di molte altre spiegazioni.

Per il resto si può spaziare con la fantasia: da “Ju Zellusu”, quello che protesta sempre ed è incontentabile, alla “Recchia fredda” o “Recchia de prete”, quella che sente tutto, alla “Lengua zozza”, pericolosissima, alla temibile “Vipera”, e così via.

L’ORIGINE

Sono numerose le storie sull’origine di questa tradizione che si celebra solo all’Aquila e nessuna di queste ha prevalso sulle altre, diventando “ufficiale”. La cosa sicura è che Sant’Agnese quella “vera”, una giovane romana martirizzata durante l’epoca dell’imperatore Diocleziano, con la maldicenza c’entra poco o nulla. Il nome della festa è collegato al fatto che si tiene il 21 gennaio.

Una delle versioni più accreditate è quella delle “malmaritate”, le prostitute del 1300, che venivano accolte nel monastero di Sant’Agnese, ma che spesso fungevano da serve nelle case delle famiglie nobili della città, di cui sapevano tutti i segreti.

Il giorno dedicato alla santa era giorno di festa e di riposo dal lavoro, e le classi più povere ne approfittavano per incontrarsi nelle locande e sparlare a tutto spiano, e lì quelle donne la facevano da padrone.

Un’altra versione tra le più note è quella invece che parla di un gruppo di nobili che si riuniva in una bettola per spettegolare, e le maldicenze furono tante e tanto velenose che furono colpiti da esilio dall’Aquila. Tali furono le proteste per questa decisione che alla fine i maldicenti furono ammessi al rientro, che alla fine avvenne proprio il 21 gennaio, tanto che quegli aquilani cominciarono a essere additati come “quelli di Sant’Agnese”.

E siccome erano stati graziati a patto che non si producessero mai più in maldicenza dentro le mura della città, per ovviare si trasferirono in un’altra locanda fuori le mura, per riprendere come se niente fosse l’attività linguacciuta.

IL PIANETA MALDICENZA





Dopo anni di vita separata, un primo tentativo di coordinamento delle congreghe si è avuto con la “Sant’Agnese delle Sant’Agnesi”, organizzata dalla confraternita “Balla che te passa” per la prima volta nel 2002, che riuniva anno per anno gli eletti delle le congreghe più importanti in un’altra conviviale, da celebrare preferibilmente il 21 febbraio, un mese dopo la festa.

Nella seconda metà degli anni Duemila, inoltre, la più antica confraternita aquilana, quella dei “Devoti di Sant’Agnese”, con l’aiuto di altre congreghe storiche e importanti ha puntato a portare sulla ribalta nazionale il culto aquilano della maldicenza, specificando che questa è la critica pungente ma costruttiva rivolta esclusivamente a chi è presente.

Tenendo come punto fisso l’appuntamento a tavola del 21 sera, Sant’Agnese è diventata quindi una tre giorni con un concorso d’arte varia al Teatro comunale del capoluogo, con componimenti in prosa e poesia, in dialetto e in italiano, e, soprattutto, un convegno nazionale per parlare di maldicenza.

Tra gli ospiti nelle varie edizioni, il presidente della Repubblica emerito Francesco Cossiga, il senatore a vita Giulio Andreotti (quest’ultimo solo telefonicamente) e il giornalista Bruno Vespa.

L’ultima filiazione di questo progetto è stato il premio “Socrates Parresiastes”, a premiare la parresìa, “sorellina” della maldicenza: la targa è stata infatti conferita a chi dice la verità con coraggio e franchezza, e tra i premiati c’è stato nel 2009 un altro ex capo di Stato, Carlo Azeglio Ciampi.

A parte questo Sant’Agnese resta comunque una festa di popolo, degli aquilani e per gli aquilani.

AbruzzoWeb darà spazio ad articoli e approfondimenti sulla ricorrenza, pubblicando inoltre l’elenco degli eletti e le foto di tutte le congreghe che ne daranno comunicazione inviando una email a [email protected].

Buona Sant’Agnese a tutti!

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