CLASSIFICA DEL SOLE 24 ORE: PESCARA AL 35° POSTO, CHIETI AL 43°

SANITA’: PAZIENTI IN FUGA DA ASL TERAMO BENE LA MOBILITA’ ATTIVA A L’AQUILA

di Elisa Marulli

5 Agosto 2014 12:52

L'Aquila -

L’AQUILA  – Va alla Asl di Teramo la maglia nera della mobilità passiva secondo i dati della Ragioneria dello Stato diffusi ieri dal Sole 24 Ore e relativi al 2012.

Si trova infatti al quarto posto in Italia per tasso di emigrazione, con il 24,4%: ciò vuol dire che un teramano su 4 sceglie di farsi curare fuori, spesso nelle vicinissime Marche, con cui il mancato accordo di confine avrebbe forse potuto mitigare il fenomeno.





La mobilità attiva, ovvero coloro che scelgono di restare all’interno della Asl, rappresenta invece solo il 6,5%, tanto da far piazzare Teramo al 55° posto per tasso di immigrazione.

Bene la Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila, settima nella classifica nazionale, ma per virtù: il rapporto tra la percentuale di persone che per curarsi vanno fuori e quelle che arrivano è infatti positivo, con rispettvamente il 14,8% e il 19,8%.

Scorrendo la classifica, si trova Pescara al 35° posto con mobilità passiva al 10,2% e quella attiva al 10,7, e poi Chieti al 43° posto, con un’emigrazione al 9% e una immigrazione al -14,2%.





Del dato aquilano si dice molto soddisfatto il direttore generale, Giancarlo Silveri. “Si tratta di un riconoscimento al lavoro corale e di squadra che ha portato tutto il nostro personale, amministrativo e medico, a fare in modo che ci fosse maggiore qualità dei servizi – dice ad Abruzzoweb – Per il 2013, credo che potremo ottenere un dato anche migliore del 2012. Stiamo lavorando con il consueto ritmo. Vorrei far notare che i dati tengono conto sia delle strutture pubbliche che private, che nel nostro caso rappresentano un terzo del complessivo”.

Proprio sui dati relativi alla Asl numero 1 si era consumato un duro scontro tra il manager e il centrosinistra che invocava dimissioni da una parte (Stefania Pezzopane) e sottolineava la negatività dei dati dell’azienda (Massimo Cialente).

“La classifica uscita dimostra che si può polemizzare quanto si vuole – conclude – ma più che le chiacchiere a parlare sono i dati. Non è giusto che per colpire una persona, si debba denigrare un’intera squadra”.

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