SANITA’: OLTRE 5 MILA ABRUZZESI SONO CELIACI, REGIONE SEMPRE PIU’ ”GLUTEN FREE”

di Alessia Centi Pizzutilli

19 Febbraio 2019 06:15

Regione -

L'AQUILA – Sono 5.071 gli abruzzesi affetti da celiachia, malattia multifattoriale per lo sviluppo della quale sono necessari due fattori: uno ambientale, il glutine nella dieta, ed uno genetico, la presenza delle molecole DQ2/8 sulla membrana delle cellule del sistema immunitario. 

Sono i dati che emergono dalla relazione annuale al Parlamento del Ministero della Salute sulla celiachia, aggiornati al 2017, anno in cui la Regione Abruzzo ha sostenuto 6 milioni e 419mila euro di spesa per l’acquisto di alimenti privi di glutine, pari a una quota pro-capite di 1.265 euro. 

“Nel 2017 in Italia il numero di celiaci ha superato i 200 mila soggetti con un incremento medio annuale di circa 10.000 diagnosi. Dopo la diagnosi certificata, l’unica prescrizione ‘terapeutica’ per la celiachia è un regime alimentare rigorosamente senza glutine. Per contribuire ad una dieta corretta il Servizio Sanitario Nazionale eroga gratuitamente ogni mese un budget per l’acquisto di alimenti senza glutine specificamente formulati per i celiaci. Gli alimenti erogabili sono di fatto alimenti sostitutivi di quelli che tradizionalmente sono prodotti con cereali che contengono glutine e che nell’ambito della dieta svolgono la stessa funzione”, si legge nella prefazione della relazione, firmata dal Ministro della Salute, Giulia Grillo. 

L’elenco di tali alimenti è contenuto in un Registro Nazionale specifico ed è consultabile online all'indirizzo http://www.salute.gov.it/portale/home.html.

Nell’ambito dell’esercizio finanziario 2018 e sulla base dei dati del 2017, sono stati impegnati e pagati a favore delle Regioni 320.111,59 euro per garantire la somministrazione di pasti senza glutine e 534.427,43 euro per le attività formative destinate agli operatori alimentari che lavorano nella ristorazione.

I dettagli della ripartizione delle somme stanziati in Abruzzo: per la somministrazione dei pasti senza glutine: 8.012 euro, per l'organizzazione di moduli informativi 64.971 euro.

La celiachia colpisce prevalentemente le donne: in Abruzzo sono 3.644 i casi diagnosticati a questa categoria, 145.759 casi a livello nazionale, mentre sono registrati  1.427 casi riguardanti gli uomini, 60.802 su base nazionale. 

FATTORI PER LO SVILUPPO DELLA MALATTIA

Tornando ai fattori necessari per lo sviluppo della celiachia, il Ministero sottolinea che “solo il 3% delle persone geneticamente predisposte, che consumano glutine, sviluppa prima o poi la celiachia. Questo significa che esiste uno o più fattori che scatenano questa malattia. Escluso che questo fattore possa essere le modalità di alimentazione nel primo anno di vita, recenti evidenze sperimentali hanno mostrato che specifici peptidi derivati dalla digestione della gliadina, contemporaneamente alla presenza di un virus, potenziano la risposta immune innata della mucosa intestinale contro le infezioni virali provocando un’infiammazione locale e soprattutto innescando una reazione autoimmune che può portare alla comparsa della celiachia. Questi risultati aprono nuove prospettive nel follow-up delle persone predisposte”.

Sempre in tema di infezioni virali e patogenesi della celiachia, uno specifico virus, l’Epstein-Barr Virus, è stato associato alla celiachia refrattaria. La celiachia refrattaria è una complicanza in cui evolve la celiachia in una piccola percentuale di casi (meno del 1%) ed è caratterizzata dal mancato miglioramento istologico e clinico dopo 12 mesi di dieta senza glutine. Al momento non si conoscono ancora le cause dell’evoluzione della celiachia nella forma refrattaria ma è stato descritto che nella mucosa duodenale dei soggetti con celiachia refrattaria un’infezione attiva da EBV è presente molto più frequentemente che nei soggetti con celiachia non trattata.

La diagnosi di celiachia refrattaria è difficile perché spesso si accompagna alla negativizzazione degli anticorpi anti-transglutaminasi nel sangue periferico. Pertanto è necessaria un’attenta esclusione delle altre condizioni patologiche che possono dare un’atrofia dei villi intestinali, tipo giardiasi o sprue tropicale, enteropatia da olmesartano e alcune forme di immunodeficienza congenita.





LA DIETA SENZA GLUTINE 

La dieta senza glutine è l’unico trattamento scientificamente accettato per le persone affette da celiachia. La corretta dieta senza glutine deve prevedere: 

A) alimenti e bevande non trasformati, quindi mono-ingrediente, che per loro natura non contengono glutine (es. acqua, carne, pesce, uova, frutta, verdura, legumi ecc.). Per tali alimenti l’assenza di glutine è scontata per cui la dicitura “senza glutine” in etichetta è illegittima e fuorviante perché induce il consumatore a credere che non sia una caratteristica comune di quella tipologia di alimento; 

B) alimenti e bevande trasformati che per natura, composizione e processo di produzione non prevedono l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine (es. latte, formaggio, olio, aceto, zucchero, miele, marmellata, confettura, gelatina di frutta ecc.); per tali alimenti l’assenza di glutine è scontata e non comprende varianti contenenti glutine. In questo caso la dicitura “senza glutine” è illegittima e fuorviante perché potrebbe indurre il consumatore a credere che non sia una caratteristica comune di quella tipologia di alimento; 

C) alimenti e bevande trasformati che per tradizione nella ricetta/formula di produzione possono prevedere l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine ma che sono stati prodotti con ingredienti naturalmente privi di glutine (es. bevande a base di frutta, preparazioni a base di frutta, preparazioni a base di carne, preparazioni a base di pesce, preparazioni a base di verdure, preparati per brodi e sughi, dessert vari, zuppe, minestre e minestroni di cereali ecc.); per tali alimenti la dicitura “senza glutine” può essere utilizzata perché questa tipologia di prodotti comprende varianti contenenti glutine. Tali alimenti possono vantare volontariamente in etichetta anche la dicitura “adatto alle persone intolleranti al glutine” o “adatto ai celiaci”; 

D) alimenti trasformati che per tradizione nella loro composizione prevedono l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine ma che sono stati prodotti, preparati e/o lavorati appositamente con ingredienti naturalmente senza glutine o con ingredienti deglutinati (es. pane, pizza, pasta, biscotti e alimenti similari). Tali alimenti di fatto rappresentano i sostituti senza glutine degli alimenti che di solito il glutine lo contengono. In questo caso l’indicazione “senza glutine” può essere utilizzata volontariamente insieme alla dicitura “specificamente formulato per persone intolleranti al glutine” o “specificamente formulato per celiaci”. 

Dal 2017, con la revisione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), la celiachia e la sua variante clinica, la dermatite erpetiforme, sono state trasferite nell’elenco delle malattie croniche invalidanti. La nuova collocazione prevede il regime di esenzione sia per tutte le prestazioni sanitarie successive alla diagnosi, sia per gli alimenti “senza glutine specificatamente formulati per i celiaci” (es. pane, pasta, biscotti, pizza, cereali per la prima colazione e alimenti similari) che devono coprire il 35% del fabbisogno energetico totale giornaliero da carboidrati senza glutine. 

Il celiaco, infatti, una volta ottenuta una diagnosi certificata deve seguire una dieta varia ed equilibrata ma rigorosamente senza glutine il cui apporto energetico giornaliero da carboidrati come per tutti deve essere di circa il 55% di cui però il 35% deve derivare da alimenti senza glutine (D) mentre il restante 20% deve provenire da alimenti naturalmente privi di glutine (A, B e C). 

A supporto della dieta senza glutine il Sistema sanitario nazionale nel 2017 ha speso in prodotti senza glutine erogabili circa 250 milioni di euro, con una media annua nazionale di circa 1.200 euro pro capite. 

GLI ALIMENTI “SENZA GLUTINE” 

Per i celiaci la completa esclusione del glutine dalla dieta è una pratica più semplice rispetto al passato grazie alla nutrita offerta di prodotti senza glutine presenti sul mercato. Il glutine è un complesso proteico elastico e viscoso che si forma durante l’impasto delle farine di alcuni cereali e scatena la celiachia in soggetti geneticamente predisposti. I cereali contenenti glutine maggiormente utilizzati come ingredienti negli alimenti sono: – tutti i cereali appartenenti al genere Triticum (es. grano tenero – triticum aestivum; grano duro – triticum durum; grano khorasan – triticum turanicum; spelta o farro grande – triticum spelta; farro o farro medio -triticum dicoccum; monococco o farro piccolo – triticum monococcum); – la segale; – l’orzo. 

L’avena, pur essendo considerata dalla normativa un cereale contenente glutine, rappresenta un caso particolare.
 
Secondo le evidenze scientifiche disponibili l’avena può essere inserita nella dieta della maggior parte dei celiaci senza effetti negativi per la salute. Infatti prodotti a base di avena, specificatamente formulati per i celiaci, sono presenti nel Registro Nazionale dei prodotti erogabili. 





L’avena, per essere impiegata come ingrediente in tali prodotti, deve avere un contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm (test Elisa con anticorpo R55 ). 

La presenza dell’avena nella dieta senza glutine resta comunque una questione ancora oggetto di studi e ricerche da parte della comunità scientifica. 

Ma come è possibile per il cittadino celiaco distinguere tra un prodotto non adatto alla sua dieta rispetto a quello che invece lo è? La risposta è nell’etichetta. Quando un cereale contenente glutine è presente in un alimento deve essere obbligatoriamente inserito nella lista degli ingredienti) e anche indicato in maniera diversa rispetto agli altri ingredienti elencati6 ossia più evidente per dimensioni, stile o colore di sfondo. 

La parola “glutine” può anche essere aggiunta su base volontaria, ma è il nome specifico del cereale che deve essere riportato in maniera più evidente: ad esempio “farina di frumento (contiene glutine)”. 

Anche qualora un cereale contenente glutine sia presente in un alimento a causa di contaminazione accidentale che non si sia in grado di escludere, pure a seguito delle procedure di autocontrollo, deve essere indicato in etichetta con indicazioni del tipo “può contenere”. 

La normativa vigente richiama gli operatori del settore alimentare alla massima responsabilità sia nel dichiarare gli allergeni presenti nell’alimento sia nell’evitare il verificarsi delle contaminazioni crociate. 

Infatti, nel caso in cui un operatore, pur avendo effettuato una corretta analisi del rischio e pur avendo adottato un adeguato piano di autocontrollo, appurasse, per cause di contaminazione accidentali e inevitabili, l’impossibilità di garantire l’assenza di glutine7 nella fabbricazione dei suoi alimenti, lo stesso operatore può legittimamente riportare sulle etichette dei propri prodotti la dicitura: “può contenere …” specificando il cereale da cui proviene la contaminazione, eventualmente accompagnato dal termine glutine. 

Gli alimenti che generalmente tra i propri componenti prevedono l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine, ma sono stati prodotti appositamente con ingredienti naturalmente senza glutine, possono utilizzare l’indicazione “senza glutine”. 
Se poi nella dieta rappresentano i sostituti senza glutine degli alimenti che di solito il glutine lo contengono possono dichiararsi specificatamente formulati per i celiaci. 

Gli alimenti che riportano volontariamente in etichetta, nella presentazione o nella pubblicità la dicitura “senza glutine” devono necessariamente vantare varianti con ingredienti contenenti glutine e devono essere prodotti in stabilimenti che, sulla base dell’analisi del rischio, presentano nel proprio piano di autocontrollo procedure per la gestione del rischio da glutine.

Nel caso l’indicazione “senza glutine” fosse utilizzata per alimenti in cui non si riscontra generalmente la presenza di glutine perché naturalmente assente negli ingredienti essenziali e caratteristici, tale dicitura sarebbe impiegata in maniera illegittima e sleale poiché rimarcherebbe una caratteristica scontata e comune a tutti gli altri alimenti che appartengono alla stessa categoria. (a.c.p.)

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