RICOSTRUZIONE: TREMANO AMMINISTRATORI, LEGGE E PM VIGILANO SUI ”NUOVI RICCHI”

di Alberto Orsini

29 Settembre 2014 08:36

L'Aquila -

L’AQUILA – Continuano le indagini sugli amministratori di condominio che si occupano della ricostruzione post-sisma dell’Aquila dopo il primo caso di indagini per corruzione a carico di uno di essi, Claudia Colacchi, una vera e propria svolta giudiziaria.

Il sindaco del capoluogo, Massimo Cialente, ha gridato allo scandalo facendo notare di aver già denunciato da tempo sbocchi di malaffare.

Un po’ di imbarazzo però, lo ha suscitato il fatto che l’indagata fosse tra i candidati del Partito democratico alle elezioni amministrative 2012 che hanno portato alla rielezione del primo cittadino, peraltro con un magro il contributo alla causa, 28 preferenze singole.

A tremare è nel complesso l’intera categoria: sia quelli che l’amministratore lo fanno per professione, sia chi ci si è ritrovato per caso, eletto tra gli inquilini di un palazzo.

Senza fare allarmismi, per loro non c’è da stare allegri. Tanto per il passato, perché l’inchiesta-zero è partita 2 anni fa e sono stati annunciati sviluppi, da quanto si è appreso anche clamorosi.

Altrettanto per il futuro, perché con questa nuova interpretazione giudiziaria della figura dell’amministratore come incaricato di pubblico servizio, e quindi con molte delle responsabilità del pubblico ufficiale, tra cui la procedibilità per corruzione, non si potrà più essere disinvolti come nei primi anni del post-sisma a trattare con le aziende e ad affidare i lavori.

L’indagine giudiziaria ha portato alla luce con ipotesi di reato precise quello che AbruzzoWeb aveva evidenziato molti anni fa con un’inchiesta giornalistica che denunciava lo strapotere degli amministratori.





In particolare da questo giornale, anche attraverso segnalazioni e documenti ricevuti, sono stati evidenziati numerosi casi in cui, a un certo amministratore, si affiancavano sempre lo stesso progettista e la stessa ditta, “coppie” e “triadi” con coincidenze più che singolari.

Contro questi articoli si è scagliato uno degli amministratori più gettonati, Mauro Basile, che ha querelato AbruzzoWeb per diffamazione così come anche il costruttore Gabriele Gravina, anch’egli citato negli articoli.

Tremano, come si diceva in principio, gli amministratori, e lo fanno soprattutto dopo che la magistratura si è sostituita al legislatore o quantomeno lo ha anticipato, visto che l’equazione capocondòmino-incaricato di pubblico servizio figura anche nel progetto di nuova legge sulle regole della ricostruzione che dovrà essere approvato nei prossimi mesi, anticipato su queste pagine.

Una toppa per colmare quanto fatto, o meglio non fatto, nel primo quinquennio, con le istituzioni che sono apparse inermi e ferme nei confronti dell’unico buco nero della ricostruzione.

Le indagini della procura della Repubblica sono in pieno svolgimento, ma erano iniziate già pochi mesi dopo il terremoto, quando si era capito che gli amministratori spesso andavano oltre il loro ruolo di partenza.

Nei primi anni i giudici non sono intervenuti, non essendoci una norma e dovendo ancora coniare quell’interpretazione, ma di amministratori ne sono stati tenuti sott’occhio in tanti, soprattutto quelli che vanno per la maggiore.

Eppure, fino al colpo di scena dell’escamotage giudiziario, per 5 anni hanno costituito l’unica categoria esente da indagini note, complice la natura del finanziamento per la ricostruzione degli edifici privati: indennizzo e non contributo, in soldoni lavori affidati con trattativa diretta e privata e senza i rigidi vincoli delle gare pubbliche.

Unica, parziale eccezione, l’inchiesta che ha visto citato tra le carte, ma non coinvolto, Lamberto Biasini, geometra, ex costruttore e amministratore di condominio tra i più quotati che interessava alla ndrangheta calabrese come testa di ponte sull’Aquila. A finire indagato è stato, invece, il figlio Stefano, imprenditore edile.





Rimarcare lo strapotere di queste figure non significa gettare la croce sulla categoria nel suo complesso, facendo di tutta l’erba un fascio, ma è bastata una sola indagata a far venire i sudori freddi a tutti quelli che sono andati al di là delle loro competenze, pur senza prendere mazzette.

Nella media delle numerose e diversissime fattispecie, infatti, gli amministratori si sono rivelati figure che hanno svolto e tuttora svolgono ruoli ben più importanti dal semplice coordinare le assemblee.

In molti casi hanno deciso tecnici e imprese, assumendo peso specifico e ruolo decisivo anche raggranellando le deleghe dei condòmini, visto che sono pochi i cittadini avveduti e il sisma ha disorientato la gente, portandola talora a disinteressarsi delle beghe burocratiche.

E le parcelle sono state spesso salate, tanto che per alcuni questi professionisti finiranno per diventare i futuri industriali del capoluogo di Regione, vista l’entità e il peso degli appalti che hanno incamerato. Il cachet era del 2% fisso all’inizio, in epoca di ricostruzione leggera.

Successivamente, quando si è visto che per i lavori più ingenti comandare l’assemblea costituiva un biglietto per l’Eldorado, la commissione è stata rimodulata e resa variabile nell’ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri (Opcm) numero 4013, con una percentuale a scalare secondo il valore della commessa  fino allo 0,2 per contributi oltre i 10 milioni.

Un freno all’arricchimento, ma comunque una manna per chi ha fatto incetta di incarichi, pur a pieno titolo: AbruzzoWeb ha fatto una simulazione con 28 tra condomini e aggregati che avrebbero fruttato a un amministratore oltre 700 mila euro, pur avendo i tecnici e le imprese responsabilità sicuramente maggiori.

Situazioni che non piacevano a tutti, ma che nessuno poteva denunciare se avesse ravvisato situazioni poco chiare: in tutto questo quinquennio, e sarà ancora così fino all’approvazione della nuova legge, non c’è mai stato un organo cui rivalersi per vie legali, ancora una volta a causa della natura privatistica degli affidamenti.

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