L'IMPRENDITORE, ''COSTI E TEMPI DELLA GIUSTIZIA INIBISCONO LE DENUNCE'' LA PROPOSTA DI UNO SPORTELLO PER LA VERIFICA DEI VERBALI D'ASSEMBLEA

RICOSTRUZIONE: ”LA PROCURA NON BASTA, MANCANO ENTI DI CONTROLLO TECNICO”

di Filippo Tronca

14 Novembre 2015 08:04

L'Aquila -

L’AQUILA – Se la ricostruzione privata all’Aquila finalmente procede a ritmi sostenuti, e si moltiplicano le gru sopra la città, è anche la lentezza della giustizia, e i suoi costi, a dissuadere i cittadini dal denunciare procedure dubbie all’interno delle assemblee dei proprietari, che pure assegnano lavori milionari.

E non esistono supporti e organi di consulenza gratuiti che li aiutino preventivamente a vigilare sulla correttezza dell’operato di presidenti e progettisti, ed evitare abusi e furbate.

“Un cittadino scrupoloso, che tiene al rispetto delle regole nella ricostruzione privata post-sisma, per segnalare dubbi o abusi non ha altra possibilità che rivolgersi alla giustizia ordinaria, con costi e tempi che, però, spesso sono da soli un potente dissuasore”, afferma ad AbruzzoWeb Paolo Tella, presidente del Consorzio di imprese L’Aquila 2009 e consigliere Cna L’Aquila

Se, invece, lo stesso cittadino, volesse avere anche solo un parere o essere rassicurato sulla correttezza di una delibera, non esiste alcun ufficio a cui possa rivolgersi: da nessuna parte è possibile avere un chiarimento sulla correttezza degli atti deliberatori né sull’interpretazione delle complesse norme applicabili.

Non esistono neanche delle Faq (domande più frequenti) pubbliche e tutte le interpretazioni restano nelle aree riservate delle associazioni di categoria ma, soprattutto, non sono a disposizione della gente e non possono essere prese a riferimento dai cittadini proprietari privati.

“Anche se una segnalazione venisse indirizzata al Comune, come ha dichiarato il vice sindaco, Nicola Trifuoggi, lo stesso ente pubblico la inoltrerebbe alla procura della Repubblica che, però, non ha il potere di sospendere i lavori né di intervenire a tutela dei cittadini, ma solo quello di indagare e punire gli eventuali abusi”, fa notare Tella.

Senza contare che molti cittadini un avvocato non possono permetterselo, per sostenere cause che possono durare anni, sperando in una sentenza destinata ad arrivare a casa già ricostruita, per di più, nel frattempo, magari inimicandosi buona parte del suo futuro vicinato.

E questo senza ottenere alcun beneficio concreto sulla qualità e sulla sicurezza sismica della ricostruzione della propria casa.

“Cosa ben diversa – propone dunque Tella – sarebbe quella di avere la possibilità, se ne esistessero le motivazioni, di sospendere l’efficacia di una delibera assembleare e riproporla spiegando ai proprietari che la scelta deve essere loro e deve essere ragionata in base a requisiti obiettivi”.

“Questa era la funzione del Rup (responsabile unico del procedimento come nelle gare pubbliche, ndr), ipotizzata in una delle prime versioni del decreto di riordino, ma poi eliminata, insieme alla white list e ai criteri per la scelta delle imprese”, ricorda





Nel campo della ricostruzione privata, come in tanti altri campi, la soluzione potrebbe essere quella di un controllo preventivo, di un supporto concreto da parte degli organismi istituzionali, a cominciare dagli uffici speciali per la ricostruzione e dai Comuni, a beneficio della stragrande maggioranza dei cittadini proprietari che non hanno competenze su complesse tematiche amministrative.

“Il processo decisionale delle assemblee dei proprietari, a cominciare dai verbali – suggerisce dunque Tella – dovrebbe essere sottoposto a costante controllo, al pari delle schede parametriche e dei progetti. È semplicemente la verifica della procedura amministrativa necessaria all’utilizzo di soldi pubblici”.

“Se è vero che abbiamo voluto affidare la ricostruzione ai privati è vero che questi, spesso, non hanno le competenze necessarie a interpretare le leggi né a valutare consapevolmente le diverse opportunità – sottolinea – Servono sportelli dedicati e personale specializzato a cui i cittadini possano rivolgersi, gratuitamente, per qualsiasi dubbio o perplessità sulla correttezza e legittimità dell’iter, uffici che dovrebbero avere anche il potere di suggerire correttivi immediati annullando le deliberazioni viziate da errori”.

“Sarebbe utilissimo trovare un sistema di concertazione per evitare le denunce, per evitare l’insinuazione di reato, per evitare quel terribile clima di sospetto deleterio per tutti”, conclude.

IL MALAFFARE TRA LE PIEGHE DELLE NORME

L’affidamento dei lavori di ricostruzione dipende, infatti, dalle scelte fatte a maggioranza dalle assemblee dei proprietari.

Spesso, però, come evidenziato a più riprese da AbruzzoWeb e confermato dalle recenti inchieste giudiziarie, la parte del leone la fanno i presidenti e amministratori di condominio nel determinare l’affidamento degli appalti a questa o quella ditta. In cambio, è emerso in alcuni casi, di regalie e utilità.

Benefit “coperti” da alcune imprese gonfiando i danni effettivi dell’edificio da ristrutturare, d’intesa con progettisti compiacenti.

In assenza di norme stringenti sulla ricostruzione privata, visto che poco è stato fatto, in questo senso, anche nel decreto legge “Enti territoriali”, con la mancanza dell’uso delle regole degli appalti pubblici nei lavori privati, carenza di cui si è lamentato anche il procuratore della Repubblica, Fausto Cardella, che rimpiange la severa bozza dell’allora sottosegretario alla Ricostruzione Giovanni Legnini, ora vice presidente Csm.

Non a caso, secondo il vice sindaco del capoluogo Trifuoggi, la procura starebbe passando al setaccio 1.700 pratiche sospette.

Trifuoggi, ex magistrato, ha invitato i cittadini a denunciare e collaborare e considera “il lucrare sul terremoto fatto ancora più ignobile di quei costruttori, non abruzzesi, che ridevano la notte del sisma”, come dichiarato al quotidiano Il Messaggero.

Cardella, dalla sua, ha dichiarato che esiste all’Aquila un “sottobosco di appalti selvaggi” e richiamato la necessità di leggi più stringenti per la ricostruzione con l’attivazione di white list e mini gare, prima inserite nella bozza di legge Legnini e poi eliminate.





Il prefetto, Francesco Alecci, ha dichiarato appena ieri, alla presentazione di una piattaforma di studi su lavori e reati, che parte della città “è coinvolta anche con reati infimi, con morti di fame che delinquono per poche migliaia di euro”.

Questo giornale spesso ha parlato di affidamenti selvaggi e di strapotere di categorie come amministratori di condominio, di imprese, di tecnici e di faccendieri.

“Le nuove norme contenute nel decreto Enti territoriali – spiega Tella – sono ormai un chiaro riferimento normativo per la gestione di tutte le procedure di affidamento e gestione dei lavori: sono definiti sia il possesso di requisiti da parte delle imprese sia la responsabilità degli amministratori, ormai equiparati a funzionari pubblici; inoltre per effetto della legge n. 134 del 2012, la cosiddetta legge Barca, è definita la modalità di selezione con l’obbligo a comparare almeno 5 offerte”.

Tuttavia, obietta subito dopo, “la legge attuale non impedisce a un’assemblea dei proprietari di scegliere anche l’impresa con meno requisiti, in termini di affidabilità ed esperienza, tra le cinque che obbligatoriamente fanno l’offerta”.

“Per esempio, se pure un’impresa dimostra di avere Soa illimitate (certificazioni allo svolgimento di lavori pubblici, ndr), centinaia di operai, decine di milioni di euro di fatturato e anni di esperienza in quella determinata tipologia di lavori, non c’è alcun obbligo per i proprietari a sceglierla”, rileva.

“E nulla impedisce loro di far ricostruire l’edificio da un’impresa dieci volte più piccola. L’incarico viene considerato fiduciario – ricorda – I requisiti sono richiesti e obbligatori, ma la nuova legge non li pone come elementi determinanti a base della scelta”.

L’esperto fa notare che “le scelte si basano su un criterio fiduciario tra l’assemblea e il progettista o l’impresa. Non si basano sull’analisi obiettiva dei requisiti e – attacca – non esistendo la white list di ditte affidabili, non c’è nessuna possibilità di andare oltre le autodichiarazioni. Anche gli amministratori, se pur equiparati e funzionari di pubblico servizio, non hanno accesso alle informazioni prefettizie. Ho partecipato ad assemblee in cui i proprietari analizzavano le imprese in base agli articoli dei giornali!”.

E se un cittadino sospetta che c’è qualcosa che non va, o che immagina che le autodichiarazioni siano false e che è davvero anomalo l’autolesionismo dei suoi condomini nell’aver scelto la ditta a suo vedere più scadente, di certo non ha potere di impugnare un bel niente se l’assemblea si è riunita secondo tutti i crismi e ha deciso in tal senso.

Tutto questo in base a norme che, pur variate di recente, ancora oggi non sottopongono la ricostruzione privata, anche per appalti da svariati milioni di euro, ai criteri di selezione e meritocrazia a cui è sottoposta quella pubblica che avviene secondo le rigide regole del codice degli appalti.

A meno che il citato proprietario non abbia indizi concreti o prove di atti di corruzione, da segnalare alle autorità competenti attraverso esposti. Ma non è certo la maggioranza dei casi.

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