RICOSTRUZIONE: GUERRA DI SUCCESSIONE PER APPALTI ABBANDONATI DA SERTECH

di Filippo Tronca

26 Gennaio 2016 07:28

L'Aquila -

L'AQUILA – La ditta veneta Sertech ha finito i soldi, e lascia a metà appalti milionari della ricostruzione post sisma aquilana e centinaia di cittadini nella disperazione, evidenziando tutti i limiti e i buchi neri delle regole della ricostruzione privata.

Non solo perchè non hanno impedito che ciò accadesse, ma perché non offrono chiare indicazioni di una via d’uscita veloce ed efficace. Mentre intorno agli appalti abbandonati, passati più volte di mano, si scatena la guerra di successione tra le imprese aquilane e non solo.

La Sertech comunque, per voce dell’amministratore delegato Jacopo Silva, ha annunciato che sta lavorando in questi giorni “a una definizione positiva per riprendere i lavori in tutti i suoi cantieri all’Aquila”.

È forse la punta di un iceberg, la vicenda degli appalti bloccati della Sertech, importante ditta edile veneta di Mirano, che da mesi ha interrotto i lavori, “per mancanza di liquidità”, nei cantieri di una dozzina di palazzi singoli e “aggregati” in via Verdi, in piazza Santa Giusta, nei pressi della Fontana luminosa, tutti nel centro storico, ma anche nel quartiere di Santa Barbara e in via Colombo Andreassi, per circa 10 milioni di euro.

Centinaia di condòmini, assieme all'azienda, in queste ore cercano la strada per uscirne, e intorno agli appalti si scatenano le pressioni di altre aziende che vorrebbero subentrare. Si è sparsa la voce, ad opera degli stessi condòmini, di un possibile affidamento dei lavori all'abruzzese Di Vincenzo, in quanto “dovunque ha lavorato nella ricostruzione lo ha fatto in maniera eccellente”.





Dichiarazioni che hanno irritato non poco altre imprese interessate al subentro, che legittimamente chiedono questa volta procedure chiare e “pari opportunità” per l’affidamento degli appalti.

Il Comune con l’assessore Piero Di Stefano, si limita per ora a dire che “sono i proprietari a dover decidere, la palla è in mano ai presidenti di consorzio e agli amministratori di condominio, che per legge sono incaricati di pubblico servizio”. Il Comune assieme ai proprietari sta solo cercando la strada per pagare i lavori in subappalto, e per evitare il pagamento delle penali per i ritardi accumulati, con la sospensione momentanea dei termini.

Il riaffidamento dell’appalto dovrà essere invece deciso all’assemblea dei proprietari, che potrà  assegnarlo alla seconda delle cinque ditte che avevano fatto la loro offerta, via via alle altre tre ditte. Se nessuna di esse avrà però i requisiti, più stringenti, introdotti dal decreto Enti locali dell’estate 2015, l’alternativa potrà essere un nuovo “bando” privato con altre cinque offerte. Solo in caso di inerzia da parte dei proprietari, il Comune potrà commissariare la ricostruzione dei loro palazzi, e affidare i lavori. In ogni caso una strada incerta e dai tempi lunghi.

L'aspetto emblematico della vicenda è poi che l’assemblea dei proprietari non è la prima volta che opera scelte che non si sono dimostrate le migliori nell’affidamento dei lavori, dando fiducia a maggioranza ad altre imprese che si sono passate di mano negli anni il pacchetto di appalti. Prima che subentrasse il divieto di cessione di appalti della ricostruzione e di rami di azienda, con il decreto enti locali approvato nell’estate 2015.

La Sertech è subentrata infatti nell’aprile 2015 alla Palomar di Venezia, che fa parte del gruppo Mantovani, che a sua volta era subentrata alla Consta consorzio stabile di Padova.





Il primo passaggio da Consta, gravata dai debiti, a Palomar, era stato contestato da una parte molto minoritaria dei condòmini, ma la Palomar arrivò a diffidarli all’autorità giudiziaria, evidenziando l’assoluta correttezza dell’operazione, che aveva avuto il via libera del tribunale di Padova, a rilevare in affitto un ramo d'azienda della Consta, e di conseguenza i progetti di recupero post-sismico di edifici privati.

I lavori della Palomar, cominciati nell’autunno 2014, hanno registrato da subito un andamento lento, e pochi mesi dopo, ad aprile 2015, la Palomar ha ceduto l’appalto alla Sertech.

Tutti passaggi che hanno avuto ovviamente il via libera dell’assemblea, che è sovrana nelle scelte, ma che gestisce soldi pubblici. E se qualcosa va storto, come in questo caso, se la scelta cade anche per indebite pressioni o per semplice mancanza di esperienza in un campo, quello dell’edilizia molto complesso e spinoso, a pagare sono i contribuenti, per il prolungarsi dei lavori, per lo stop del processo di ricostruzione, per l’aumento dei costi dell’assistenza agli sfollati.

Per questa ragione c’è chi in queste ore torna ad invocare l’istituzione di un organismo di supporto e vigilanza presso gli Uffici speciali della ricostruzione, che assista i condòmini a vigilare sulla correttezza dell’operato di presidenti e progettisti, ad evitare abusi e o anche affidamenti a ditte che non danno garanzie di solidità economica e del rispetto dei tempistiche e della qualità del lavoro attesa e promessa. Non basta, insomma, che l'Ufficio speciale della ricostruzione valuti con il lanternino i progetti, e l'aspetto tecnico, occorre che entri nel merito dei requisiti delle ditte.

Il cittadino che avesse rilevato procedure non corrette o semplicemente inopportune, non avrebbe avuto altra strada che rivolgersi alla magistratura ordinaria, con costi e tempistiche spesso e volentieri proibitive.

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