PROSEGUE GUERRA DI POTERE CHE HA PORTATO AL DEGRADO LA CATTEDRALE

RICOSTRUZIONE CATTEDRALE DELL’AQUILA: CURIA CERCA DELRIO PER APPALTO,NON VA

di Alberto Orsini e Berardino Santilli

8 Gennaio 2015 08:11

L'Aquila -

L’AQUILA – L’anno nuovo porta sempre delle certezze con sé e una di queste, all’Aquila, è l’abbandono totale della cattedrale di San Massimo, uno dei monumenti più importanti della città e fiore all’occhiello del centro storico.

Non solo: a quasi 6 anni dal terremoto del 6 aprile 2009, dopo la messa in sicurezza senza alcuna copertura provvisoria né successiva manutenzione, sull’edificio sacro non sono stati fatti interventi.

I 45 milioni di euro previsti per il recupero sono fermi e le aziende che si sono aggiudicate l’appalto, l’associazione temporanea d’imprese (Ati) composta da Sac Spa, Costruzioni Iannini Srl e Dp Restauri Srl, aspettano e potrebbero anche agire legalmente contro il Consorzio che ha gestito la gara privata.

Come potrebbero adire le vie legali progettisti e anche gli altri consorziati, per i quali si stanno allungano sensibilmente i tempi per rientrare in casa.

Risultato: il Duomo viene lasciato letteralmente a marcire, essendo tra l’altro ancora sprovvisto di copertura provvisoria alla voragine che si è aperta sul tetto con la scossa delle 3.32: non a caso lo scorso anno AbruzzoWeb ha documentato come ormai crescesse l’erba sul pavimento.

E la recente nevicata non può aver fatto altro che peggiorare le cose, mettendo ancora di più a rischio il monumento.

In questo clima di caos, di confusione e di rischio maxi-contenzioso, emerge la grave responsabilità della Curia e del suo capo, l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi, ‘azionista di maggioranza’ del consorzio Sant’Emidio, con quest’ultimo che non sembra preoccuparsi dell’emergenza e del degrado di un luogo sacro simbolo dell’Aquila, visto che sta ancora continuando, senza successo alla luce della scarsa autorevolezza, la guerra con Comune dell’Aquila e direzione regionale dei Beni culturali, per gestire con modalità privatistiche l’intera milionaria somma.

Eppure la volontà di incidere della Chiesa aquilana, che per questo si è attirata la dura critica di voler fare affari, è finita anche nelle carte della procura della Repubblica dell’Aquila, in particolare nell’inchiesta “Betrayal” su presunte mazzette sulla ricostruzione dei beni artistici ed ecclesiastici, che vede il presidente di Consorzio, Augusto Ippoliti, nominato su indicazione della Curia, tra gli indagati.





Si tratta di un documento inviato dall’allora vescovo ausiliare dell’Aquila, monsignor Giovanni D’Ercole, ora titolare ad Ascoli Piceno, nel quale si chiedeva all’allora premier, Enrico Letta, che avrebbe dovuto firmare un decreto, che la Curia, ente privato, potesse essere indicata come stazione appaltante di fondi pubblici per la ricostruzione dei suoi beni.

Insomma, la Chiesa aquilana e il suo arcivescovo appaiono l’anello debole della vicenda. Già la selezione per ricerca dell’impresa, pubblicata sul Sole 24 Ore, è stata definita bando della discordia, causando, tra le altre cose, un duro attacco dei costruttori ai vertici curiali per i requisiti richiesti che restringevano la cerchia dei pretendenti a pochissime imprese in Italia.

Non a caso, secondo quanto si è appreso, e a riprova che a Roma la Chiesa aquilana è poco accreditata, si registra il tentativo, andato a vuoto, di monsignor Petrocchi di incontrare il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio.

A questo punto sono molti coloro che in ambienti ecclesiastici ritengono che l’arcivescovo sbagli a non coinvolgere il Vaticano, ma evidentemente la soluzione non viene esperita per via della mancanza di contatti autorevoli.

La questione del Duomo blocca la ricostruzione di una fetta importante degli immobili limitrofi: la Cattedrale è inserita in un consorzio che comprende l’arcivescovado e palazzi privati, in larga parte vincolati, ma anche l’intervento in un aggregato confinante, commessa assegnata tre anni alla impresa Archeores, non può partire perché i lavori sono strettamente legati.

L’appalto è impastoiato da una guerra senza fine tra Curia e Comune, anche se quest’ultimo nei mesi scorsi, per bocca dell’assessore alla Ricostruzione Pietro Di Stefano, aveva annunciato la soluzione dei problemi dicendosi non ostile alla Chiesa.

Come ormai noto, l’ostacolo si trova nelle modalità di assegnazione della parte di finanziamento pubblico della commessa privata milionaria.

Da un lato, infatti, la Curia, che non ha mai abbandonato la speranza di contare nella ricostruzione del proprio patrimonio, chiede che la quota pubblica sia assimilata alla fetta privata, applicando una norma in vigore e decidendo a chiamata diretta l’impresa.





Dall’altro lato, Comune e direzione regionale Mibact si oppongono fermamente a questo scenario, sostenendo la necessità di un bando pubblico.

La commessa ha il valore complessivo di 45 milioni, divisi tra i 35 degli edifici privati e i 10 della parte pubblica, relativa proprio alla chiesa. Parte che i curiali vorrebbero far confluire nel calderone privato, operazione che suscita proteste e polemiche.

Una vicenda su cui c’era stato scontro tra i due vescovi dell’epoca, l’arcivescovo monsignor Giuseppe Molinari e l’ausiliare D’Ercole. L’arrivo di Petrocchi ha sanato i dualismi ma la strategia della stazione appaltante è proseguita, fin qui senza successo.

L’aggregato “della discordia” è stato aggiudicato alla fine all’Ati Sac, Iannini e Dp che, dopo aver praticamente cominciato i lavori, anche come forma di pressione, ora è in stallo.

A oggi, difatti, non sono stati ancora presentati dal presidente del consorzio Ippoliti e dal responsabile dei lavori, l’ingegnere Antonio Masci, i documenti alla Soprintendenza per determinare gli importi, in danno sia della diocesi che dei consorziati privati.

Nella loro offerta di gara le imprese aggiudicatarie erano disposte sia a iniziare l’installazione del cantiere e i lavori, in attesa del contributo definitivo, ma anche a effettuare la copertura provvisoria della cupola crollata, che per 5 anni ha esposto l’interno alle intemperie, tanto da far nascere l’erba sul pavimento e creare danni irreparabili: il bellissimo organo di San Massimo è ormai irrecuperabile.

L’Arcidiocesi ha sempre detto di non voler fare affari ma di voler contare nella ricostruzione delle sue cose.

Potrebbe tutelare l’operato di tutti gli attori del consorzio, compresi tecnici e impresa, al fine dell’interesse della collettività, sia per accelerare i tempi sia per evitare eventuali contenziosi che, comunque, bloccherebbero l’inizio dei lavori.

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