OPENDATA: NON PIU' DI 5 ADDETTI PER AZIENDA, UN TERZO STRANIERI. SINDACATI, CON DILAGARE SUBAPPALTI PIU' LAVORO NERO E CAPORALATO

RICOSTRUZIONE 2009: IL MISTERO DEI POCHI LAVORATORI IN GRANDI CANTIERI MILIONARI

di Filippo Tronca

8 Novembre 2018 06:30

L'Aquila -

L'AQUILA – Nel cantiere edile più grande d'Europa… piccolo è bello: le 3.248 aziende impegnate nella ricostruzione dell'Aquila e dei comuni colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009, hanno infatti un numero medio mensile di lavoratori occupati che si ferma ad appena 5 unità. Nei cantieri, molti dei quali dal valore di milioni di euro e che ricompredono aggregati molto grandi, operano poi in media 4,4 addetti. Il 45 per cento dei cantieri vede al lavoro appena 3 addetti, ed oltre il 90 per cento meno di 15, soglia oltre la quale, in base al Job act, scattano maggiori tutele contrattuali.

Anomalia che accredita l'ipotesi più volte avanzata dai sindacati di categoria, Fillea Cgil in testa, e nel sostanziale silenzio della politica e degli “aedi” della bella e buona ricostruzione, che il basso numero medio di lavoratori è legato al dilagare dei subappalti alle piccole e piccolissime aziende, spesso di fuori regione dove, la statistica ed anche le inchieste giudiziarie insegnano, è  più facile che si annidi la piaga del lavoro nero, e dello sfruttamento della manodopera con vari e furbeschi espedienti dietro la facciata del rispetto delle regole. Uno scenario dove prolifera il tumore  del caporalato e della malavita organizzata.

Tutti temi che saranno al centro del primo congresso Fillea Cgil Abruzzo-Molise, dal titolo “Il Lavoro è”, in programma per il 9 novembre prossimo, all’Hotel Villa Medici di Lanciano (Chieti).

I sorprendenti dati sono consultabili sul sito web di Opendataricostruzione,  progetto di ricerca curato dal Gran Sasso science institute (Gssi) dell'Aquila, in collaborazione con l’Università, il Comune, gli Uffici Speciali per la ricostruzione ed ActionAid. 

Il dato relativo alle maestranze impegnate nel cratere sismico 2009, aggiornato al 30 settembre, hanno come fonte l’Osservatorio dei flussi di manodopera costituito presso la Prefettura dell’Aquila, di cui fanno parte oltre alla Prefettura, i sindacati degli edili, le casse edili e gli organi ispettivi. 





Si scopre anche che dal marzo 2015, da quando cioè e stato avviato il monitoraggio, il numero medio di addetti per cantiere e stato sempre molto basso. Oscillando complessivamente da un minimo di 3.250 ad un massimo di 4.650 operai.

Con buona pace dello slogan elettorale del centrodestra al potere, “L'Aquila agli aquilani”, la città la stanno ricostruendo, ed anche bella e sicura, in parte significativa i lavoratori stranieri, europei ed extracomunitari, che a giugno erano 1.325 contro i 2.125 italiani. E ben pochi tra gli italiani sono poi aquilani. 

Per numeri di appalti fanno sempre più la parte del leone  le aziende abruzzesi, pari a 1.812, seguite da aziende classificate come di “provenienza sconosciuta”, 916 , e ancora provenienti da Lazio (241), Umbria (55), Marche (50), Campania (43), Veneto (25), Molise (18), Puglia (15), Emilia Romagna (13), Lombardia (9), Toscana (8), Basilicata, Friuli, Venezia Giulia e Sicilia (3), Piemonte e Calabria (2). Buona parte delle aziende si porta le maestranze dal territorio di provenienza.

Nel sito è  possibile consultare una mappa interattiva di tutti i cantieri in corso d'opera, ultimati e che devono ancora partire.

Cliccando a caso sui primi, di colore giallo, si scopre che in aggregati edilizi composti da piu palazzi vincolati, da svariati  milioni di euro, risultano al lavoro pochissimi operai, che si contano in molti casi sulle dita di una mano. Rare sono le eccezioni.





Ad aver lanciato l'allarme sul lavoro nero, del dunping contrattuale, è  da tempo la Fillea Cgil. Ed anche da imprese sane, iscritte all'Ance aquilana, che subiscono danni ingenti dalla concorrenza sleale.

La domanda che sorge spontanea è come sia possibile un così basso numero di addetti,  per cantieri così grandi e impegnativi, di interi isolati, dal valore di milioni?”.  A chiederselo  già nell'autunno del 2017 la Fillea L’Aquila, che ipotizzo un buon 30 per cento di lavoro nero nei cantieri della ricostruzione, nelle ditte subappaltatrici e concentrato specialmente nei borghi più piccoli del Cratere, dove i controlli sono meno frequenti o del tutto assenti.

La Fillea non a caso da tempo si dice contraria al meccanismo del cosiddetto Dol, il Documento unico di regolarita contributiva on line, che ha sostituito, a partire dal gennaio 2017, il Durc per congruità. Ma mentre quest’ultimo permetteva di andare a verificare, cantiere per cantiere, l’indice di congruità per manodopera, ossia il numero di operai che si suppone debba essere presente in un cantiere in base all’importo lavori, il Dol non prevede la verifica cantiere per cantiere ma va a controllare genericamente la regolarità dell’impresa. Altra anomalia è  che nel cratere sismico 2016, del Centro Italia, è stato previsto il Durc per congruità. 

Per arginare il fenomeno del lavoro nero occorrerebbe poi aumentare l’intensità dei controlli sui cantieri e il numero degli ispettori del lavoro, in numero oggi a dir poco inadeguato. 

Nella città che vuole essere smart, laboratorio di futuri possibili, capitale dell'hi tech e della qualità della vita, con il tunnel dei sottoservizi più “intelligente” forse al mondo, applicare adeguate risorse e tecnologie per rigorosi controlli sulle condizioni di lavoro di chi materialmente sta ricostruendo la città,  deve essere però sfida ancora troppo futuribile, e non alla portata.

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