OLTRE 200 IN TRIBUNALE DOPO RIDUZIONE COMPENSO PER PRESTAZIONI EXTRA DECISO DA DEL TURCO, QUASI TUTTI OTTENGONO RISARCIMENTI; ALBANO (FIMMG), ''ENTE NON TRATTA E VA IN CASSAZIONE, E RISCHIA ESBORSI ANCORA PIU' ELEVATI''

RICORSI MEDICI DI FAMIGLIA CONTRO TAGLI, BUCO MILIONARIO PER LE ASL ABRUZZESI

di Filippo Tronca

11 Novembre 2019 07:00

Regione - Politica

L'AQUILA – Un nuovo salasso, nell'ordine dei milioni di euro, si sta abbattendo sulle già non floride casse della Regione Abruzzo e delle sue quattro Asl provinciali.

È quello innescato dai ricorsi di oltre 200 medici di famiglia, numero destinato ad aumentare, ma anche, su altri fronti, da parte dei pediatri, che stanno avendo ragione, nei tribunali civili di tutto l'Abruzzo, contro la riduzione unilaterale da parte della Regione, della loro contribuzione per prestazioni extra, che si somma allo stipendio previsto dal contratto nazionale. 

Contribuzione che era stata fissata dalla Regione nel 2006, quando era presidente Ottaviano Del Turco, a 18 euro annui per ciascun paziente, poi ridotta, sempre da Del Turco, nel 2008, con la delibera di giunta 592, a 14 euro. 

Parallelo c'è in corso un contenzioso simile portato avanti questa volta dai pediatri: anche loro si sono visti ridurre dal Del Turco il loro stipendio extra.

Accade dunque che, assistititi in molti dei casi dagli avvocati dei sindacati di categoria, e con spese legali ridotte, già oltre 200 medici di famiglia stanno ottenendo, con sentenze di primo grado o in appello, rimborsi medi di 20 mila euro, con punte di 50 mila, che le Asl devono scucire senza fiatare. 

Ma non è tutto, come spiega ad Abruzzoweb, Vito Albano, medico, ex consigliere comunale dell'Aquila, e segretario provinciale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), “le cause finora intentate riguardano periodi antecedenti al 31 dicembre 2016. Altrettante arriveranno a breve, per i periodi successivi fino al 2019, e l'esito  anche in questo caso potrebbe essere quasi sempre favorevole ai medici di famiglia”.





Ma quello che ha del clamoroso, è che le quattro Asl, hanno avuto l'indicazione dalla Regione, sia con il centrodestra di Gianni Chiodi e il centrosinistra di Luciano D'Alfonso, e ora con il centrodestra di Marco Marsilio – tutti eredi dell'esplosiva vicenda -, di appellarsi in Cassazione alle sentenze sfavorevoli.

Ed il rischio dunque è di dover scucire ancora più soldi, dei cittadini contribuenti, per pagare spese legali che inevitabilmente lieviteranno, e con scarsissima possibilità di ribaltare le sentenze di primo e secondo grado. Per i più i medici che hanno avuto ragione in appello, non hanno ancora certezza della disponibilità piena dei risarcimenti ottenuti, visto che per sperderli serenamente, dovranno prudenzialmente attendere la sentenza della Cassazione, con conseguenti e crescenti malumori, in un clima che si fa ancor più teso, visto l'accanimento giudicato non solo immotivato, ma addirittura autolesionistico. 

Eppure, rivela Albano, “come sindacato abbiamo cercato da sempre la via della trattativa, ed eravamo disposti a valutare transazioni e accordi bonari. Ma da questo punto di vista, da parte della Regione, stranamente c'è stata sempre chiusura. Ora però per l'ente il rischio è effettivamente che il conto da pagare aumenti ulteriormente, visto che è presumibile supporre che anche la Cassazione darà ragione ai medici ricorrenti. Un atteggiamento poco razionale”

Un pasticcio, insomma, che costerà in ogni caso caro, e che rischia di sballare i già delicatissimi equilibri contabili delle quattro Asl.

Non va dimenticato infatti che la sanità abruzzese è ancora “convalescente”, e “sotto osservazione” da parte del Ministero della Salute, dopo l'uscita nel 2016 dal commissariamento statale per eccessivo debito. 

Una traversata nel deserto, che è costata lacrime e sangue, basti pensare all'introduzione del super ticket, e che imporrà un difficile riordino della rete ospedaliera.

Il cosiddetto”salario accessorio” per i medici di famiglia, si aggiunge a quello previsto dal contratto nazionale, che per un professionista, che ha 1.500 assistiti, arriva a 5 mila euro al mese, che però è comprensivo anche delle alte spese di gestione, si pensi all'ambulatorio, alla segreteria, agli spostamenti per le visite domiciliari, e non è comprensivo di ferie, malattia e tfr. 





E' prevista poi appunto una contrattazione decentrata, questa volta con la Regione, su base volontaria, per prestazioni e servizi ulteriori: sostanzialmente le visite mediche su prenotazione, e la creazione di ambulatori associati, tra più medici di famiglia, per offrire un prezioso servizio sui territori, in particolare quelli marginali. 

La Regione, nell'era Del Turco, e con assessore alla Sanità Bernardo Mazzocca, a seguito di una lunga contrattazione con le rappresentanze sindacali,  aveva fissato la quota per  questo “salario accessorio” a 18 euro  per ciascun assistito.

Poi il dietrofront, con la riduzione del compenso a 14 euro, sempre da parte della giunta Del Turco, a pochi mesi dalla fine, traumatica della legislatura, con il deflagrare dell'inchiesta di Sanitopoli, e con l'arresto del presidente, di Mazzocca, e altri otto inquisiti eccellenti.

Una decisione che ha ovviamente determinato la levata di scudi dei sindacati e dei medici, che intanto avevano attivato i servizi,  creato ambulatori associati,  affittando le sedi assunto personale, acquistando macchinari, In quanto deciso unilateralmente, i sindacati avevano subito evidenziato che il taglio era illegittimo, visto che la legge prevede l'obbligatorietà della concertazione. 

Ed è proprio per questo vulnus, che permette ora ai legali legali dei medici di avere gioco facile nelle aule dei tribunali.

“Siamo alla vigilia, almeno si spera – osserva Albano –  di un nuovo accordo per rinnovare il contratto nazionale.Un passaggio che imporrà di riscrivere da capo anche gli accordi decentrati. Quella può essere la sede, per disinnescare, almeno per il futuro, nuovi e dolorosi contenziosi per l'ente regionale. Confido nel buon senso dell'assessore alla Sanità, Nicoletta Verì”

 

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