D'ALFONSO: ''GRAZIE ALLE CONVENZIONI AIUTEREMO LE AMMINISTRAZIONI''

REGIONE: RIVOLUZIONE PER IL PERSONALE, ”AI COMUNI DIPENDENTI SENZA MANSIONI”

di Filippo Tronca

15 Ottobre 2014 08:25

Regione - Politica

L'AQUILA – “Vogliamo rendere disponibili quelle risorse umane che risultano in surplus, vogliamo che queste unità regionali arrivino nei Comuni che presentano carenza di personale costretti a portare avanti l'attività amministrativa tra mille difficoltà”.

Con il suo consueto e avvolgente eloquio il presidente della Regione, Luciano d’Alfonso, ha confermato ad AbruzzoWeb che anche in Abruzzo ci si dovrà preparare a un'inedita transumanza di dipendenti pubblici dai palazzi della Regione, dove in alcuni casi sono sottoutilizzati, a quegli uffici di tanti, troppi Comuni con carenza cronica di personale.

La Regione può infatti individuare politiche da delegare ai Comuni, sottoscrivere una convenzione con loro, e a quel punto può  ‘’prestare” un numero tot di dipendenti, anche per più anni. E ovviamente sarà sempre l’ente Regione a pagare gli stipendi.

Comuni, per esempio, del “cratere” sismico, che se la devono vedere con le complesse pratiche della ricostruzione, e che hanno il segretario a scavalco, che può mettere timbri e firmare carte solo un paio di volte a settimana, sempre se tutto va bene.





Tutto questo mentre la Regione ha circa 1.600 dipendenti. Ogni anno si spendono 120 milioni di euro e con alcune situazioni paradossali.

Nel settore Agricoltura, per esempio, il personale è arrivato a 490 unità, perché l'organico si è gonfiato a dismisura con l'arrivo degli ex dipendenti dell’Arssa, la soppressa l’Agenzia regionale dello sviluppo agricolo.

“Se c'è un dislivello tra le risorse umane di cui dispone la Regione e i carichi di lavoro – spiega dunque D'Alfonso – possiamo ricorrere a quello straordinario istituto che è la convenzione ai sensi della legge numero 241 del 1990. Avremo ovvimente accortezza che il dipendente che ha residenza a Crognaleto non sia mandato a lavorare a Tione degli Abruzzi, avremo rispetto dei tempi di vita e di spostamento dei nostri dipendenti”

Il grimaldello giuridico sarà, dunque, quello della convenzione, prevista anche dall’articolo 31 dalla più recente normativa sul pubblico impiego (decreto 164 del 2011).





Il presidente non ha mai affermato che il personale sia in sovrannumero, ma che è male utilizzato. Un’accortezza non casuale.

All’articolo 33, si stabilisce che  “le pubbliche amministrazioni che hanno situazioni di sovrannumero e rivelino eccedenze di personale in relazioni alle esigenze finanziarie e funzionali, in sede di ricognizione annuale sono tenute a osservare la messa in disponibilità”.

Ovvero per 24 mesi il dipendente deve essere messo in stand-by e pagato all’80 per cento dello stipendio per 24 mesi. E se entro quel periodo il dipendente non viene ricollocato presso un altro ente dove c’è carenza di personale, deve essere licenziato.

In tempi di crisi e spending review imposta dall’Unione europea, per un dipendente pubblico della Regione può essere il male minore andare a lavorare in un piccolo Comune e dire addio ai palazzi nobili e cittadini.

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