RAPPORTO SEMESTRALE DI CONFINDUSTRIA: IMPRESE CHE CHIUDONO E OCCUPAZIONE IN CALO

27 Novembre 2012 15:45

Regione - Economia

CHIETI – E’ un quadro a tinte fosche quello che disegnano gli industriali abruzzesi sull’economia regionale, così come viene fuori dall’indagine semestrale a cura del centro studi di Confindustria Abruzzo in collaborazione con l’università dell’Aquila, presentata stamane a Chieti da Silvano Pagliuca, responsabile del centro studi, e da Paolo Primavera, presidente Confindustria Chieti, in rappresentanza del presidente regionale Mauro Angelucci, assente a causa di altri impegni.

I dati sono relativi al primo semestre 2012, ma riguardano anche le previsioni anche per il secondo semestre dell’anno.

Il rapporto semestrale rileva innanzitutto che la crisi c’è ancora in tutti i suoi aspetti e che non è destinata a passare tanto in fretta. È il mercato interno a soffrire maggiormente, mentre qualche leggero segnale di ripresa (sebbene sotto la media nazionale) si può rilevare invece sull’export, e in particolare per il teramano.

In un clima di generale caduta di fiducia da parte di imprese e consumatori, l’Abruzzo si caratterizza per ulteriori elementi di negatività. In questo scenario il saldo tra iscrizioni e cancellazioni al registro delle imprese non poteva che essere in negativo (- 305). A ciò si associano un tasso di disoccupazione che continua a crescere (+ 3 per cento nel secondo trimestre 2012), un aumento delle ore di cassa integrazione, un calo dell’export ( – 4,8 per cento dato in controtendenza rispetto al dato nazionale e del Mezzogiorno).

Solo sul piano dell’innovazione si registra una tendenziale tenuta dell’inversione di tendenza nelle richieste di brevetti, che salgono del 18 per cento.





Il primo semestre del 2012 si presenta, dunque, con un perdurare di sostanziale stabilità con orientamento alla contrazione degli indicatori produttivi, una forte frenata delle vendite e una tendenziale stagnazione delle esportazioni.

“Un quadro per nulla positivo – ha detto Pagliuca – anche rispetto al resto d’Italia. E c’è anche da chiedersi cosa è stato fatto perché ci potessimo aspettare qualcosa di meglio: nulla per il credito, nulla per accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione, niente per le liberalizzazioni”.

Tra i dati esposti quello che più fa riflettere riguarda la propensione degli imprenditori agli investimenti che, in maniera generalizzata, fatta eccezione per il settore farmaceutico legato a logiche di tipo internazionali, è quasi pari a zero.

La propensione ad investire per un imprenditore può essere considerata come la cartina di tornasole del livello di fiducia nella ripresa del mercato, che dunque è quasi nulla. 

Altro dato particolarmente allarmante è quello che riguarda le dinamiche del mercato del lavoro: l’86 per cento delle imprese non prevede assunzioni, sebbene, per fortuna, il 70 per cento non prevede riduzioni. Quasi il 30 per cento, inoltre, ricorrerà alla cassa integrazione ordinaria e quasi il 15 a quella cassa straordinaria.





Il settore in cui gli imprenditori hanno intenzione di assumere maggiormente sono quelli che stanno un po’ meglio, a cominciare dal farmaceutico, per continuare con quelli di vetro e ceramica. Comunque, si è capito che le perdite di organico che ci sono state a seguito della crisi non sembrano poter venire recuperate.

Altro aspetto su cui riflettere è quello messo in luce dall’economista Pino Mauro, per cui, tra gli elementi che bloccano la ripresa in Italia, oltre alla scarsa produttività, l’elevata incidenza della pressione fiscale e il ritardo nella competitività nel mercato del lavoro, c’è anche l’incidenza della corruzione, fattore, quest’ultimo, purtroppo tipicamente italiano.

Per quanto riguarda il settore dell’edilizia, infine, il grido d’allarme è stato lanciato dal presidente regionale Ance (associazione nazionale costruttori edili), Antonio D’Intino, che ha parlato di “numeri negativi e in caduta libera” che stanno portando a un “processo di destrutturazione di un settore in atto che negli ultimi due anni ha perso 10 mila addetti”.

E tutto questo, nonostante i lavori da realizzare per la ricostruzione post terremoto nell’area del cratere. D’Intino ha chiesto alla politica – era presente anche il vice presidente della Regione Alfredo Castiglione – garanzia di pagamenti in tempi definiti e sostenibili e che i sindaci agevolino i passaggi burocratici per accedere ai finanziamenti per la ricostruzione.

Infine, D’Intino ha fatto un appello ai cittadini colpiti dal sisma perché scelgano di utilizzare le imprese locali, quelle già conosciute e che dunque possono essere una garanzia per i lavori da fare. (ar.ia)  

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