SCONTRO TRA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E VICE, DI PANGRAZIO E GATTI GUERRA PER LE ASSENZE IN MINORANZA CHE HANNO AIUTATO IL CENTROSINISTRA

PUNTI NASCITA: POLEMICA SU RISOLUZIONE ”NON SERVIVA A NIENTE”, ”INACCETTABILE”

di Alberto Orsini

15 Marzo 2015 10:21

Regione - Politica

L’AQUILA – Sulla chiusura dei 4 dei 12 punti nascita abruzzesi che sfornano troppi pochi parti l’anno, meno di 500, per soddisfare i rigidi paletti del piano di rientro dal mega debito sanitario, va in scena lo scontro politico e si spacca l’ufficio di presidenza del Consiglio regionale, con il duello tra il presidente, Giuseppe Di Pangrazio, e il vice in quota all’opposizione, Paolo Gatti.

A scatenare la protesta è stata la risoluzione della minoranza unita bocciata d’un soffio, 12 voti a 14, nell’ultima riunione del Consiglio, la prima celebrata all’Aquila dopo la parentesi invernale pescarese, che ha lasciato invariato il diktat su Sulmona (L'Aquila), Penne (Pescara), Atri e Ortona.

“La risoluzione rispondeva solo a istanze strumentali e demagogiche delle opposizioni – è sbottato in una nota Di Pangrazio – Sarebbe risultata del tutto inefficace rispetto all’attuazione del decreto del commissario. Il Consiglio, infatti, ha poteri d’indirizzo verso il presidente e la Giunta regionale, ma non verso il commissario”.

Di Pangrazio ha anche annunciato “l’iniziativa di proporre all’ufficio di presidenza del Consiglio regionale un incontro” con il presidente e commissario Luciano D’Alfonso e l’assessore Silvio Paolucci.

Altrettanto acre la reazione di Gatti che ha definito la nota del presidente “comprensibile se espressa da parte di un capogruppo di maggioranza”, e ritenendo “fittizia e grottesca la distinzione operata tra presidente della Regione e commissario per la Sanità” che, fa notare, “sono la stessa persona fisica”, sempre D’Alfonso.

Gatti ha chiesto anche a Di Pangrazio “di anteporre sempre la rappresentanza di tutte le parti rispetto a quella di una sola, di cui si è tolta la casacca nel momento in cui ci si è dichiarati, come di prassi, presidente di tutti”.

Sul tema, nel corso dell’assemblea del Partito democratico, è intervenuta anche la senatrice Stefania Pezzopane. “Va fatto un discorso politico per non mettere in difficoltà i sindaci dei vari territori con i quali tanto ci siamo impegnati per la loro elezione, a partire dal primo cittadino di Sulmona”, ha detto.

Secondo la Pezzopane, che va quindi contro l’interpretazione di Di Pangrazio, seduto al suo fianco, ha creato “difficoltà nei territori” la bocciatura da parte della maggioranza di centrosinistra della risoluzione dell’opposizione che prevedeva la sospensione del provvedimento di chiusura.

LA POLEMICA SULLE ASSENZE IN MINORANZA

Presentato da tutti i consiglieri di opposizione in blocco, 13 firmatari tra centrodestra e grillini, se approvato il testo avrebbe comportato effetti pesanti, almeno sulla carta: avrebbe imposto la sospensione degli effetti del decreto commissariale che determinerà la chiusura dei punti nascita di Atri, Penne, Sulmona e Ortona.





Ma la maggioranza ha disinnescato il trappolone, seppure per un soffio, complici anche le assenze sui banchi della minoranza che hanno sollevato un vespaio di polemiche.

Secondo quanto appreso da fonti interne al Consiglio, gli assenti erano Mauro Di Dalmazio, in viaggio all’estero in Brasile, Giorgio D’Ignazio, che nel pomeriggio è andato via non sentendosi bene, e i grillini Sara Marcozzi, assente, e Leandro Bracco, fuori dall’aula al momento del voto.

E questo ha fatto discutere visto che, nella stessa riunione, il presidente D’Alfonso ha offerto deleghe ai consiglieri di opposizione: del Movimento 5 stelle, appunto Leandro Bracco, che l’ha accettata ed è stato espulso dal fronte grillino, e di Forza Italia, Gianni Chiodi e Mauro Febbo, questi due solo ventilati e pronti a smentire “sono solo stupidaggini” per il primo, “una gradita provocazione” per il secondo.

Così come D’Ignazio, accusato di assenza strategica: “Un bluff di D’Alfonso per tenere buoni i suoi”.

Chiodi e Febbo almeno hanno votato no, ma teoricamente la minoranza aveva i voti per mandare sotto il centrosinistra su un tema chiave, un’occasione forse irripetibile persa. Tanto che il capogruppo forzista, Lorenzo Sospiri, non le ha mandate a dire, “sono state le assenze tra i banchi dell’opposizione a far bocciare il documento”, promettendo la resa dei conti.

DI PANGRAZIO: “QUELLA RISOLUZIONE NON CONTAVA”

In riferimento alla chiusura dei punti nascita, non più dimensionati secondo le normative introdotte dal Governo nazionale, non c’è stato nessun abbandono da parte mia e del Consiglio regionale dei territori interni dell’Abruzzo e dell’area Peligna.

In effetti, la risoluzione rispondeva solo a istanze strumentali e demagogiche delle opposizioni. Sul piano istituzionale, se fosse stata approvata, sarebbe risultata del tutto inefficace rispetto all’attuazione del Decreto del Commissario per il risanamento del servizio sanitario in Abruzzo, che risponde esclusivamente al Governo centrale ed alla sua legislazione di riferimento.

Il Consiglio, infatti, ha poteri d’indirizzo verso il Presidente e la Giunta regionale, ma non verso il Commissario. Questo le opposizioni lo sanno benissimo, innanzi a tutti il presidente Chiodi, che largamente ha fatto uso di quei poteri straordinari tra il 2008 e il 2013.

È infatti da segnalare che il Comitato per i percorsi nascita è stato istituito con Deliberazione della Giunta regionale n. 897 del 23/12/2008 e confermato, proprio in virtù delle vincolanti normative centrali con Decreto Commissariale n. 21 del 13/03/2013, dunque proprio nel periodo in cui il centro destra ha governato la Regione Abruzzo.





Nel merito, però, la criticità della chiusura dei punti nascita resta ed è grave, soprattutto a Sulmona, un territorio esteso con molteplici difficoltà e va affrontata in tutte le sue conseguenze di riduzione dei servizi erogati, nell’ambito della nuova pianificazione sanitaria che la Giunta regionale si appresta ad elaborare in vista della uscita dalla fase di commissariamento.

Assumerò, pertanto, l’iniziativa di proporre all’ufficio di presidenza del Consiglio regionale un incontro con il presidente della Giunta, Luciano D’Alfonso e l’assessore al Servizio Sanitario, Silvio Paolucci, per programmare una sessione di attività consiliari da dedicare a una ricognizione, valutazione e proposta di governo del servizio sanitario in Abruzzo, proprio a partire da tutti quei servizi sottoposti a taglio dal 2008 e non più integrati in maniera programmata ed efficace per gli utenti.

Spero, in tale direzione, di incontrare la piena disponibilità di tutti i gruppi consiliari, a prescindere dal loro schieramento, in un interesse costruttivo per una nuova qualità del servizio sanitario in Abruzzo.

GATTI: “DICHIARAZIONI INACCETTABILI DA UN PRESIDENTE”

Trovo francamente inaccettabili le dichiarazioni del presidente Di Pangrazio sulla risoluzione sui punti nascita presentata dai gruppi di centrodestra in Consiglio regionale, risoluzione respinta con 14 voti contro 12, laddove si afferma che la stessa “rispondeva solo a istanze strumentali e demagogiche delle opposizioni”.

Tale dichiarazione, peraltro del tutto scollegata dalla realtà, potrebbe forse risultare comprensibile se espressa da parte di un capogruppo di maggioranza, ma non certamente allorché provenga dalla figura di un presidente di Consiglio regionale.

A ciò si aggiunga la fittizia e grottesca distinzione operata tra presidente della Regione e commissario per la Sanità, che si scontra con un altro dato della realtà a tutti noto: trattasi della stessa persona fisica.

Posso apprezzare esclusivamente il passaggio in cui, almeno, si riconosce che “la situazione dei punti nascita resta ed è grave” e ciò vale, aggiungerei, per tutti i territori e non solo per il comprensorio di Sulmona.

Sono certo che il presidente Di Pangrazio, eletto a suo tempo a larga maggioranza con il voto consapevole di tanti di noi, vorrà comprendere che il Consiglio nella sua interezza è organo di rappresentanza democratica ed esercita pienamente attività di indirizzo e controllo, e che il ruolo di presidente dell’assise richiede di anteporre sempre la rappresentanza di tutte le parti rispetto a quella di una sola, di cui si è tolta la casacca nel momento in cui ci si è dichiarati, come di prassi, “presidente di tutti”.

Confido che dopo questa singolare parentesi si torni a un profilo istituzionale alto, elegante e rispettoso del lavoro di tutti i consiglieri e delle esigenze, spesso dolorose, di tutti i territori.

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