RIGETTATE TUTTE LE ISTANZE DI REVOCA DELLE MISURE CAUTELARI

PUNTELLAMENTI: IL ”SISTEMA TANCREDI”, ”ACCORDI CORRUTTIVI E POTERI SUPERIORI”

di Alberto Orsini

4 Agosto 2015 08:07

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – L’ex consigliere comunale dell’Aquila delegato ai puntellamenti Pierluigi Tancredi “dopo il sisma ha avuto poteri all’interno della struttura comunale ben superiori al ruolo rivestito”. “La gestione della cosa pubblica dell’indagato è stata distorta e messa a servizio di chi si è dimostrato pronto a retribuire la benevolenza”. E ancora, Tancredi “appare agli occhi degli imprenditori non tanto un consulente quanto un collettore verso la pubblica amministrazione”.

Questo, nei passaggi salienti dell’ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari Giuseppe Romano Gargarella, è in sintesi il “sistema Tancredi”, che ha permesso, all’indomani della scossa del 6 aprile 2009, di lucrare sui golosi affidamenti diretti di lavori di messa in sicurezza per 500 milioni di euro complessivi (200 solo del Comune) da parte di ditte amiche che gli elargivano una cospicua fetta.

Un sistema smascherato dall’indagine “Redde rationem” della procura distrettuale antimafia dell’Aquila, che ha portato a 5 arresti ai domiciliari, tra cui proprio Tancredi, assistito dai legali Maurizio Dionisio e Antonio Milo. Tancredi che, dal suo canto, rigetta tutte le accuse di corruzione ed estorsione che lo riguardano, e 19 indagati complessivi.

Gli imprenditori Mauro Pellegrini, Giancarlo Di Persio, Maurizio Polisini e Andrea Polisini, responsabili delle ditte Dipe ed Edilcostruzioni oggetto dell’”accordo” criminale evidenziato dal pm Antonietta Picardi, hanno le accuse di corruzione, subappalto irregolare, falsa fatturazione, truffa su fondi pubblici, abuso d’ufficio.

Il faccendiere Nicola Santoro, per lui obbligo di dimora e di firma, è accusato di corruzione. Degli indagati a piede libero, i tecnici privati hanno anch’essi truffa su fondi pubblici, altri imprenditori hanno le accuse di subappalto irregolare mentre ai tecnici comunali viene contestato l’abuso d’ufficio.

L’inchiesta è figlia della precedente “Do ut des” del gennaio 2014, che ha portato agli arresti domiciliari, oltre che di Tancredi, anche dell’ex assessore Vladimiro Placidi, della collaboratrice di Tancredi Daniela Sibilla, e del faccendiere Pasqualino Macera. Indagati a piede libero, l’ex vice sindaco aquilano Roberto Riga, il funzionario comunale Mario Di Gregorio, coinvolto anche nel nuovo filone, il tecnico Fabrizio Menestò e l’imprenditore Daniele Lago, la “gola profonda” che ha spiegato ai pm come si affidavano i puntellamenti all’Aquila a terremoto ancora fresco.

L’ACCORDO CORRUTTIVO

Leggendo dalle parole del giudice Gargarella, “l’accordo appare il seguente: Tancredi offre affidamenti pubblici e privati a Dipe ed Edilcostruzioni, che rispettivamente si sono spartite formalmente i lavori. La Dipe, iscritta all’Ance aquilana, potrà prendere i lavori per la messa in sicurezza, la Edilcostruzioni avrà commesse private”.

“Le parti in causa si sono accordate affinché non fossero eseguiti pagamenti formali dalla Dipe in favore di Tancredi (che potrebbero essere facilmente individuate quali tangenti) ma dalla Edilcostruzioni Srl che, operando principalmente con privati, può permettersi di pagare consulenze”.

Secondo il gip, quanto a Tancredi “è evidente che egli sappia che la spartizione dei lavori formalmente affidati all’una o all’altra ditta sia figlia di un accordo al quale egli ha partecipato o addirittura promosso per dissimulare l’illecito legame. Di ciò si ha prova nel colloquio intercettato tra lui e Pellegrini”.

“Io ho tenuto il punto fino alla fine, te lo giuro”, dichiara Tancredi a Pellegrini in quell’incontro dell’8 luglio scorso, in cui però spiega che “non è che mi servono 20 mila euro! 2-3 mila euro per campare”, fino all’intercettazione divenuta famosa: “se non riesco più neanche a fare la spesa, io scoppio”.

Gargarella prosegue sottolineando che “negli anni successivi, Tancredi ha ‘arruolato’ Nicola Santoro, con il quale si è interfacciato per i rapporti con la Edilcostruzione in particolare”.

“L’evoluzione del mercato (la nascita degli aggregati, l’avvio della ricostruzione ‘pesante’, la cantierizzazione di buona parte del centro storico) ha portato la Edilcostruzioni a divenire soggetto di primissimo piano nel panorama locale, lasciando alla Dipe un ruolo prioritario per l’esecuzione di appalti in materia di beni culturali”.





Dalle indagini è emerso “che l’esperienza del Consorzio Le Ali sia da ritenersi conclusa o in via di conclusione, e che i destini delle due società vedano programmi distinti. Tuttavia sono in corso alcuni lavori in Ati (associazione temporanea, ndr) in particolare la ricostruzione del Consorzio Piedipiazza e di quello Piazza della Prefettura di cui Tancredi è al corrente, così come delle dinamiche interne alle due società”.

“Da qui è ovvio che Tancredi minacci sia Dipe Srl che Edilcostruzioni Srl al fine di ottenere liquidità”.

POTERI SUPERIORI

“Tancredi dopo il sisma ha avuto poteri all’interno della struttura comunale ben superiori al ruolo rivestito – rileva l’ordinanza – Il dato è notorio e confermato da Di Gregorio e dagli incarichi forniti dal sindaco Cialente. La gestione della cosa pubblica dell’indagato è stata distorta e messa a servizio di chi si è dimostrato pronto a retribuire la benevolenza. In tale ambito, in tempi e modi diversi, hanno ricoperto un ruolo attivo le società Dipe Srl, Edilcostruzioni Group Srl e Steda Spa”.

“Steda paga Tancredi per ammissione di Daniele Lago; le altre due per ammissione (intercettata) di Tancredi”, prosegue in riferimento anche alle risultanze dell’inchiesta “Do ut des”.

“Se la ricostruzione dei fatti vede indiscutibilmente avvinti da vincolo Tancredi con Pellegrini/Di Persio e i Polisini, l’attualità vede il primo utilizzare quella complicità per costringere i correi di allora a proseguire nell’erogazione di denaro in suo favore. Santoro è complice – scrive ancora – Tancredi appare agli occhi degli imprenditori fin qui citati, non tanto un consulente quanto un collettore verso la pubblica amministrazione: la stessa, Comune dell’Aquila, dove fino a poco tempo prima il medesimo ricopriva cariche elettive e, prima ancora esecutive”.

E vengono citate le intercettazioni del dirigente comunale Mario Di Gregorio nel suo interrogatorio del 21 gennaio. “C’era qualcuno più presente, rispetto agli altri per la funzione che svolgeva, per esempio il consigliere Tancredi era molto presente, perché aveva questa delega da parte del sindaco di curare i puntellamenti, per cui lui stava lì”.

“Qualche giorno dopo – aveva aggiunto sempre Di Gregorio – ora non ricordo proprio i tempi, fu rimosso formalmente e però restando sempre in qualche maniera presente e per questo motivo che ho detto e anche perché fu confermata anche dal sindaco la sua capacità. Quindi lui era molto presente in ufficio”.

Riprende Gargarella, facendo il punto: “L’ambientale dell’8 luglio 2015 conferma l’esistenza di dazioni corruttive; sicuramente nell’ottobre 2011 vi è un contratto tra Tancredi e le due ditte suindicate; sicuramente vi è un contratto in atti dove viene pagata Concetta Toscanelli (moglie di Tancredi) e Daniela Sibilla (amica e collega di Tancredi) per prestazioni inesistenti”.

“Tancredi sicuramente ha accompagnato le tre ditte nell’immediatezza dell’ottenimento dei puntellamenti come ci ha ricordato l’ingegnere Di Gregorio e in parte confermato da lui; sicuramente ha ottenuto contratti e danaro per l’attività da lui svolta nel 2009 e ha ottenuto il compenso in forma rateale, tanto da aversi la prova di almeno altre due rate pagate dal Polisini in favore di Tancredi: una del novembre 2013 (dazione in contanti e del tutto clandestina) altre del gennaio/febbraio 2015 quando è il Santoro a cercare il Polisini per essere pagato per le sue asserite prestazioni”.

“Pertanto, il contratto firmato da Tancredi il 17 ottobre 2011 con la Dipe e la Edilcostruzioni è la prima prova tangibile della dazione corruttiva – Anche le prestazioni della Toscanelli e della Sibilla sono compensi di attività corruttiva celata attraverso contratti di consulenza”.

“A luglio 2015 la richiesta cambia: Tancredi chiede aiuto per un momento di difficoltà chiede denaro (lo ha già ottenuto da Polisini) perché ha mantenuto il punto, non ha detto all’autorità giudiziaria, che lo ha ascoltato, la verità malgrado gli siano state fatte domande specifiche su Polisini, sulla Dipe. Qui si consuma un reato autonomo, di estorsione”, conclude evidenziando l’altra fattispecie.

LA CENA DI FANFANI

Tra le carte dell’inchiesta compare il nome anche di un ex assessore della Giunta aquilana del sindaco Massimo Cialente.





In particolare, c’è un passaggio di un incontro del 22 novembre 2013 in cui viene citato Marco Fanfani, non indagato, attuale presidente della Fondazione Carispaq e in precedenza assessore al Commercio e alla Cultura.

“Il Tancredi in questa occasione ha preso del denaro; cinque per sé e cinque per Marco – scrive il gip – Già nel corso della conversazione si comprende che Marco si identifica in Marco Fanfani. Tale assunto è stato confermato dal Tancredi nel suo interrogatorio, spiegando che quel danaro era dovuto per sue prestazioni rese al Polisini (che gli consegna due buste “come se fosse uno spacciatore” a suo dire) e per consegnare del denaro a Fanfani usato per una cena elettorale”.

“Il motivo per il quale Fanfani ricevesse denaro non lo si è compreso, né può essere indagato in questo contesto”, conclude.

Polisini afferma: “Mo’ mi arrestano per spaccio… Allora ho fatto due buste… Quella con… Questa qua è per il parroco… E stavo per dire a papà… E questi so’ cinque…”.

Tancredi ribatte: “Io ho il terrore che tu mo mi dicevi guarda che Marco (incomprensibile)… Mo’ non sapevo che cazzo gli dovevo andare a dire… Mi dovevo inventare che mi avevi fatto un bonifico gli dovevo dire che eri andato a prenderli in banca. Ho fatto un sospiro di sollievo quando mi hai detto che li hai portati per tutti e due che tu non immagini neppure… Mo’ lo chiamo subito così glielo dico”.

IL RAGAZZETTO FURBO E MUTO

Quelli precedenti agli arresti sono giorni turbolenti per Tancredi e per il suo sodale Santoro, nei quali arriva a chiedere i soldi per tacere che, secondo gli inquirenti, hanno configurato il reato di estorsione.

“Danaro che lui deve loro per il lavoro che ha fatto Tancredi prima di dimettersi, promettendogli lavori per la ricostruzione privata”, scrive il gip.

“E io mi sono impegnato nei suoi confronti a far fare delle cose. Cioè che fa? Pensa che mo’, mo’ siccome approfittate che io sto sotto e non pozzo jicci manco a parla’ me da’ n’gulo? Ma non ci pensesse per niente… – sbotta Tancredi – Lui mi dà in culo e la mattina dopo gli do in culo io a lui! Questo lo deve sapere quindi fammi soltanto la cortesia di riferirglielo”.

“Se pensa che mi incula così, io tanto quelli non aspettano altro che io gli vado a raccontare qualche cazzo, quindi figurati un po’! – aggiunge, in riferimento ai pm che cercano informazioni – A me di farmi prendere per il culo da un ragazzetto che fa finta di essere furbo e muto non mi sta bene!”.

“Carissimo dott Andrea Polisini… – è l’sms di Santoro – Nonostante le varie vicissitudini e la vostra assenza da più di un anno e mezzo… Vi invito a contattarmi entro la giornata odierna qui tutti abbiamo i nostri impegni e sinceramente di parole se ne sono fatte e dette troppe… Grazie”.

Alla fine avviene un incontro, intercettato. Il giudice riassume i passaggi salienti: “Santoro ha lamentato mancati pagamenti da parte di Polisini, ufficialmente per intermediazioni effettuate in favore delle sue società – spiega – A tali richieste, il Polisini avrebbe risposto non riconoscendo la figura autonoma del Santoro, inquadrandolo come un collaboratore di Tancredi. Vale a dire che, per Polisini, Santoro dovrebbe vedersela con Tancredi”.

E così, “la mancata soddisfazione delle richieste effettuate da Santoro avrebbe portato questi a sollecitare un intervento di Tacredi, depositario di verità compromettenti per il Polisini e sempre più nel ruolo di ‘quello che non ha più niente da perdere’”.

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