PIZZOFERRATO, PAESE ”PATAFISICO” DOVE SI SPERIMENTA COOPERATIVA DI COMUNITA’

di Filippo Tronca

4 Marzo 2017 08:27

Chieti - Cronaca

PIZZOFERRATO – Dopo un lungo viaggio tra gli altopiani della Majella e i boschi delle vallate del fiume Sangro, è una sorpresa leggere sull’insegna di benvenuto, disegnata dai bambini della scuola, che Pizzoferrato, in provincia di Chieti, è un paese “patafisico”.

Chiacchierando poi con un brillante intellettuale di montagna al bar del paese si scopre che il riferimento non è solo all'estrosa “scienza delle soluzioni immaginarie, e delle leggi che regolano le eccezioni”, concepita dallo scrittore e drammaturgo francese Alfred Jarry, ma anche al fatto che su queste montagne si coltivano buone patate.

Ed è altrettanto sorprendente scoprire che in questo paese di montagna di poco più di mille anime, il Comune non solo si è messo a gestire in autonomia una pompa di benzina, la Pizzoil, da cui ricava un buon profitto, ma che sta anche puntando, per resistere tenacemente allo spopolamento inesorabile delle aree interne, sull’innovativa esperienza della cooperativa di comunità. Un modo per creare lavoro “a filiera corta” nelle aree escluse dai grandi circuiti del produrre e del consumare, che altrove in Italia dimostra di funzionare. E che la Regione Abruzzo ha introdotto con una legge regionale a firma dell’assessore Marinella Sclocco nell'autunno del 2015, anche se mancano ancora i soliti regolamenti attuativi, affidati al futuro lavoro delle commissioni e alle deliberazioni della Giunta,  in primis relativi ai finanziamenti agevolati e ai contributi in fondo capitale, ad oggi dunque solo sulla carta e senza nessuna copertura.

Una cooperativa di comunità,  si dice nella legge è quella che “valorizzando  le  competenze  della  popolazione residente,  delle  tradizioni  culturali  e  delle  risorse  territoriali,  persegue  lo  scopo  di soddisfare   i   bisogni   della   comunità   locale,   migliorandone   la   qualità,   sociale   ed economica,  della  vita,  attraverso  lo  sviluppo  di  attività  economiche  eco-sostenibili finalizzate   alla   produzione   di   beni   e   servizi,   al   recupero   di   beni   ambientali e monumentali, alla creazione di offerta di lavoro”.

Ovvero che in parole povere coinvolge tutti quelli che sono rimasti in paese, o vorrebbero venirci a vivere, con la possibilità, in virtù di uno statuto particolare, di fare un po' di tutto.

In questo modo, anche un piccolo Comune può affidare lavori di pubblica utilità, come la manutenzione del verde, la rimozione della neve, l’assistenza sociale, il trasporto scolastico e così via. Ed è un bell'aiuto, perché garantisce un’entrata sicura e una base solida per poi poter fare anche molto altro, dalle attività turistiche e culturali, dalla gestione di un bar alle attività agricole.

Il giovane sindaco del “patafisico” Pizzoferrato, Palmerino Fagnilli, non ha atteso nemmeno che la Regione con i suoi tempi lenti, mettesse mano al regolamenti attuativi, e quantificasse le forme di sostegno economico.

Si è mosso subito prendendo a modello le cooperative di comunità di altri territori, per favorire in tutti i modi la nascita, a novembre 2016, della cooperativa Ajavdè, che per ora ha solo tre soci e che entro un anno, come prevede la legge regionale, dovrà arrivare a 98, tra soci lavoratori e non.





“Una cooperativa di comunità è la strada giusta da percorrere per consentire a un intero paese di diventare un soggetto economico, un'impresa solidale – spiega il sindaco – E da queste parti rappresenta anche una svolta culturale, visto che la cooperazione qui ha avuto sempre difficoltà ad attecchire. Ma ora, se vogliamo contrastare spopolamento e la marginalità economica, incontrarsi sui bisogni e cooperare è diventata una necessità, come è diventata una necessità adottare soluzioni creative”.

Il sindaco Fagnilli non è nuovo a soluzioni che fanno eccezione rispetto alla monocultura amministrativa, al grigiore della gestione burocratica di un esistente in declino.
Dieci anni fa, visto che su queste montagne non c’era un distributore di benzina, e visto che le poche persone automunite non invogliavano certo le grandi multinazionali a investire per garantire un servizio tutto sommato essenziale, Fagnilli, scoprendo che non esiste una legge che vieta questa attività a un Comune, ha colto l’occasione al balzo.
È riuscito a inaugurare nel gennaio 2006 un distributore autogestito che vende carburante a “prezzo politico”.

“Quando si dice 'paese di montagna', si sottintende quasi in automatico arretratezza e marginalità – obietta Fagnilli – ma abbiamo voluto dimostrare che in fondo basta poco a sfatare questo pregiudizio. La nostra Pizzoil in dieci anni non ha solo coperto le spese di investimento: erogando 400 mila litri l’anno, ha anche garantito un significativo utile, di circa 20 mila euro all’anno, che utilizziamo per offrire servizi al cittadino e abbassare le imposte locali. E inoltre la nostra benzina costa meno, perché a noi basta coprire i costi di gestione, non dobbiamo farci profitto”.

La cooperativa di comunità si inserisce nel solco di questa “creatività dell’emergenza” e non solo: è l’evoluzione della parte migliore della civiltà delle montagne, “l'aiutarella”, come si dice da queste parti, l'abitudine diffusa nei paesi di fare per necessità tanti lavori insieme, dalla mietitura alla panificazione nel forno, dalla vendemmia all'ammazzamento del maiale.

La prova del fuoco, per la neonata cooperativa di Pizzoferrato, è stata paradossalmente l’emergenza neve di metà gennaio scorso, che altrove in Abruzzo ha provocato vittime, danni e disagi immani, mentre qui è stata anche un'opportunità, come spiega il giovane presidente della cooperativa Ajavdè, Andrea Tarantini.

“Ci eravamo appena costituiti, grazie all’aiuto di un amico commercialista, e subito si è presentata questa occasione – racconta Tarantini – Abbiamo partecipato al bando del Comune e lo abbiamo vinto formulando l’offerta più vantaggiosa, e poi pala in mano, e alla guida dello spazzaneve messo a disposizione dall'ente, ce l’abbiamo messa tutta per fare un buon lavoro nel più breve tempo possibile”.

Ora, con i primi soldi incassati, la cooperativa sta acquistando semenze rare, da reintrodurre nei tanti terreni rimasti incolti.

È stato a tal proposito già creato un marchio di territorio legato ai Monti Pizzi e si punta a commercializzare antiche e rare varietà come la patata nera, i fagioli “suocera”, “nuora” e “dei quaranta giorni”. Un socio della cooperativa già produce miele e, da recenti analisi di laboratorio, è risultato che su 280 sostanze potenzialmente inquinanti, nessuna sia presente nel suo prodotto.





In prospettiva la cooperativa punta a partecipare a bandi per la manutenzione del verde pubblico e offrire servizi di assistenza sociale agli anziani, aumentando man mano il numero dei soci lavoratori, in base agli incassi.

C’è, poi, un’ulteriore possibilità offerta da questa esperienza: la creazione di reti tra Comuni e cooperative di comunità che stanno nascendo man mano in Italia. Il che significa ampliare gli orizzonti, rompendo l'incastellamento culturale e la diffidenza nei confronti del forestiero.

E a Tarantini brillano infatti gli occhi quando racconta di aver conosciuto coetanei che stanno facendo questa esperienza in altre parti dello Stivale. Come quelli della cooperativa di comunità di Succiso, minuscolo paese dell’Appennino emiliano.

Tutto ha avuto inizio quando ha chiuso l’unico bar del paese. I giovani rimasti si sono autotassati, hanno risistemato la vecchia scuola, dove hanno aperto un nuovo bar e un negozio di generi alimentari. E a seguire un agriturismo, un ristorante, un centro benessere, un'azienda agricola che produce in particolare pecorino e ricotta. La coop gestisce anche il servizio scolastico trasportando anche provviste e medicine. Il fatturato si aggira oggi intorno ai 700 mila euro annui, e i paesani dipendenti sono  7, con stipendio medio di circa 1.000 euro netti al mese, a cui si aggiungono gli stagionali. Succiso, destinato ad un inesorabile spopolamento, è tornato a nuova vita, ed è meta di politici, economisti e sociologi, che arrivano da mezzo mondo a studiare questo originale modello di sviluppo montanaro.

“Quello di Succiso  – spiega Andrea Tarantini – è per noi un punto di riferimento, ma ci sono altre cooperative di comunità che funzionano, e che creano lavoro vero,  Dipenderà tutto dalla nostra bravura e determinazione, bisognerà rimboccarsi le maniche, ci sarà un rischio d'impresa, ma bisogna crederci. Del resto non abbiamo molte alternative. Questa cooperativa è nata per non far andare via la gente. Tanti miei amici, che qui non trovavano lavoro, e non vedevano una prospettiva, hanno già fatto le valige, e il nostro sogno è quella di dargli un'occasione per tornare”.

Serve però anche una metamorfosi culturale. Perché la bislacca scienza della patafisica, nel senso dato a questa parola dall'artista Enrico Baj, è anche “un continuo accrescimento, oltre le gabbie, i comparti stagni, l' assoluto delle contrapposizioni convenzionali, è una continua riclassificazione dei dati forniti incessantemente dall’esperienza”.

“Purtroppo o per fortuna – conclude Andrea –  in un piccolo paese ci si conosce tutti, e spesso i rapporti umani sono funestati da gelosie, da litigi da vere e proprie faide familiari, che vanno avanti da tempo immemore e nessuno si ricorda nemmeno il motivo scatenante. Ecco: come abbiamo spazzato via la neve dalle strade, ora dobbiamo ora spazzare via queste cose stupide, dobbiamo imparare ad aiutarci a vicenda, a volerci bene, la cooperazione è l'opposto dell’accaparrarsi le cose per proprio tornaconto”.

 

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