PIANO PARCO GRAN SASSO: LAZIO E MARCHE NON AVVIANO ITER, E TUTTO RESTA AL PALO

9 Giugno 2018 08:15

Regione - Cronaca

L'AQUILA – Un Piano nel senso letterale del termine, come sinonimo di lento. È il piano del Parco nazionale Gran Sasso Monti della Laga.

Approvato dopo ben 24 anni di attesa, ma solo in parte, a luglio del 2017, tra gli squilli delle fanfare, dalla sola Regione Abruzzo, che nell’area protetta ha 40 comuni. Tale documento resta però un pezzo di carta se non faranno altrettanto le altre due Regioni in causa, il Lazio e le Marche, che hanno rispettivamente dentro i confini dell'area protetta appena due comuni a testa: Amatrice e Accumuli per il Lazio, Arquata del Tronto e Acquasanta Terme per le Marche.

Comuni devastati dal sisma dell’agosto 2016, e anche questo ha determinato probabilmente il ritardo dei rispettivi iter di approvazione, essendo altre le priorità da affrontare.





E comunque l’impressione è che Lazio e Marche non considerino prioritari i destini di un Parco in cui hanno un ruolo politico molto marginale.

E così senza il loro via libera delle giunte e consigli regionali laziali e marchigiani, previa intesa dei comuni,  il piano del Parco non potrà essere ratificato dal Ministero dell’Ambiente e diventare finalmente esecutivo.

Un fatto non da poco:  il Piano doveva essere approvato un quarto di secolo fa. Sei mesi dopo l’istituzione del Parco avvenuta del giugno 1995, stabiliva la legge forse un po’ troppo ottimisticamente.

Da allora l’area protetta è assoggettata a clausole di salvaguardia che impongono vincoli molto rigorosi, che i Paino invece può modulare per conciliare le ragioni della tutela a quelle dello sviluppo nelle aree più antropizzate, introducendo le Zone D, con le relative sottozone,  dove maggiori possono essere i margini di manovra delle amministrazioni locali.





Il Piano del Parco recepisce poi il cosiddetto Piano d’area, cioè il programma di potenziamento degli impianti sciistici di Campo Imperatore e Prati di Tivo, anche in base al piano industriale redatto dall’agenzia nazionale Invitalia  che prevede investimenti per 52 milioni di euro, di cui 40 pubblici.

Anche se  un ulteriore ostacolo che il Piano non può eliminare, è la presenza in quei comprensori turistici dei famigerati  Siti di interesse comunitario (Sic) e Zone di protezione speciale (Zps), che impongono vincoli molto stringenti. che ad esempio non consentono di realizzare ex novo una seggiovia o altre infrastrutture.  A battersi contro la revisione dei confini e la rimodulazione dei Sic e delle Zps è stata l'associazione di operatori del turismo montano Save the Gran Sasso, che ha indetto una petizione popolare che nell'autunno 2016 ha raccolto oltre 11 mila firme.

Anche in questo caso però l’iter per ottenere esti postivi non sarà certo facile, visto che in ultima istanza a decidere dovrà essere l’Unione europea su richiesta del Ministero dell’Ambiente.

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