PARCO REGIONALE SIRENTE VELINO, LA RIVOLTA DEI SINDACI, ”MEGLIO CHIUDERLO!”

10 Dicembre 2016 07:30

Regione - Politica

L'AQUILA  – Il Parco regionale Sirente Velino è un “inutile baraccone”, che “non porta nessun vantaggio al territorio ma solo vincoli”, che rendono impossibile “vivere in terre di frontiera e a rischio spopolamento”.

Questa in sintesi la posizione agguerrita e pressoché unanime dei sindaci del territorio ricompresi nell’area protetta, interpellati da questa testata.

Anzi, molti di essi il Parco lo vorrebbero addirittura chiudere, e stanno ottenendo intanto la riduzione del territorio del parco di un buon 20 per cento, nel versante della Valle Subequana e dell’Aterno. La riperimertazione è stata la contropartita concordata a febbraio con l’assessore regionale ai Parchi Donato Di Matteo, per dare l’assenso ad una proposta legge di riforma del Parco che di fatto riduce il potere di controllo dei Comuni, perché tra le altre cose prevede la riduzione dei componenti del Consiglio di amministrazione da 11 a 5 e l’elezione del presidente affidata direttamente all'assessore ai Parchi, cioè ad oggi allo stesso Di Matteo.

Inutile il tentativo di trovare un accordo sulla riperimetrazione con le associazioni ambientaliste, che la ritengono miope.

Quello che interessa ai sindaci è che cadranno almeno alcuni vincoli, si snellirà la burocrazia per interventi edilizi nei centri abitati, non più sottoposti al vaglio della Soprintendenza, si potranno rendere più efficaci gli abbattimenti selettivi della fauna selvatica, segnatamente dei cinghali proliferati senza controllo. Aprendo la caccia in aree oggi interdette alle doppiette.

Seppure si riuscirà a far arretrare il confine del Parco, rimarranno però in molte aree i vincoli, altrettanto stringenti, delle Zone di protezione speciale (Zps) e dei Siti di interesse comunitario (Sic), che dipendono dall’Europa. E i vincoli paesaggistici. Ma questo rappresenta un altro fronte della battaglia intrapresa dai sindaci che oramai hanno sguainato le spade e non ci pensano nemmeno a riporle nella custodia.

La riperimetrazione è intanto sentita dai sindaci, comunque come una presa di posizione di principio, contro un ente, il Parco, ad oggi acefalo, senza Cda, e per l’ennesima volta commissariato, con incarico affidato alla dirigente regionale Annabella Pace.





Ente che, si sottolinea, con il suo risicato budget di poco più di 900 mila euro l’anno, riesce a pagare giusto gli stipendi dei suoi dipendenti, le spese di gestione, e solo in parte i danni ingentissimi causati da cinghiali, cervi, orsi e lupi, a coltivazioni anche di pregio e agli allevamenti di cavalli, mucche e pecore che pascolano sugli splendidi altopiani intorno al monte Sirente.

Tra i più agguerriti Mario Di Braccio, sindaco di Gagliano Aterno, nel cuore della Valle Subequana.

“Lei mi chiede se sono favorevole alla riperimetrazione del Parco Sirente Velino? – chede ironicamente il sindaco – io il Parco lo chiuderei del tutto! Le racconto solo questo: sono stato costretto a fare un ricorso al Tribunale amministrativo regionale per poter consentire alla mia comunità di fare legna in un bosco ceduo di uso civico, come si fa da secoli. Il Parco pone infatti divieti, perché in quel bosco, spiega, ci sarebbe un uccello raro, ed è frequentato anche dall’orso. Insomma la legna ce la dovremo comprare…”.

E incalza: “Il Parco è nato una trentina di anni fa, ebbene si può affermare che è stato un totale fallimento, non ha portato benefici al territorio, e non vedo come possa riuscirci in futuro. Per noi il tempo è bello che scaduto. Del resto la Regione non ha soldi  per investirci in modo adeguato. In questi anni poi la Regione non ha fatto altro che commissariare l’ente, con la scusa che in trent’anni non è riuscito ad approvare il piano del Parco previsto dalla legge. Ma secondo me non c’è la volontà di farlo funzionare, ed è grave che poi la colpa di questo disastro viene addossata a noi sindaci, con un inaccettabile scaricabarile”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Rocca di Mezzo Mauro Di Ciccio.

“Premesso che sono un ambientalista convinto, – spiega ad Abruzzoweb – ritengo che o la Regione su questo Parco ci investe risorse adeguate, per avviare una vera politica di sviluppo e valorizzazione, oppur tanto vale chiuderlo”.

Rocca di Mezzo è meta turistica molto gettonata, con migliaia di presenze in estate e anche in inverno, attratte però più che altro dagli impianti sciistici, e a tal proposito Di Ciccio fa notare che “il Parco non ha nemmeno i soldi per gestire come si dovrebbe il Centro di informazione turistica, ci mette solo 2.500 euro l’anno, il mio Comune ci mette gli altri 5 mila. Eppure con tutti i turisti che vengono a Rocca di Mezzo, qui un punto informativo dovrebbe funzionare al meglio. Il Parco anzi dovrebbe organizzare escursioni e visite guidate in tutti gli altri territori e borghi per ridistribuire la ricchezza portata dal turismo, e neanche questo viene fatto”.

A considerare un passaggio comunque importante la riperimetrazione è il sindaco di Acciano Fabio Camilli.





“Diciamo le cose come stanno – esordisce – il Parco in questi anni non ci ha portato nessun vantaggio tangibile né in termini di afflusso di turisti né di promozione. Per questo abbiamo chiesto con forza che almeno che le zone antropizzate e le aree agricole del mio Comune fossero fatte uscire dall’area protetta. E non ci siamo inventati nulla, nessuno dei Comuni marsicani anche sin dall’istituzione del Parco, ha il 100 per cento del territorio dentro i confini, perché loro sono stati lungimiranti”.

“Altro vantaggio – aggiunge Camilli – è che sicuramente cadrà il divieto assoluto della caccia, in modo tale da poter ridurre finalmente in modo drastico il numero fuori controllo dei cinghiali, che rendono molto difficile l’attività agricola, tenuto conto poi che il Parco ristora i danni solo in minima parte”.

Significativa anche la presa di posizione del sindaco di Fontecchio, Sabrina Ciancone. Nell’aprile del 2016 il borgo della valle dell'Aterno ha ospitato il congresso internazionale “Parchi capaci di futuro”, organizzato da Mountain Wilderness, Cts, Fai, Italia Nostra, Lipu, Federazione Italiana Pro Natura, Touring Club Italiano, Wwf.

E in quell’occasione è stata messa nero su bianco la Carta di Fontecchio, pensata per rilanciare con forza il ruolo centrale e strategico dei Parchi e delle aree naturali protette, ribadire le loro vocazioni prioritarie e il loro ruolo nelle dinamiche culturali, ecologiche e sociali.

Anche per la Ciancone il Parco regionale Sirente Velino è lontano mille miglia dagli obiettivi posti nella Carta.

“L’incontro di aprile ci ha fatto toccare con mano come bene funzionano altri Parchi in Europa, come riescono ad essere veicolo di crescita e protagonismo nei territori, e il confronto con il nostro Parco è francamente avvilente”

“Ad oggi – conclude Ciancone – in particolare non è stato capace di inserirsi in una politica europea delle aree protette, di aderire a progetti di alto livello, che avrebbero tra l’altro garantito cospicui finanziamenti e tante opportunità per il territorio. Non è un caso che anche tra i cittadini che vivono nel Parco ci sia molta disillusione”. Filippo Tronca

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