''CON APPENA 90 MILA EURO IL RISCHIO E' METTERE SU AZIENDE SENZA FUTURO''

PARADOSSI DEL PSR: I GIOVANI AGRICOLTORI RINUNCIANO PERCHE’ NON HANNO SOLDI

di Filippo Tronca

23 Giugno 2016 08:30

Regione - Cronaca

AVEZZANO – Sono tanti i giovani abruzzesi che rinunceranno a presentare domanda per accedere ai fondi previsti dal bando ad hoc del Piano di sviluppo rurale finalizzato a promuovere l’aumento del numero di aziende agricole condotte da under 40.

E a poco, si teme, servirà aver prorogato i termini per presentare la domanda dal 4 luglio al 1° agosto 2016.

I motivi?

Come spiega ad Abruzzoweb il direttore di Confagricoltura Stefano Fabrizi, quello principale sta nella difficoltà a reperire la quota di risorse economiche finanziarie da mettere di tasca propria, non meno, a conti fatti, di 61 mila euro, per ottenere i famigerati 90 mila euro del Psr, di cui 50 mila euro quale premio a fondo perduto e 30 mila euro di contributo agli investimenti.

Un bando dunque solo all’apparenza allettante e vantaggioso.

Che però per aspiranti agricoltori che partono da zero rischia diventare una micidiale trappola che potrebbe trasformare giovani disoccupat, in futuri disoccupati con pesanti debiti sulle spalle.

Sempre che se non si sia già ricchi di famiglia e magari con le banche che ti fanno credito.

Ma non è questo l’unico paradosso-limite del bando predisposto dalla Regione, su indicazione del’Europa, a detta almeno di Confagricoltura.

In esso infatti si è posto un limite troppo basso per accedere ai finanziamenti, che rischia di creare pericolose illusioni e che esclude nel contempo piccole aziende già esistenti, considerate troppo grandi.

I criteri del “pacchetto giovani agricoltori” predisposto dalle teste d’uovo dell’Unione Europea, va detto, sulla carta sembrano ineccepibili: se vuoi fare impresa, devi metterci del capitale anche tu, è un bando insomma rivolto ad imprenditori che si assumono il rischio di impresa, anche perché è finito il tempo dei fondi a pioggia e a fondo perduto che hanno prodotto più clientelismo e sprechi, che sviluppo e posti di lavoro.





È anche vero però che questa impostazione del Psr, che per il pacchetto giovani ha destinato 14 milioni di euro per i premi e 7 milioni per gli investimenti, ha fatto sì che un numero considerevole di potenziali beneficiari abbia già gettato preventivamente la spugna.

“Come Confagricoltura – spiega infatti Fabrizi – nella sede regionale di Avezzano (L'Aquila) abbiamo intrattenuto negli ultimi mesi colloqui e consulenze con 360 giovani interessati a partecipare al bando. In pista, determinati ad andare avanti, oggi ne sono rimasti circa 30. Lo stesso sta avvenendo nelle sedi di Chieti, Teramo e Pescara, con proporzioni analoghe”.

Prima insormontabile difficoltà, come detto, i soldi che i giovani devono metterci di tasca propria.

“Il bando garantisce 60 mila euro di fondo perduto – spiega ancora Fabrizi – ovvero soldi da non restituire e che per di più si possono utilizzare con grandi margini di manovra, anche per acquistare mezzi agricoli usati, terreni, capi di bestiame, immobili ad uso agricolo. E poi, vengono garantiti 30 mila euro per gli investimenti, in base ad un piano aziendale che deve essere però cofinanziato dal diretto interessato con almeno 50 mila euro.

E a questi 50 mila euro va aggiunta l’iva, che è carico del beneficiari e che dovrà essere pagata in anticipo su tutto l’importo complessivo, ovvero su 121 mila euro. Semplicemente – sottolinea Fabrizi – molti giovani che abbiamo affiancato, inizialmente determinati, questi soldi non ce li hanno ora e temono di non averceli in futuro, visto che il settore agricolo non è oggi una miniera d’oro, non hanno beni bancabili, anche perché l’azienda e il capitale volevano costruirselo da zero, proprio grazie al Psr. In definitiva, occorrono ottime ed innovative idee, buoni tecnici che sappiano consigliare e redigere il piano aziendale e predisporre una ottima pianificazione finanziaria a 4-6 anni”.

Nello spulciare il bando, in particolare i punteggi attribuiti al progetto aziendale, si scoprono poi altri potenziali fattori di aggravio di spesa.

Ad esempio sui 90 punti, che sono il massimo che si può ottenere, ben 25 punti, determinanti, sono attribuiti a chi prevede innovazioni tecnologiche nel processo produttivo.

“Anche qui – commenta Fabrizi – il principio sembra essere ineccepibile, ma nei fatti i macchinari ad alto valore aggiunto tecnologico, spesso non sono indispensabili a piccole aziende di montagna. Ed hanno come controindicazione quella dei costi di gestione e manutenzione molto elevati.

E allora, andava distinto caso per caso, ad esempio le aziende a zootecnia estensiva di montagna dovevano essere lasciate libere di fare investimenti volti al complessivo miglioramento dei ricoveri e delle tecnologie di allevamento, piuttosto che sollecitare investimenti complicati come l’acquisto di droni o di robot, o interventi di automazione del ciclo di gestione che hanno un senso e un'utilità per i grandi insediamenti, molto meno per quelli di frontiera”.

Il dubbio che potrebbe venire davanti a tante rinunce, nei palazzi di Bruxelles, è che troppi giovani abruzzesi non hanno spirito imprenditoriale e che alla terra ci vogliono tornare eventualmente senza rischiare nulla.

Nulla di più falso: sono infatti tanti i giovani che, fatti due conti, hanno deciso di rinunciare al Psr e preferiscono fare da soli, con i loro soldi, man mano che li troveranno. E con i loro tempi.





E forse è un bene, c’è chi osserva chiudendo il cerchio del ragionamento, perché come illustrato il rischio è che lo specchietto per allodole costituito dai 90 euro a fondo perduto, induca a fare il passo più lungo della gamba.

E nel medio-lungo periodo, come già avvenuto per altri aiuti europei, può provocare più danni che benefici, moltiplicando il numero di attività imprenditoriali senza futuro e giovani ancora senza lavoro e per di più indebitati.

Non dobbiamo dimenticare infatti che il settore è in crisi, il costo del gasolio è alle stelle, le tasse e la burocrazia mangiano buona parte dei guadagni.

Per non parlare della minaccia costante rappresentata dai danni da fauna selvatica nelle aree interne.

“La verità – conclude il nostro interlocutore – e che c’è un errore di impostazione in questo bando: l’accesso al finanziamento ha un'asticella di accesso troppo bassa, ed è infatti riservato a progetti aziendali con un ‘valore di produzione standard’ di appena 10 mila euro nelle zone montane e di 15 mila euro nell’area del Fucino, dove l’agricoltura ha già un'altissima intensità, oltre che nelle zone di pianura. Per raggiungere i 10mila-15 mila euro di valore di produzione standard, per capirci, basta pochissimo: una decina di mucche, oppure una sessantina di pecore, o una decina di ettari coltivati a grano.

Dunque il bando è riservato ad aziende piccolissime, che mai e poi mai, mantenendo queste dimensioni, possono diventare un’impresa vera che garantisce uno stipendio, capace di reggere in un mercato sempre più competitivo e in una congiuntura di grave crisi del settore.

Provate a chiedere a un allevatore delle nostre montagne se si riesce a campare con meno di 500 pecore”.

Ad essere esclusi dal bando invece sono le aziende montane e quelle del Fucino che non possono essere definite grandissime, e che sono già avviate, per le quali il Psr poteva rappresentare una preziosa occasione per il cambio generazionale.

“Le montagne d’Abruzzo sono piene aziende rette al 70 per cento  da over sessantacinquenni, molte delle quali in crisi. Aziende che potrebbero, grazie a questo bando, passare di mano, a figli o anche a giovani del posto non necessariamente imparentati, in questo caso con maggiori possibilità di durare nel tempo, tanto per cominciare perché sono aziende che non vanno costruite da zero, hanno un patrimonio, una clientela, una produzione avviata, attrezzature e logistica. Ma se il loro valore di produzione standard è superiore ai 200.000 mila euro sono escluse dal bando. Un vero paradosso”.

Il problema è dunque che per raggiungere una dimensione accettabile, per il giovane imprenditore che vuole mettere su il primo insediamento, il rischio è che ancora una volta, non basteranno nemmeno lontanamente i 90 mila euro a fondo perduto, più i 31 mila euro che ci metterà di tasca sua.

Si conferma insomma il paradosso antico proprio di tanti bandi europei: i soldi ti conviene farteli dare solo se ce li hai già, e forse neanche ti servirebbero. Evenienza che la saggezza popolare sintetizza nell'adagio, “piove solo e sempre sul bagnato”.

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