L'ALLARME DOPO L'ACCORDO FIRMATO DA COLDIRETTI, FEDEROLIO, UNAPROL E FAI. ''RISCHIO MISCELE CON SOLO IL 50 PER CENTO DI OLIO ITALIANO''

OLIO ITALICO: I PRODUTTORI INSORGONO CONTRO LA MINACCIA AL MADE IN ITALY

di Azzurra Caldi

13 Luglio 2018 07:30

Regione - Cronaca

L'AQUILA – La battaglia per la tutela dell'olivicoltura italiana al centro di un accordo dai risvolti poco limpidi. In discussione, negli ultimi giorni, il patto siglato da Coldiretti, Federolio, Unaprol e Fai Spa, che ha spinto i produttori a lanciare l'allarme per la denominazione “Italico”, come l'etichetta che potrebbe comparire sulle bottiglie contenenti solo il 50 per cento di olio italiano. Un'etichetta ritenuta ingannevole per chi pensa di aquistare un prodotto italiano ma che in realtà è composto per il 50 per cento di materia prima importata da Spagna, Grecia o Tunisia.

Un accordo, quello siglato il 28 giugno scorso dalle associazioni di categoria e dalle principali aziende di confezionamento italiane, definito “storico”. Un contratto dal valore di 50 milioni di euro per assicurare, almeno secondo le intenzioni espresse “la sicurezza e la diffusione dell'olio italiano al 100 per cento”, garantendo un prezzo minimo di vendita di 4 euro a litro. A firmarlo la Coldiretti, Unaprol, il maggiore Consorzio Olivicolo Italiano; Federolio, la principale associazione di categoria delle imprese leader nel confezionamento e nella commercializzazione di olio extra vergine di oliva e Fai, che organizza e promuove sui mercati le produzioni italiane e dalle principali aziende di confezionamento.

Una presa in giro, secondo produttori e diverse associazioni che hanno da subito avvertito il rischio di una contaminazione dell'olio extravergine italiano quando, in occasione del lancio del progetto, il 3 luglio scorso, viene spiegato come l'accordo di filiera prevede una miscela contenente “almeno il 50 per cento di olio di oliva extravergine italiano” considerato come “il massimo dell'italianità” per le imprese olivicole e olearie italiane. Un olio “patriottico” perché si deve prendere atto che “siamo importatori netti in tutte le filiere”, questo secondo le parole di Vincenzo Gesmundo, direttore generale di Coldiretti.





In quell'occasione però, non viene usato il nome “Italico”, frutto di una successiva sintesi giornalistica, e infatti puntuale, arriva la smentita di Coldiretti. “Non esiste alcun riferimento al nome Italico nè tantomeno alle miscele di oli extravergine di oliva Made in Italy con quelli importati dall’estero nel più grande contratto di filiera per l’olio fatto in Italia”.

Eppure, come testimoniano alcuni stralci degli interventi nella presentazione del progetto, Gesmundo sosteneva: “Come si considererà il patriottismo delle imprese olivicole e delle industrie olivicole italiane? Quelle che tenderanno nel brevissimo tempo ad arrivare a blend che contengono il 50 per cento di olio italiano, e siccome questo fa parte integrante, perché dico 50 per cento? Perché non è che noi veniamo dal mondo della luna (…) per me il massimo del Made in Italy di una qualsiasi industria qui rappresentata è quella industria che possa dimostrare che all’interno dei suoi blend c’è almeno il 50 per cento di olio extravergine d’oliva italiano”.

Il presidente del Consorzio nazionale degli olivicoltori, Gennaro Sicolo, in risposta alla smentita, parla di “una falsa precisazione”. 

“Il quadro è ormai chiaro – attacca Sicolo -: le piroette di Coldiretti e Federolio ormai provocano disgusto e tristezza e sono la testimonianza di un golpe al Made in Italy fallito: a pagare le conseguenze delle loro azioni, però, sono sempre i produttori e i consumatori”.





“È evidente come i protagonisti di questa farsa siano stati colti con le mani nella marmellata, anzi nelle miscele di olio che vogliono far passare come prodotto Made in Italy – ha sottolineato Sicolo -. La reazione di chi tutela realmente il Made in Italy, la presa di posizione dura dei consumatori e la valanga di proteste sui social e sui territori hanno prodotto questo passo indietro improvviso e sorprendente, soprattutto perché i protagonisti di questo accordo farlocco fino a qualche ora fa difendevano con dichiarazioni e comunicati la porcheria partorita chiamata Italico”.

“L’attenzione naturalmente resta altissima e vigileremo con grande attenzione su tutto il territorio nazionale, perché è certo che Coldiretti e parte di Federolio nelle prossime settimane torneranno alla carica con questo progetto”, ha ribadito Sicolo.

Un olio, secondo i produttori, che potrebbe essere spacciato per italiano e che potrebbe essere venduto ad un prezzo inferiore rispetto a quello italiano al 100 per cento, una concorrenza ritenuta decisamente sleale. “Il rischio di contaminazione dell'olio italiano è sempre dietro l'angolo – spiega ad AbruzzoWeb Alberto Amoroso, presidente dell'Associazioni Frantoiani abruzzesi -. Questo accordo, tra dichiarazioni e smentite, non fa altro che puntare i riflettori, una volta di più, sul pericolo a cui sono sempre maggiormente esposti i consumatori italiani. Chi ha intenzione di acquistare olio italiano deve essere assicurato della provenienza del prodotto in primis attraverso l'etichetta”.

“Un altro chiaro segnale è dato dal prezzo – continua Amoroso -. E' evidente che l'olio importato dall'estero, o le varie miscele, si presentino sugli scaffali a un costo decisamente ridotto. Attualmente il prezzo dell'olio in Abruzzo, si aggira tra i 6,50 e i 7, 50 euro. Ma sono tante le varianti che concorrono a decretare la cifra nel corso degli anni, a cominciare dai livelli di produzione, passando dai macchinari impiegati. Questo non significa declassare l'olio straniero – conclude -, ma poter assicurare al consumatore la qualità del nostro prodotto e, soprattutto, difendere i nostri produttori dalle logiche del ribasso”.

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