MAXI CAPANNONE SERCOM, L’AQUILA CHE VOGLIAMO CHIEDE USO SOCIALE

7 Agosto 2014 13:21

L'Aquila - Cronaca

L'AQUILA – “Ecco un esempio di come perdere tempo e soldi pubblici per mancanza di idee e di volontà, o che altro?”.

Interviene ancora il gruppo consiliare comunale L'Aquila che vogliamo sul maxi capannone Sercom, ora di proprietà del Comune dell'Aquila,sul cui futuro si sta discutendo senza però riuscire a trovare una soluzione definitiva per l'enorme struttura – 25 mila metri quadrati in un terreno di 140 mila – realizzata a partire da 15 anni fa nell’estrema periferia Ovest dell’Aquila ma mai utilizzata, come centro commerciale né tantomeno per usi alternativi post-sisma.

Il dibattito è ripartito dopo mesi di silenzio, anche grazie a un articolo di AbruzzoWeb.

“La prima proposta ufficiale di L’Aquila che Vogliamo – si legge nella nota – sul recupero di ex Sercom e Centro Polifunzionale di Paganica in favore di un progetto di ricostruzione sociale e aperto al territorio, risale al 12 ottobre 2012. Tale proposta venne discussa in Commissione Territorio il 13 marzo 2013, ben cinque mesi dopo la presentazione. Nella discussione in Commissione, pur avendo riscontrato pareri molto positivi e recepito le proposte di vari consiglieri, la proposta venne congelata in quanto la ex Sercom fu ritenuta non ancora acquisita al patrimonio comunale. Eppure un anno prima il  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1462 del 3 aprile 2012, aveva assegnato definitivamente e senza alcuna limitazione tutte le aree dei Progetti C.a.s.e., inclusa la particella numero 1070 della Sercom al Comune dell’Aquila”.

“L’8 maggio 2013 il nostro gruppo consiliare ha depositato per la seconda volta la proposta di deliberazione denominata 'Ricostruzione Sociale', ma solo il 18 aprile del 2014, a quasi un anno di distanza, è stato possibile illustrarla ufficialmente all’intera Assise”, si legge ancora nella nota.





“La discussione in Consiglio comunale – prosegue quindi il comunicato – è stata preceduta in extremis dal parere negativo della Giunta, letta in aula con freddezza e distacco dall’assessore alle Politiche sociali, Emanuela Di Giovambattista. L’assessore evidenziò comunque il carattere innovativo di alcune idee contenute ma non lasciò nessuno spiraglio al grande lavoro necessario per il crescente disagio sociale. Durante l’illustrazione del progetto 'Ricostruzione Sociale', il nostro capogruppo Vincenzo Vittorini ha tuttavia ricevuto dichiarazioni di parere favorevole dai consiglieri di maggioranza e di opposizione ma, complice una conferenza di capigruppo convocata d’urgenza, venne proposta ed approvata una mozione che rimandava la discussione e la votazione sulla delibera ad altra seduta consiliare”.

IL RESTO DELLA NOTA DI L'AQUILA CHE VOGLIAMO

Nell’attesa di riprendere la discussione in Consiglio comunale (non è noto quando verrà di nuovo inserita la proposta) L’Aquila che vogliamo ha continuato senza sosta la condivisione del progetto, ha verificato la piena disponibilità di Istituzioni cittadine come l’Università dell’Aquila e il Gran Sasso Science Institute a prendere parte ad un tavolo tecnico previsto e indicato nella proposta di deliberazione. 

Proprio questo tavolo tecnico è il luogo ideale pensato per coinvolgere e armonizzare le esigenze della comunità aquilana con strutture e opere da recuperare e valorizzare. Un luogo privo di vincoli o interessi distorti, capace di comporre un progetto definitivo sostenibile con fondi comunitari e Inail.

L’esperienza del nostro gruppo di lavoro ha fatto in modo che il progetto 'Ricostruzione Sociale' risulti attualmente l’azione più concreta di inclusione sociale rivolta alle persone con disabilità, agli anziani e ai giovani, in assenza di qualunque altra proposta completa, inclusiva e legata alla realtà del territorio ed al recupero intelligente di strutture già presenti ed oggi in stato di abbandono. 





Abbiamo volutamente ignorato (e continueremo a farlo) sterili polemiche da parte di coloro  che, animati da una cultura inadeguata o da legami e vincoli imposti non hanno esitato a definire il nostro progetto 'ghettizzante'. 

Qui si tratta invece di condivisione di luoghi e attività aperti a tutta la comunità, senza distinzione alcuna, con una 'accessibilità universale' che altrove in Europa e nel Mondo è realtà, ma che nella nostra città oggi si manifesta solo con strisce zebrate.

Perché in questa città il tempo non ha un valore? Perché per discutere di problemi e proposte in grado di migliorare la vita dei cittadini occorre attendere anni? Perché una struttura che lo stesso Comune stabilisce possa essere acquisita dal gennaio 2008 non è stata mai iscritta al patrimonio comunale? Perché trattare al costo di ben 13 milioni di euro, quando si poteva acquisire area e immobile senza alcun costo per la collettività? Come mai proprio questa liquidazione è stata evasa con priorità assoluta ? 

Ora che i 13 milioni di euro sono stati assegnati, si fanno ipotesi fantasiose sull’assegnazione, con probabili ulteriori costi, a realtà produttive da inserire in un contesto ormai residenziale.

Evidentemente per la politica aquilana il tempo ed il denaro non hanno valore, la sicurezza ha un significato effimero e i problemi degli aquilani possono attendere all’infinito.

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