LAVORO: ATLANTE DELLE CRISI INDUSTRIALI LE 40 AZIENDE CHE SOFFRIRANNO NEL 2015

di Filippo Tronca

2 Marzo 2015 08:36

Regione -

L’AQUILA – Manifestazioni, sit in e picchetti, estenuanti trattative, viaggi della speranza ai tavoli romani, l’attesa del salvatore straniero, l’angoscia quotidiana di migliaia di famiglie che rischiano da un giorno all’altro di ritrovarsi senza di che vivere, terminato l’ultimo ammortizzatore sociale, per chi ha la fortuna di poterne godere.

È l’Abruzzo delle crisi industriali, quello che non andrà a celebrare se stesso dentro uno stand dell’Expo di Milano, ma che resterà a lottare e a sperare in un miracolo.

L’Abruzzo che, negli ultimi 5 anni, ha visto bruciare 54 mila posti di lavoro, e salire la disoccupazione giovanile stabilmente oltre il 40 per cento, che ha visto esplodere le ore di cassa integrazione, e va a tal proposito ricordato che sono ben 5 mila i cassintegrati che non ricevono da aprile 2014 le poche centinaia di euro di assegno mensile.

A fare eccezione, in questo quadro desolante, le multinazionali, e i poli di eccellenza che hanno retto alla crisi, come l’automotive della Val di Sangro, che si consolida intorno ai furgoni e agli scooter della Fiat, e ancora l’agrolimentare, la farmaceutica, e poco altro.

Non c’è tempo da perdere, come appare evidente nel “tour” di questo giornale nei fronti più caldi delle crisi industriali nelle quattro province abruzzesi, quelle che, negli ultimi mesi, hanno conquistato la ribalta delle cronache, e sono state messe in cima, all’agenda di lavoro di politici e sindacati.

Vertenze che rappresentano solo la punta dell’iceberg: per ogni grande azienda che rischia la fine, infatti, ce ne sono tante altre più piccole dell’indotto che rischiano di chiudere per sempre cancelli e saracinesche.

CHIETI

Situazione critica alla Sixty di Chieti scalo dove, a settembre 2014, è scattata la mobilità per 256 lavoratori. Esito di una crisi che si protraeva da ormai quasi tre anni, e che investe un’azienda d’eccellenza nel campo dell’alta moda.

Fronte caldo alla Dialifluids di Canosa sannita che conta circa 120 dipendenti, e che produce sacche per pazienti uremici in dialisi. La cordata tedesca Fresenius Medical Care, proprietaria della stabilimento, ha fatto sapere che le due società che si erano interessate nei mesi scorsi a rilevare il sito hanno ufficialmente ritirato la candidatura. La chiusura è prevista per luglio 2015.

In crisi anche la Thales di Chieti scalo, che occupa 120 persone, e che opera nel campo dei sistemi elettronici e di comunicazione per la Difesa.

Cercasi disperatamente un acquirente anche per l’ex Golden Lady di Gissi. Interessate due aziende di logistica, ma che assumerebbero solo 60 dipendenti. Pochi, tenuto conto delle 300 famiglie a rischio, alcune delle quali già senza reddito dopo la fine della mobilità.

E poi c’è la Honeywell di Atessa, fabbrica di turbocompressori per auto di media e alta cilindrata, in regime di cassa integrazione straordinaria a rotazione. Sono circa 50  gli operai impiegati che lavorano in questo periodo su due delle tre linee dello stabilimento. Negli ultimi 4-5 anni sono usciti dalle linee produttive oltre 100 lavoratori.

La Tortella Macchine agricole di Ortona ha chiuso la produzione a natale e ha mandato a casa senza stipendio tecnici e operai, una cinquantina di dipendenti.

Dura da anni la crisi anche allo stabilimento Parker di Ortona, dove si attende l’avvento della Yokohama, azienda giapponese che produce pneumatici e tubi marini.

L’AQUILA

Nell’Aquilano si deve cominciare dalla ex Otefal del capoluogo, che produce alluminio e plastica. Qui la speranza per 176 lavoratori, che sono in mobilità dal 1° luglio 2014, si chiama Lux Perfil, azienda spagnola che si è detta pronta all’acquisto dello stabilimento.





Attesa spasmodica anche dell’ex polo elettronico per l’arrivo dell’Accord Phoenix, dell’imprenditore anglo-indiano Ravi Shankar, che vorrebbe aprire un’azienda di smaltimento di rifiuti elettronici, e riassumere 132 lavoratori.

Ci sono problemi sulle garanzie richieste dall’agenzia di governo Invitalia sull’investimento previsto di 35 milioni di euro, condizione per accedere agli 11 milioni di euro dei fondi per la ricostruzione destinati alle attività produttive.

All’ex polo elettronico di Pile prosegue anche l’estenuante vertenza del centro di ricerca dell’ Intecs ex Technolabs, dove sono in cassa integrazione a rotazione 150 addetti.

Negli ultimi giorni è stata dichiarata fallita la Edimo Spa, una delle aziende del gruppo Edimo dell’Aquila, specializzato nelle grandi realizzazioni industriali. Qualche settimana fa, l’azienda aveva aperto la procedura di mobilità per 45 dei 115 dipendenti.

Grave la crisi anche nella Marsica, che non molto tempo fa era uno dei motori dell’economia abruzzese.

Drammatica la vertenza della cartiera Burgo di Avezzano, su 300 addetti sono solo 40 quelli lavorano a rotazione. Pare, però, che vogliano farsi avanti acquirenti interessati a produrre cartone ondulato con grammatura leggera, prodotto di nicchia ma con mercato in crescita.

La sera della vigilia di Natale, 78 lavoratori dello stabilimento Pittini di Celano, che si occupa di trafilerie e zincherie, hanno ricevuto una lettera di licenziamento. I dipendenti hanno tentato per mesi di bloccare la smobilitazione di macchinari da parte dell’azienda friulana.

Non facile anche la situazione alla ex Micron, ora LFoudry, settore elettronico, 1.600 lavoratori, che sono impiegati con l’ausilio degli ammortizzatori sociali.

Si sono ritrovati in mezzo alla strada a dicembre gli ultimi addetti della Presider di Avezzano, settore acciaio, che aveva 144 dipendenti, 124 con un’età media di 45 anni, dopo le mobilità volontarie.

C’è poi la conca Peligna dove le vertenze calde sono poche, ma perché la desertificazione industriale è già avvenuta. Dure le proteste negli ultimi mesi dei lavoratori dell’Italfinish di Sulmona, che aspettano da sette mesi gli assegni di cassa integrazione.

PESCARA

La crisi corre lungo la Val Pescara, che pure ha pagato lo sviluppo economico con gli stabilimenti che hanno consumato suolo agricolo e bellezza, dalla montagna al mare.

A partire da Bussi, nell’ex polo chimico, che dava lavoro a 400 persone, e di cui si attende la reindustrializzazione, grazie ai 50 milioni di euro dei fondi post-sisma, per dare un futuro innanzitutto ai 70 dipendenti in cassa integrazione della Solvay.

Soffre anche tutto l’indotto metalmeccanico che era nato proprio a servizio del polo chimico, più a sud, e sono oggi numerosi i dipendenti in cassa integrazione in deroga nelle aziende Oma, Ciclat, Fib, e Das.

Penano anche la Tirino Impianti di Bussi, con 30 lavoratori in mobilità, e la Dibes di Scafa, con 10 lavoratori in mobilità.

Durissima la vertenza alla Cir di Tocco da Casauria, che produce rimorchi, dove sono 180 lavoratori in cassa integrazione. La speranza residua risiede nell’arrivo di un’azienda polacca pronta a rilevarla e fare investimenti.





Cesserà definitivamente la produzione a giugno la Kimberly Clark di Alanno, e si sta cercando di trovare un’occupazione alternativa in cooperative sociali ai dipendenti che si troveranno in mezzo a una strada.

A Scafa estenuante la vertenza di Italcementi. La proprietà delle cementerie, che vanta concessioni minerarie nel territorio, ha annunciato di voler chiudere stabilimento in vista della ristrutturazione aziendale. A rischio il posto di lavoro di 70 operai, e un importantissimo indotto.

Nell’area vestina prosegue la crisi profonda del settore una volta fiorente del tessile e del confezionamento, che orbitava intorno alla Brioni di Penne, eccellenza nel campo dell’abbigliamento di alta moda.

A settembre 2014 sono stati licenziati finita la cassa integrazione, i 44 addetti del Air One Technic, il centro di assistenza e manutenzione per aeromobili. Tramonta così anche il sogno che ha preso corpo 15 anni fa del polo aeronautico abruzzese.

TERAMO

Non è un gioco la situazione alla Bontempi di Martinsicuro, storica e prestigiosa azienda di giocattoli, gravata da 26 milioni di debiti.

Le decine di lavoratori ora in cassa integrazione sono pronte a rilanciare la produzione unendosi in cooperativa, ma dovranno fare a meno del marchio prestigioso, venduto per fare cassa a 1 milione di euro, acquistato da un ex amministratore delegato.

La vertenza più drammatica nel settore decisivo della metalmeccanica è all’Atr di Colonnella, specializzata nella costruzione di bolidi: circa 389 lavoratori sono ora in mobilità. Nel 2006 l’Atr dava lavoro a 1.000 persone.

In difficoltà anche la fonderia Veco, di Martinsicuro, che occupa un centinaia di dipendenti, a causa anche del suo impatto ambientale e dei difficili rapporti con il Comune.

Crisi alla Cmp, anch’essa a Martinsicuro, settore carpenteria metallica, in concordato preventivo, affondata dai mancati pagamenti.

Fronti caldi all’industria alimentare Rolli di Roseto, dove la crisi vuole essere superata con le esternalizzazioni e le riduzioni di salario.

Continua la desertificazione di un tempo fiorente settore tessile che in dieci anni è passato in Abruzzo da 27.500 lavoratori a 13.400, e il grosso era nella Val Vibrata.

E a proposito di tessile, a settembre ha chiuso i battenti la Fao di Castellalto, che per 30 anni ha realizzato capi d’abbigliamento per marchi prestigiosi di tutto il mondo. Resta a casa una sessantina di dipendenti, quasi tutte donne e con altissime professionalità.

A novembre ha suonato il de profundis per il Prosciuttificio del Gran Sasso di Colledara, che dava lavoro a oltre 50 addetti, che ora sostenuti dalla comunità locale lottano e manifestano per salvare il posto di lavoro.

Infine, sempre a novembre, ha chiuso la lavanderia industriale Martelli di Ancarano, dopo aver firmato un accordo a per un incentivo all’esodo degli 80 dipendenti che andati in mobilità.

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