L’AQUILA:ANNULLATO CONCORSO DEL 1996, DANNI MILIONARI AL COMUNE?

di Filippo Tronca

26 Aprile 2015 10:04

L'Aquila - Cronaca

L'AQUILA – Paradossi della giustizia lumaca! Dopo 16 anni dal ricorso il Consiglio di Stato ha clamorosamente annullato, per una mancata trascrizione dei criteri di valutazione, un concorso per funzionari bandito dal Comune dell'Aquila nel lontano 1996.

Un brutto pasticcio nato da un ricorso di una concorrente risultata non idonea, lasciato per anni a prendere la polvere, e che ora potrebbe anche costare carissimo al Comune capoluogo, se chiederanno il risarcimento dei danni, a colpi stimati di 3 milioni di euro per ciascuno, i funzionari che rischiano ora di perdere il posto di lavoro, a seguito dell'annullamento del concorso.

Non rischiano invece il posto, e non hanno motivo di chiedere risarcimento, i vincitori del concorso Paolo Costanzi, oggi direttore del settore Attività amministrativa della Regione Abruzzo, ed Elena Sico, dirigente regionale dell’Ufficio monitoraggio delle politiche finanziarie e responsabile dell’anticorruzione della Giunta.

Entrambi, infatti, secondo quanto si è appreso hanno vinto negli anni successivi altri concorsi e si sono dimessi da tempo dalla carica di funzionario ottenuta con il concorso del 1996.

Da manuale, e non certo delle buone pratiche, l’annosa vicenda processuale.

Tutto ha avuto inizio quando una concorrente risultata non idonea, Lorella Giammaria, ha chiesto l'accesso agli atti e si è resa conto che il punteggio sugli elaborati era stato attribuito senza che la commissione avesse prima fissato i criteri e le modalità di valutazione, come per esempio la capacità di sintesi, l’aderenza del contenuto alla traccia, la completezza dell’argomentazione e così via.





Nel 1999 la donna ha deciso così di fare ricorso al Tribunale amministrativo regionale. Nel 2002 il Tar ha respinto, però, tutte le argomentazioni della ricorrente, sulla base di una precedente sentenza del Consiglio di Stato che diceva che il voto è auto-motivante, cioè esprime in sé la valutazione tecnica della commissione. Non occorreva, insomma, trascriverla nei verbali, era implicito che i criteri fossero stati adottati.

La concorrente però non si è data per vinta, e nello stesso anno ha presentato appello al Consiglio di Stato, organo di secondo grado della giustizia amministrativa.

Il fascicolo dell’appello è rimasto anni e anni in qualche scaffale, finchè l'anno scorso i giudici hanno finalmente proceduto a esaminarlo, e lo scorso 14 aprile, dopo 16 anni dal ricorso e 19 dal concorso, hanno ribaltato clamorosamente la sentenza del Tar, tra l’altro come detto fondata su una precedente sentenza proprio del Consiglio di Stato.

La ricorrente, insomma, ha ragione perché, in un'ottica di trasparenza dell'azione amministrativa, la commissione deve fissare preliminarmente i criteri di valutazione degli elaborati.

La sentenza è stata poi confermata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, chiamata a esprimersi sull'ulteriore quesito: è possibile evitare l’annullamento dopo 16 anni di un concorso, evitando di incidere sulle carriere professionali delle persone e limitarsi a riconoscere un risarcimento ricorrente, ancorché non richiesto?

La plenaria ha risposto che no, non è possibile: la ricorrente ha chiesto l’annullamento, non il risarcimento.





“Non è consentito al giudice – ha sentenziato l'Adunanza plenaria – in presenza della acclarata, obiettiva esistenza dell'interesse all'annullamento richiesto, derogare, sulla base di invocate ragioni di opportunità, giustizia, equità, proporzionalità, al principio della domanda (…) e trasformare il petitum o la causa petendi, incorrendo altrimenti nel vizio di extrapetizione”.

Ora la conseguenza, in linea di principio, è che perderanno i requisiti tutti i dipendenti entrati in graduatoria con quel concorso, e che ora sono funzionari in una delle pubbliche amministrazioni d’Italia, senza aver vinto nel frattempo altri concorsi, come accaduto invece per Costanzi e Sico.

E quelli in bilico potrebbero dunque rivalersi sul Comune dell’Aquila, responsabile dell’errore commesso dalla commissione esaminatrice, che è un’organo temporaneo della pubblica amministrazione che bandisce il concorso, presentando un conto molto salato.

La quantificazione di ciascun risarcimento potrebbe essere, infatti. pari a tutti gli anni di stipendio persi, fino alla pensione, più la riduzione conseguente dell’assegno pensionistico, più i danni morali e d’immagine.

Se a un funzionario mancano 20 anni per andare in pensione, e tenendo conto che il suo stipendio è di  60 mila euro l’anno, la sua richiesta di risarcimento ammonterebbe a 3 milioni di euro.

LA SENTENZA COMPLETA (Pdf, 2,7 Mb)

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