L’AQUILA: LO TSUNAMI RISPARMIA CIALENTE CON LOLLI E PEZZOPANE SI GIOCA IL 2017

di Alberto Orsini

28 Novembre 2015 19:21

Regione - Politica

L’AQUILA – La sortita del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, che ieri ha reso noto di essere indagato dalla procura della Repubblica, ma ha anche aggiunto di non saperne il motivo, ha suscitato un pandemonio e ha aperto uno spiraglio su una vicenda di cui, negli ambienti politici e giudiziari aquilani, si mormorava da mesi.

Chi gli è vicino assicura che il primo cittadino l’abbia presa come una sorta di “rivincita” sul clima di sfiducia che, da un po’ di tempo, aleggia sulla coalizione al governo della città dal 2007 e riconfermata nel 2012.

Uno schieramento che, proprio nella prospettiva spifferata fin troppo a lungo di un Cialente indebolito da un’inchiesta-bomba in arrivo, aveva mostrato, negli ultimi mesi, sempre più crepe e alzate di capo. Perfino in casa del sindaco, all’interno del Partito democratico.

Ma ora l’inchiesta è uscita anche se le carte sono coperte da strettissimo riserbo, e spuntano diversi filoni, anche interrotti e ripresi, che non consentono di valutare con precisione la situazione giudiziaria. L’unico dato sicuro è che l’indagine c’è.

Ma a fronte di questa incertezza, sembra proprio che lo “tsunami” disastroso da alcuni previsto su Cialente non si abbatterà affatto.

Fuori dai denti: a tutta probabilità l’accusa non sarà di corruzione, come pure qualcuno aveva ipotizzato, ma un più fronteggiabile abuso d’ufficio.

Non per questo, se dimostrato nei tre gradi di giudizio, il reato sarebbe meno grave, ma al di là degli eventi futuribili la conseguenza politica immediata è che con questa imputazione non ci sarà in campo l’ipotesi di dimissioni anticipate. Di qui la “rivincita” del primo cittadino.

Certo è che lo scenario resta di campagna elettorale piena, dato che Cialente, forte o debole che sia, non potrà ricandidarsi alla fascia tricolore, quindi la coalizione dovrà fare a meno di lui e si interroga su come fare.

FAVORITI NATURALI E CANDIDATO “NEW AGE”

L’ipotesi a oggi più gettonata resta sempre e comunque quella di una successione all’interno della triade che da decenni detta legge nel centrosinistra cittadino.

Quella composta, oltre che dallo stesso Cialente, anche da Giovanni Lolli, già senatore e deputato nonché sottosegretario allo Sport, oggi vice presidente della Giunta regionale, e Stefania Pezzopane, ex vice presidente del Consiglio regionale e presidente della Provincia, oggi senatrice.





Ma oltre a non deliziare eccessivamente i palati dei giovani democratici rampanti, queste due figure hanno entrambe le loro personali riserve a ereditare la fascia tricolore del capoluogo, e inseguono, per di più, altri obiettivi.

Per loro, insomma, la guida del Comune sarebbe un “piano B”, ed è questo che lascia spazi di manovra alle nuove leve, che intravedono in una figura come quella del presidente della società idrica Gran Sasso Acqua, Americo Di Benedetto, un possibile candidato “new age”.

L’interessato nicchia, spaventato dal largo anticipo della diffusione del suo nome, già di qualche anno fa le prime ipotesi, e preoccupato di non avvicinarsi troppo all’appuntamento elettorale con i favori del pronostico, per non entrare nel proverbiale “conclave” da papa uscendone poi ancora cardinale.

I DUBBI DI LOLLI

Il favoritissimo, a rigor di logica, è Lolli, 65 anni, che dall’anno scorso ricopre il primo incarico amministrativo nella sua regione di nascita dopo aver fatto tanta vita di partito tra Pci, Pds e Ds e aver poi trascorso dal 2001 tre lustri sui banchi romani.

È notorio che Lolli il sindaco non abbia alcuna intenzione di farlo. Preferirebbe, piuttosto, tornare sui banchi nazionali, dove ha contatti e relazioni proficue, dovendo anche incassare un “credito” politico.

Alle dimissioni di Giovanni Legnini, infatti, Lolli sarebbe dovuto subentrare alla Camera come primo dei non eletti del Pd, ma è rimasto al suo posto come numero 2 della Regione, obbedendo a D’Alfonso e lasciando strada al fedelissimo dell’ex sindaco pescarese, Gianluca Fusilli, peraltro desaparecido: in un anno di attività ha presentato solo un misero emendamento e nulla più.

Cionondimeno, Lolli è uomo di partito. “Il nostro candidato sei tu”, gli dissero tutti in Consiglio comunale, dove si presentò in tshirt reduce da un’arrampicata, dopo che Cialente si era dimesso per le inchieste giudiziarie sulla sua Giunta e gli attacchi mediatici.

Se il partito lo chiedesse finirebbe per accettare, anche se “il partito”, oggi, agli occhi di Lolli, è una classe dirigente di neofiti trentenni che dovrebbe faticare parecchio per fargli recitare, anche stavolta, il ruolo dell’aziendalista.

In quel caso, comunque, il suo asso nella manica per vincere le elezioni sarebbe, in virtù dell’interessamento attuale da vice presidente della Regione, la gestione dei fondi per lo sviluppo economico e produttivo del “cratere” del terremoto.

Ben 260 milioni di euro che costituiscono il 4% del malloppo di fondi per la ricostruzione e sono una dote quanto mai golosa per chi ambisca alla successione a Cialente. Almeno tanto quanto la blindatura della restituzione abbattuta e rateizzata delle tasse sospese nei primi mesi dopo il sisma, che Lolli si sta giocando in tandem con il vice presidente del Parlamento europeo, David Sassoli.

LE TENTAZIONI DELLA PEZZOPANE

Quanto alla Pezzopane, 55 anni, a specifica domanda ha sempre risposto che “per il momento” non è interessata a correre per diventare il secondo sindaco donna della storia dell’Aquila dopo Marisa Baldoni nel 1992, quando lei era un giovane consigliere.





Questo soprattutto perché, al contrario di Lolli, la sua carriera si è svolta per quasi 25 anni tra incarichi amministrativi e politici di peso sempre crescente ma sempre nell’ambito ristretto dell’Abruzzo, con la grande chance romana arrivata solo nel 2013, peraltro grazie alla rinuncia di Franco Marini che le ha lasciato il posto di capolista al Senato, poi risultato unico posto utile.

Una chance sfruttata con grande slancio, specialmente all’inizio, con l’acquisizione di ruoli nazionali di grande risonanza, come la vice presidenza di quella Giunta per il regolamento del Senato che ha fatto scalpore per aver cacciato dai banchi il condannato Silvio Berlusconi, con la Pezzopane protagonista dell’istruttoria.

Protagonista ci è tornata negli ultimi mesi, con il lungo lavoro sulla nuova legge sulla ricostruzione, ancora da perfezionare come gli hanno chiesto le istituzioni locali, e l’ottenimento di misure normative chiare e di fondi per la proroga dei contratti ai lavoratori precari, bottino sicuramente spendibile in chiave elettorale.

Nel mezzo, e questa è l’incognita, un periodo in cui, complice il disvelamento della sua nuova relazione sentimentale con l’ex spogliarellista Simone Coccia Colaiuta, è comparsa più sulle cronache rosa che in quelle politiche e anche per questo, sostengono molti, ha perso la partita decisiva per la nomina a sottosegretario del governo Renzi in sostituzione dell’altro abruzzese Legnini, che aveva lasciato esecutivo e Parlamento per diventare vice presidente del Consiglio superiore della magistratura.

Adesso la Pezzopane sfoglia la margherita, aspettando la modellazione definitiva della nuova legge elettorale, allo scopo di capire se potrà giocarsi con congrue probabilità la riconferma passando dal Senato alla Camera. Se e solo se non ci saranno sbocchi futuri romani, l’opzione-sindaco prenderà corpo, e a quel punto scenderà in campo in città, c’è da giurarlo, con calibri molto pesanti.

LA VARIABILE CIALENTE

E Cialente? Dal 2017 in poi ha già fatto intuire di voler diventare la vera variabile impazzita, avendo portato a termine (auspicabilmente) il grosso della ricostruzione post-sisma, e volendo puntare a divertirsi e a passare una serena “vecchiaia politica” (tra 2 anni ne avrà 65 anche lui).

La “minaccia” più concreta, che terrorizza segretamente gli “yuppies” del Pd, è quella che si candidi a essere consigliere comunale a briglia sciolta, magari a capo di una lista alternativa a quella ufficiale del partito, capace di essere determinante nel dire la propria sul prossimo quinquennio di ricostruzione e di amministrazione.

Ma anche il sogno di Cialente, a quanto pare, è imboccare la A24 e tornare a Roma, dove è già stato per due mandati da deputato, seppure il secondo di soli due anni per le sventure del governo Prodi (dove c’era Lolli).

Un incarico di governo, se Renzi fosse confermato nel 2018, sarebbe paradisiaco, ma Max riterrebbe ottimo anche un posto di “sottogoverno” in qualche organismo o società dello Stato.

Più difficile, infine, sebbene anche questo tra le possibilità, un suo possibile passaggio in Regione, magari scambiandosi la poltrona con Lolli, per diventare vice presidente: D’Alfonso indossa già la maglietta numero 10 e nella sua squadra c’è spazio per un solo fantasista.

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: