PIETRE E MARMI DISTRUTTI, ERBA ALTISSIMA, ORGANO ANTICO DANNEGGIATO LE RESPONSABILITA' DELLE DUE ISTITUZIONI SULL'IMPASSE. CASO PARTI COMUNI

L’AQUILA: LA VERGOGNA DI SAN MASSIMO, NUOVE FOTO E PASTICCIO COMUNE-CURIA

di Berardino Santilli

19 Gennaio 2015 12:20

L'Aquila - Gallerie Fotografiche

L’AQUILA – Promesse al limite del trionfalismo sui fondi per la ricostruzione, sia dalle istituzioni locali, sia da quelle nazionali, ultima della serie la convinta rassicurazione del sottosegretario all’Economia con delega alla Ricostruzione Paola De Micheli, in visita per la prima volta all’Aquila venerdì scorso.

Corale certezza di un centro storico che tornerà alla luce nel giro di 3 anni per issarsi come sottolineato dal sindaco, Massimo Cialente, tra le perle più preziose d’Europa.

Ma in un quadro così perfetto, nessuno ha parlato della vergogna dell’abbandono e del degrado in cui versa il Duomo, la chiesa più importante della città, il fiore all’occhiello dell’omonima piazza, che una volta ricostruito il centro storico ne sarà il biglietto da visita.

A quasi 6 anni dal sisma del 6 aprile 2009 e dopo una messa in sicurezza senza la dovuta manutenzione, in particolare senza copertura provvisoria, il tempo passato alla mercé delle intemperie ha avuto l’effetto di un altro terremoto.

Le immagini esclusive documentate da AbruzzoWeb fanno emergere una situazione molto più grave di quanto raccontato fino a oggi da questo giornale.

Arbusti che ormai crescono indisturbati e lussureggianti all’interno di quello che una volta era luogo di culto, pietre e marmi spaccati ed erosi dal tempo, macerie abbandonate in ogni dove. Questo emerge dalle foto aree ottenute grazie all’ausilio di un drone.

E soprattutto, come già denunciato da questo giornale, il danneggiamento irreparabile di quello che era uno dei pezzi forti della Cattedrale, l’antico organo di legno, ormai irrecuperabile.

Una situazione che non fa onore agli enti coinvolti e che deve fare indignare cittadini e fedeli.

Insieme alla Curia e all’arcivescovo metropolita, monsignor Giuseppe Petrocchi, padrone di casa completamente immobile e insensibile a questa vergognosa vicenda, anche il Comune capoluogo ha grosse responsabilità.





Al di là di quello che continua a dire l’assessore comunale alla Ricostruzione Pietro Di Stefano, per il quale tutto è a posto.

L’appalto privato di 45 milioni di euro lanciato sul quotidiano economico Il Sole 24 Ore dal Consorzio Sant’Emidio, controllato dalla chiesa, che ha la maggioranza delle proprietà, in un clima di polemiche, è stato vinto all’associazione temporanea d’imprese (Ati) composta da Sac Spa, Costruzioni Iannini Srl e Dp Restauri Srl.

Ma se è ancora fermo, il peccato originale è dell’amministrazione comunale: è stato infatti il Comune a dare il via libera all’inserimento delle parti in comune della Cattedrale, quindi il recupero strutturale, della facciata e delle coperture, nell’ampio aggregato costituito anche dall’arcivescovado e da altri palazzi privati.

Un intervento da realizzare nell’ambito dell’appalto ad affidamento diretto all’Ati Sac-Iannini-Dp in base al decreto numero 12 del giugno 2010 del commissario delegato per la ricostruzione, Gianni Chiodi, che disponeva le norme per la costituzione dei consorzi obbligatori.

Come fatto con la vicina chiesa di San Marco, anche questa ferma nonostante la documentazione sia a posto e, anche in questo caso, le parti comuni siano arrivate al limite del contributo privato, salvo poi bloccarsi per l’indicazione di stralcio disposta dal Comune.

Ma ora il Comune, o meglio, i funzionari responsabili del lasciapassare, impauriti dalla scure della Corte dei conti, hanno fatto marcia indietro.

Questo alla luce della legge 77 del 2009, che ha convertito il primissimo decreto 39 sul post-sisma, nella parte sugli edifici ecclesiastici, emanata prima del decreto 12, considera le chiese edifici privati a interesse pubblico, per cui i fondi pubblici per il recupero delle parti in comune devono essere assegnati con un bando pubblico.

Proprio per questo, nel caso di San Marco, il Comune ha chiesto di stralciare dal progetto le parti in comune della chiesa.

E il consorzio, che non può far partire i lavori, ha tutta l’intenzione di inoltrare un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar).

Questo autentico caos normativo sta frenando anche l’aggregato del Duomo nel quale, secondo quanto si è appreso, l’arcivescovo Petrocchi ha bloccato tutto, ordinando al presidente del Consorzio, Augusto Ippoliti, di ritardare la consegna delle integrazioni alla documentazione e, quindi, allungando i tempi della firma del contratto.





Tutto questo con la chiesa che ancora vuole contare negli appalti, non avendo ancora rinunciato alla possibilità di diventare soggetto attuatore, quindi in grado di bandire gare, come da strategia fissata dal precedente vescovo ausiliare, monsignor Giovanni D’Ercole, oggi titolare della diocesi di Ascoli Piceno, e sposata appieno da Petrocchi.

Una vicenda che è oggetto di indagine in inchieste giudiziarie su presunte tangenti nelle ricostruzione di chiese e monumenti, ma dopo essere arrivata al punto di scrivere all’allora premier, Enrico Letta, oggi la Curia è incapace di avere punti di riferimento a Roma mentre il Comune è ancora prigioniero dei suoi errori.

In altre chiese, per importi notevolmente minori, il giochetto ha funzionato e i lavori complessivi sono stati assegnati senza bando pubblico, con affidamento diretto. Ma a San Massimo questo esito è impensabile allo stato delle cose.

Ecco perché è il governo che dovrà mettere le mani e sbrogliare questa matassa. Ma non si sa se della vergognosa vicenda sia stato informato il sottosegretario De Micheli.

Intanto è sempre più vicino il pericolo di contenziosi contro la Curia e contro il Comune da parte delle imprese, dei progettisti e dei condòmini del consorzio Sant’Emidio, oltre che di almeno un altro legato al destino del primo, per i quali si ritarda il ritorno a casa.

In tal senso va letta una riunione che il presidente di Consorzio Ippoliti avrebbe intenzione di convocare con tecnici e progettisti, preoccupato dall’evolversi degli eventi.

L’unica certezza è che i fondi per il restauro di opere d’arte e decorazioni saranno assegnati con un bando pubblico lanciato dal Mibact.

Ma da quelle parti il vertice è tornato vacante, dopo la fine del mandato ad interim del direttore Francesco Scoppola e la trasformazione in segretariato, con la futura nomina di un dirigente di seconda fascia mentre verrà creata una soprintendenza speciale per L’Aquila.

Alla luce di queste trasformazioni in seno ai Beni culturali, figlie della riforma voluta dal ministro Dario Franceschini, chissà quando scoccherà l’ora di quel bando per sbloccare la Cattedrale.

In ultimo c’è da sottolineare un aspetto non secondario, ovvero che lo stralcio delle parti in comune del Duomo e di San Marco potrebbe finire per impedire un regolare svolgimento dei lavori complessivi.

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