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L’AQUILA, ECCO IL PIANO DI RICOSTRUZIONE DA CINQUE MILIARDI

di Alberto Orsini

26 Gennaio 2012 22:38

L'Aquila -

L’AQUILA – Ecce piano!

Dopo oltre due anni e mezzo dal sisma del 6 aprile 2009, il Comune dell’Aquila ha finalmente il suo piano di ricostruzione e AbruzzoWeb lo propone in anteprima esclusiva ai suoi lettori.

Si tratta di uno strumento da 5 miliardi di euro, 3,4 solo per il centro storico del capoluogo, cui bisogna aggiungere altri 1,5 miliardi per le 49 frazioni.

Il piano è articolato in quattro grandi sezioni: le linee di indirizzo strategico, lo stralcio per il capoluogo, quello per le frazioni e quello per i progetti strategici.

Previsti interventi “diretti”, ossia rapidi, circa il 70 per cento del totale, per i pezzi di centro e di frazioni che sono conformi al piano regolatore generale del 1975, un “pallino”, questo, del Comune, che intende sveltire i tempi.

Seguono poi interventi “unitari”, circa il 15 per cento del totale, di iniziativa pubblica o privata, da attuarsi attraverso strumenti come i programmi integrati in generale e i programmi di recupero urbano.

Infine, ci sono gli interventi “pubblici”, l’ultimo 15 per cento, normati dal Testo unico per l’edilizia, il decreto del presidente della Repubblica numero 380/2001.

Si tratta di un piano arrivato dopo una genesi tormentata, con il Comune inizialmente contrario e che si è dovuto pian piano piegare ma ha voluto fare un piano di ricostruzione a modo suo.

“Il nostro piano è stato fatto a tempo di record, se pensiamo che non si tratta di un piano solo ma di 50: uno per L’Aquila e uno per ognuna delle 49 frazioni, mi aspetto un encomio dal commissario”, ha detto in conferenza stampa il sindaco Massimo Cialente.

“Operativo entro l’estate? Credo di sì ma non dimentichiamo che ci sono le elezioni, un intermezzo importante”, ha detto l’assessore alla Ricostruzione Pietro Di Stefano.

CIALENTE E DI STEFANO: ”PIANO FATTO PRESTO E BENE, L’AQUILA SIA PRIORITA’ SUGLI ALTRI”

<span style='IL PIANO
LE LINEE DI INDIRIZZO STRATEGICO

Si tratta di un documento molto lungo, 292 pagine, che prende in esame dapprima aspetti generali, come il contesto socio-economico dell’Aquila prima e dopo il sisma e le attività preliminari di analisi, e poi entra nel particolare, sciorinando gli interventi nel capoluogo e nelle frazioni, le strategie e le stima dei costi.

Il documento si chiude con una proposta di ordinanza per i centri storici da parte del Comune, con lo scopo di “semplificare il complesso iter procedurale dei progetti di ricostruzione adeguando nel contempo l’impianto normativo al patrimonio edilizio dei centri storici”.

GLI INTERVENTI DIRETTI SUL CENTRO DELL’AQUILA

Lo stralcio degli interventi diretti sul capoluogo consta di 49 pagine e, come spiega la relazione introduttiva, “sintetizza in un unico documento i provvedimenti già emanati dal sindaco da dicembre 2010 ad agosto 2011 per l’attuazione degli interventi conformi al Prg (Piano regolatore generale, ndr) negli ambiti A e B della perimetrazione del capoluogo”.

Si tratta rispettivamente del cuore vero e proprio della città (piazza Palazzo, piazza Duomo, il Forte spagnolo e così via, ambito A) e delle cosiddette aree “a breve” (Santa Maria di Farfa/San Bernardino/Via Veneto, Porta Napoli Est e Ovest, Banca d’Italia-Belvedere, Lauretana ed ex San Salvatore, ambito B).

Qualche intervento diretto è previsto anche nelle aree di ambito C, quelle “di frontiera”, dall’ex ospedale di Collemaggio a Valle Pretara.

In queste zone, molto delicate e molto danneggiate, pur nell’ottica della “cornice” del piano, permane quella che è sempre stata la volontà dell’amministrazione Cialente, attenersi alle previsioni urbanistiche del vecchio Prg per fare più presto a ricostruire, strategia che, si sottolinea più avanti, non è esclusa dalla norma sui piani. Di qui il concetto di interventi “diretti”.

Dalle verifiche preliminari sono risultate conformi per l’ambito A: 150 proposte di intervento per l’area omogenea denominata “Asse centrale”; 130 proposte per le aree denominate “Santa Giusta”, “Via Garibaldi”, “Via XX Settembre/Rivera/Villa Gioia”; 218 proposte per le aree omogenee denominate “”San Pietro/San Marciano” e “Sant’Andrea”. Per l’Ambito B, invece, sono risultate conformi oltre 200 proposte di intervento.

IL MODELLO GEOLOGICO E LE ‘’BRECCE DELL’AQUILA’’

Tra le chicche dello stralcio, il modello geologico realizzato dal Centro di ricerca e formazione in ingegneria sismica (Cerfis) dell’Università che ha permesso di scoprire com’è fatto il terreno su cui è stato tirato su il centro.

In particolare, per quanto riguarda l’“asse centrale”, la direttrice principale del corso, si sottolinea che “i terreni di fondazione di buona parte degli edifici esistenti sono costituiti dalle cosiddette ‘Brecce dell’Aquila’” ovvero clasti (rocce sedimentarie) di dimensioni tra 2 e 10 centimetri immersi in una matrice sabbiosa.





Nella zona Sud, invece, “predominano materiali a grana più fine” che hanno “caratteristiche meccaniche meno buone ma, in generale, discrete”. Il riferimento è a zone come via XX settembre o la Villa comunale, dove i danni sono stati maggiori.

LE ‘’GROTTE’’ DI VIA DE BARTHOLOMEIS

Il piano prende poi in esame un fenomeno di cui si parlò molto nei primi giorni del post-sisma, la presenza di grotte realizzate dall’uomo sotto la sede stradale nella zona di via Campo di Fossa, dove ci sono stati crolli e morti.

“Anticamente – scrive il Comune – era presente, un centinaio di metri verso Est all’interno della depressione che costituisce i giardinetti di piazzale Paoli, una cava a cielo aperto di materiale calcareo. È probabile che da essa si diramassero gallerie in tutte le direzioni tra cui verso Ovest in corrispondenza di via Campo di Fossa dove infatti si è aperta una voragine che il giorno del terremoto ha inghiottito
letteralmente un’autovettura e verso la stessa Via de Bartholomeis poco distante”.

I lettori ricorderanno un’immagine-simbolo, che ha fatto il giro del mondo, quella della Golf nera dentro la buca sulla strada.

Come si ricostruirà in questa zona “minata” nel sottosuolo? Il dibattito è aperto. Il Comune ricorda di attendere il finanziamento dalla Sge di un piano di indagini e di aver varato intanto un tavolo tecnico a settembre dell’anno scorso e uno studio di cui si è parlato a novembre.

NO AGLI EDIFICI PACCHIANI

Una previsione che farà tirare un sospiro di sollievo a tutti gli aquilani è contenuta nella parte relativa alla “qualità degli interventi edilizi”, che fissa paletti rigidi anche per l’estetica della ricostruzione.

E, com’era ampiamente auspicabile, nelle aree centrali non si potrà assistere allo scempio di facciate blu, giallo, verde viola, come accaduto fin troppo spesso in periferia durante la ricostruzione leggera.

“Non meno delicato – si scrive infatti – è l’aspetto relativo ai materiali di finitura e ai colori esterni dei fabbricati da riparare o ricostruire: in tutte le zone della città, sia all’interno che all’esterno della perimetrazione, le prescrizioni prevedono l’utilizzo delle tonalità ispirate alle terre naturali escludendo sempre cromie eccessivamente appariscenti”.

GLI INTERVENTI DIRETTI SULLE FRAZIONI

Anche per le frazioni il Comune vuole interventi “diretti”. Le 77 pagine dello stralcio si aprono con una serie di cifre che consentono di capire bene la complessità e la vastità del territorio aquilano e delle sue propaggini.

“Il Comune dell’Aquila – si legge – ha un’estensione territoriale di poco meno di 470 chilometri quadrati, il solo centro storico del capoluogo, contenuto entro il tracciato delle mura, lungo approssimativamente 5 chilometri, si estende per circa 165 ettari. Al centro storico del capoluogo si aggiungono le 42 frazioni e 7 borghi per un totale di 49 articolazioni territoriali, con una superficie di ulteriori 200 ettari”.

Insomma, una cinquantina di “poli” diversi di ricostruzione da tenere sotto controllo.

Per gli ambiti A (centri storici) delle frazioni, a seguito di due avvisi del sindaco, gli interessati hanno risposto con un totale di 1.156 proposte di aggregato presentate, che sono state vagliate e suddivise.

Sulle frazioni è stato compiuto anche uno studio della situazione pre-sisma, basato sulla ricerca del 1999 “Recupero e riqualificazione dei centri storici del Comitatus Aquilanus”, a cura di Marcello Vittorini.

A differenza del centro, le frazioni hanno il solo ambito A, la città storica, normato dall’articolo 46 delle Norme tecniche d’attuazione (Nta) del vecchio piano regolatore, che consente interventi fino alla “ristrutturazione edilizia”, fatta eccezione per gli edifici o aggregati di particolare pregio, per i quali “l’intervento consentito non può superare il restauro e risanamento conservativo”.

La ricostruzione delle frazioni è stata pensata in tre passaggi successivi: interventi edilizi diretti (oggetto dello stralcio), sub-ambiti di intervento unitario e piani di ricostruzione specifici delle frazioni, come quello di Onna, Tempera o Bagno. Su queste ultime due frazioni c’è un capitolo a parte.

LE MACROAREE

Lo stralcio sulle frazioni è articolato per macroaree:
Macroarea 1 (L’Aquila Centro – Sant’Elia)
Macroarea 2 (l’Aquila Ovest – Cansatessa-Pettino-Coppito)
Macroarea 3 (Tempera-Paganica-San Gregorio-Bazzano)
Macroarea 5 (Onna)
Macroarea 7 (Arischia)
Macroarea 8 (Roio Poggio-Colle di Roio-Roio Piano-Santa Rufina)
Macroarea 9 (Bagno Grande-Bagno Piccolo-Civita di Bagno-Pianola-San Benedetto)
Macroarea 11 (Collebrincioni-Camarda)

I PIANI DI ONNA E TEMPERA

Quanto a Onna, il piano di ricostruzione realizzato dallo studio Schaller di Colonia “si prefigge non solo di recuperare il tessuto edilizio, finalizzato al rientro della popolazione nelle rispettive abitazioni, ma anche di promuovere un insieme sinergico di regole a sostegno della ripresa socio-economica del borgo, finalità che può essere perseguita solo investendo sulla qualità della tutela, del recupero e dello sviluppo dei caratteri locali distintivi, individuati come elementi identificativi e di memoria”.





Per Tempera, invece, della realizzazione si è occupata la Scuola di architettura e design (Sad) dell’Università di Camerino e la strategia è molto più impattante: per il “tessuto edilizio del borgo”, infatti, si propone “la completa demolizione, tranne alcuni aggregati ritenuti di interesse, da conservare come testimonianza storica”. L’altra parte, quella del corso del fiume Vera “che costeggia il paese e lo caratterizza dal punto di vista paesaggistico-ambientale”, si propone invece la valorizzazione.

Scheda anche sul piano di ricostruzione di Bagno, curato dall’Università di Venezia.

LE FAGLIE DI PETTINO, PAGANICA E SAN GREGORIO

Il popoloso quartiere di Pettino viene catalogato come una vera e propria frazione e lo stralcio affronta un tema scottante, quello della chiacchieratissima “faglia” che lo attraversa, giudicata eloquentemente una “criticità”, visto che ha causato molti danni,

“L’evoluzione geomorfologica del versante sud-occidentale del Monte Pettino è governata dall’attività della faglia situata alla sua base”, si spiega.

Nel documento vengono prese in esame anche altre tristemente note faglie, quelle di Paganica e di San Demetrio, stavolta in zona Est, divenute veri e propri “spauracchi” per i cittadini.

I PROGETTI STRATEGICI

Nell’ultima parte ci sono poi una serie di progetti cui il Comune riserva un’importanza particolare descrivendoli con schede in altre 59 pagine.

I “Progetti unitari di iniziativa privata” si spiega che “riguardano le parti di città consolidata poste a ridosso del tessuto antico del centro storico, realizzati prevalentemente in anni recenti, dal dopoguerra a oggi, che necessitano di azioni di riqualificazione urbana di interesse pubblico”.

“Essi – si legge ancora – possono essere attuati attraverso progetti urbanistici unitari, ovvero piani urbanistici attuativi caratterizzati da partnership pubblico/privato che preveda l’integrazione di fonti finanziarie, compreso il buono contributo per la ricostruzione, e modalità attuative con procedure urbanistiche di tipo negoziale”.

Ne fanno parte le riqualificazioni dell’area Banca D’Italia – via XX Settembre, area Santa Croce, area Lauretana, area Valle Pretara, area Porta Leone, Borgo Rivera e Sant’Andrea Campo di Fossa per un totale di 212 milioni.

I “Progetti strategici di iniziativa pubblica”, invece, “possono essere classificati in tre macro categorie rispondenti ad altrettanti obiettivi di intervento: Progetti urbani, Sistema del verde, Sistema dell’accessibilità e della sosta”.

Sono il Polo universitario ex San Salvatore – viale Giovanni XXIII, Polo culturale, Complesso scolastico polifunzionale Caserma Rossi, Ex ospedale di Collemaggio, Sede unica uffici comunali, Polo del welfare, Progetto Mura, Parchi urbani, Piazza d’Armi.

Progetti ambiziosi da 321 milioni, sul quale la prossima amministrazione dovrà lavorare molto per non farli rimanere un “libro dei sogni”.

UNA GENESI TORMENTATA

Di questo piano di ricostruzione, un documento che comunque vada resterà nella storia di oltre 750 anni della città dell’Aquila, è un documento di cui in realtà l’amministrazione guidata da Massimo Cialente avrebbe fatto volentieri a meno.

Per mesi, infatti, il primo cittadino ha tuonato contro i piani e contro chi li imponeva, la struttura commissariale e quella tecnica, affermando di volersi attenere solo alle previsioni del piano regolatore generale del 1975.

Fin quando non è stato chiarito che i piani di ricostruzione sono obbligatori, concetto espresso già dalla legge di conversione del “decreto Abruzzo” del 2009, altrimenti per i centri storici non arriverà il becco d’un quattrino. A quel punto la macchina organizzativa s’è messa in moto.

Dopo la Perdonanza Celestiniana del 2011 Cialente si è piegato, promettendo il varo “entro settembre-ottobre”. A quella scadenza, però, era stato consegnato (all’allora sottosegretario Gianni Letta) solo un antipasto del corposo elaborato, un pre-piano con indicazioni tecniche.

Negli ultimi tempi si sono sommate le “scoppole”: nell’incontro del 28 dicembre il premier Mario Monti secondo una diffusa vulgata ha rampognato Cialente: “Se il piano è pronto, perché non lo presentate?”, ha chiesto.

Anche la Protezione civile, con una nota dell’ex prefetto dell’Aquila e oggi capo dipartimento, Franco Gabrielli, ha ricordato che l’impegno di risorse “non può prescindere” dalla presentazione dei piani.

A inizio anno, l’assessore al ramo Pietro Di Stefano lo aveva promesso entro il 10 gennaio, ma anche quella deadline è saltata.

Ora, finalmente, ci siamo.

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