L’AQUILA CALCIO: DS DI NICOLA A PROCESSO ”TRUFFA A GIOVANE CALCIATORE”,LUI NEGA

di Alberto Orsini e Berardino Santilli

29 Ottobre 2013 17:53

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – Uno spinoso caso giudiziario scuote L’Aquila Calcio, turbando la quiete del club proprio nel momento più felice da 13 anni a questa parte sul piano sportivo, con la scalata al vertice della classifica di Prima Divisione di Lega Pro.

La procura della Repubblica dell’Aquila ha disposto il processo con l’ipotesi di reato di truffa per il responsabile dell’area tecnica del sodalizio rossoblù, Ercole Di Nicola, 36 anni, da 6 uomo mercato della società.

A marzo 2014 il dirigente sarà alla sbarra al tribunale del capoluogo, anche se la data esatta non è stata ancora fissata. Non ci sarà udienza preliminare, perché il pm ha citato direttamente in giudizio l’imputato.

Le accuse sono tutte da confermare, ma la vicenda potrebbe minare l’autorevolezza e l’immagine positiva che il club si era costruite con il nuovo corso che ha messo insieme un gruppo solido di imprenditori che non nasconde le ambizioni di salire ancora nelle gerarchie del calcio.

Oltre che per Di Nicola, il pubblico ministero Fabio Picuti ha disposto il processo anche per un avvocato torinese, Domenico Falanga, mentre è stata archiviata la posizione di un ex componente della dirigenza aquilana, Antonio Ranucci, all’epoca responsabile della segreteria e oggi nello staff del Grosseto.

I fatti si riferiscono al mancato tesseramento con L’Aquila di un giovane di nazionalità albanese, Ruis Zenuni, 20 anni all’epoca dei fatti, avvenuti nel 2011.

Secondo l’accusa, da parte della famiglia sarebbero stati versati 28 mila euro per vitto, alloggio, trasferte e stipendi, senza che, però, l’atleta abbia mai visto il campo: infatti non ha giocato una sola partita. Di qui la denuncia della famiglia che ha fatto partire le indagini, curate dalla squadra di polizia giudiziaria della Guardia di finanza e durate più di un anno.

Interpellato da AbruzzoWeb, Di Nicola afferma di essere innocente, parla di soli 16 mila euro di assegni, staccati ma mai incassati né da lui né dal club.

Si dice tranquillo, assicurando, inoltre, che questa vicenda, peraltro di 2 anni fa, non avrà ripercussioni sul campionato in corso dei rossoblù, anche perché l’atleta non è mai stato formalmente un giocatore dell’Aquila e, quindi, a suo dire non dovrebbero configurarsi illeciti sportivi capaci di inficiare il campionato in corso.





“Nessuno ha pagato per giocare”, la rassicurazione che il ds tiene a sottolineare più volte, oltre a sottolineare che il tesseramento non si è perfezionato non per scelta della società, ma perché la Lega non ha riscontrato la nazionalità italiana del giovane, che invece la famiglia aveva assicurato ci fosse.

Dal canto suo, il presidente, Corrado Chiodi, pure rintracciato da questo giornale, sembra mostrare un certo imbarazzo: da un lato difende il suo dirigente, “non credo ci saranno conseguenze”, dall’altro prende le distanze: “Sono cose che non riguardano la mia gestione, ma quella passata”.

Anche se, a costituire evidenti elementi di continuità con il passato, ci sono sia lo stesso Di Nicola, confermato all’inizio contro il volere della piazza nel primo anno di presidenza Chiodi, salvo poi vincere sul campo il campionato di Seconda Divisione, sia l’attuale direttore generale e amministratore della società, Elio Gizzi, che detiene anche poco meno del 20 per cento del pacchetto di quote societarie.

Gizzi è già stato sentito in procura come persona informata sui fatti, visto che all’epoca dei fatti era presidente, ruolo che ha ricoperto dal 2007 al 2012. Oggi, nonostante una serie di telefonate per un commento, è risultato irrintracciabile.

Elio Gizzi è anche consigliere di Lega e bisogna chiedersi, a questo punto, nell’attesa che siano smentite o confermate le accuse in udienza, se e come cambieranno i rapporti tra l’organismo che gestisce il campionato e la società del Complesso Panorama.

DI NICOLA: “MAI INCASSATI ASSEGNI, NESSUNO HA TRUFFATO”

“Era venuto in prova questo ragazzo, ma non lo ritenevo pronto per la serie C nonostante la mamma mi dicesse che aveva una grande passione per il calcio – racconta Di Nicola – Le dissi ‘Signora, un contratto al minimo salariale costa 28 mila euro, 15 di stipendi e 13 di contributi, non è che lo possiamo regalare o ci può rimettere L’Aquila Calcio. Se si accolla lei l’investimento su vitto e alloggio, lo tesseriamo, sta qua e poi decide l’allenatore’.”.

“Accettò e fece degli assegni, non mi sembrava fosse una famiglia ricca, si saranno anche sacrificati per trovare i soldi – prosegue – Ci siamo fermati a 4 assegni da 4 mila euro per un totale di 16 mila che, sottolineo, non sono stati incassati né da me né dall’Aquila Calcio”.

Il dirigente non ha rimpianti per aver tentato quell’escamotage che potrebbe portarlo sotto processo.





“Vedevo dei genitori disperati per quel figlio, in quelle circostanze sei tra incudine e martello – obietta – Così fece il ritiro ad Amandola con l’allenatore di allora, Maurizio Ianni, poi tornò all’Aquila con la squadra, nel frattempo Ranucci svolgeva l’iter burocratico per tesseramento e noi aspettavamo solo l’ok”.

Quindi, la sorpresa. “A novembre invece arrivò un no della Lega, perché il giovane non aveva la cittadinanza italiana e quindi non era tesserabile, nonostante mi avessero assicurato che tutta la famiglia la aveva – continua il responsabile dell’area tecnica – Chiamai la donna, che mi girò una serie di email con richieste di avere la cittadinanza addirittura al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Continuava a rassicurarmi che presto avrebbero concesso la cittadinanza anche a lui, l’unico che non l’aveva”.

Poi prosegue il racconto spiegando che “a quel punto le ho suggerito di mandarlo a giocare in serie D, dove il tesseramento era possibile e io lo avrei tenuto d’occhio. Subito dopo ho chiesto alla mamma, quanto le devo ridare? Ho proposto di restituire 10 mila euro su 16 mila, tolte le spese. Ma rivoleva tutti i soldi più un risarcimento dei danni per 30 mila euro. In quella situazione le ho detto di andare pure avanti in tribunale”.

Sulla vicenda complessiva, Di Nicola assicura che “L’Aquila Calcio non c’entra nulla, ha provato a tesserare il giocatore, non ci si è riusciti ed è finita lì. Non è che si parla di illeciti, è un’operazione non andata a buon fine. Mi dispiace per la signora, nessuno l’ha truffata, né L’Aquila Calcio né io. Ha voluto investire ma non è che ci posso rimettere io o la mia società. E comunque – sottolinea – a distanza di 3 anni, questo ragazzo non gioca più”.

Sulle eventuali ripercussioni, per Di Nicola scongiurarle “dipende da noi e dall’ambiente. Sono convinto che questa vicenda scemerà, dobbiamo concentrarci sul campionato”, chiude.

CHIODI: “SI CHIARIRA’ TUTTO MA LA MIA GESTIONE NON C’ENTRA”

“Ho sentito subito Di Nicola, mi ha detto di essere nel giusto – afferma il presidente Chiodi – È stata la Lega a non tesserare quel ragazzo, la società non ha scelto. Si è allenato, è rimasto, il convitto lo abbiamo pagato”.

“Nel merito non voglio entrarci, sono cose che non riguardano la mia gestione – prosegue poi, smarcandosi un po’ – Si risolverà con dei chiarimenti, mi dispiace per lui, conoscendolo non mi sembra capace di fare queste cose”.

Quanto alle ripercussioni, Chiodi conclude: “Non credo ci saranno conseguenze e la squadra resterà serena”.

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