L’AQUILA – Dodici mesi dopo il sisma del 18 gennaio 2017 nulla o quasi si è mosso nei comuni colpiti dall’onda tellurica, con una ricostruzione ferma al palo, Soluzioni abitative di emergenza ancora da consegnare, un'economia locale fortemente compromessa, amministrazioni alle prese con una pesante burocrazia e uno spopolamento che rischia di cancellare le comunità delle aree interne.
Questo l’allarme lanciato dai sindaci di Capitignano (L’Aquila), Maurizio Pelosi e Campotosto (L’Aquila), Luigi Cannavicci, un anno dopo. Alle 10,20 la terra torna a tremare, portando con sé le vite e le speranze delle popolazioni del Centro Italia, già colpite da altri terremoti, iniziati il 6 aprile 2009.
È il 18 gennaio 2017: a metà mattinata una prima scossa di magnitudo 5.1 sconvolge l’Abruzzo, dopo i primi concitati momenti viene registrato l’epicentro non lontano dal lago di Campotosto, in provincia dell’Aquila, ma i cittadini, alle prese con i problemi legati ad una straordinaria nevicata, con strade e case bloccate, non hanno neanche il tempo di realizzare che si susseguono altre tre forti scosse, rispettivamente di magnitudo 5.5, 5.4 e 5.0.
Tanti cittadini restano bloccati nelle proprie abitazioni, arrivano moltissime chiamate di soccorso dai comuni dell’Alta Valle dell’Aterno, la parte settentrionale della provincia dell'Aquila, che poi si scoprirà essere la più colpita.
Infine, la valanga che ha travolto l'hotel Rigopiano a Farindola (Pescara), dove hanno perso la vita 29 persone, il Comune di Ortolano (L’Aquila) resta isolato per giorni, poi l’evacuazione. È il caos.
Un anno dopo molti paesi delle zone interessate dal sisma sono fantasma, le attività stentano a ripartire e la lentezza della burocrazia ostacola la ricostruzione fisica.
“A Campotosto è tutto fermo dal 2009, la ricostruzione è al palo e sulle macerie sono cresciuti alberi, erbacce e piante di ogni genere”, denuncia ad AbruzzoWeb il sindaco Luigi Cannavicci.
“I danni sono di grande entità nel centro di Campotosto non ci sono edifici agibili e siamo ancora in attesa che venga fatta l’ordinanza per la sovrapposizione dei crateri sismici del 2009 e del 2016, in cui rientrano anche i Comuni colpiti dal terremoto del 18 gennaio di un anno fa”.
La ricostruzione di molti centri storici dell’Aquilano stenta a partire proprio a causa della mancanza di norme specifiche – è la denuncia degli amministratori – che disciplinino la sovrapposizione dei danni tra sisma del 6 aprile 2009 e quelli del 2016-2017.
Uno stallo burocratico che ha causato, intanto, lo spopolamento di alcune zone, tra cui Campotosto: “Ci sono ancora 150 persone ospitate nei progetti C.a.s.e. dell’Aquila, mentre in paese siamo rimasti in 60, poi ci sono le frazioni: a Mascioni, attualmente vivono una cinquantina di persone, a Poggio Cancelli 30, mentre Ortolano è ancora evacuato”, sottolinea il primo cittadino.
A seguito del sisma del 18 gennaio 2017, infatti, una frana sul Monte Corno aveva rischiato di cancellare l’intero paese; un rischio scongiurato grazie all’intervento della Protezione civile e dei vigili del fuoco, che dopo aver messo in salvo i 21 abitanti di Ortolano, intrappolati nelle loro case, hanno iniziato la messa in sicurezza della zona.
“Presto gli abitanti di questa frazione potranno tornare nelle proprie case – assicura Cannavicci – è stata fatta una grande opera di messa in sicurezza in quest’ultimo anno e dopo il sopralluogo della Protezione civile riapriremo immediatamente Ortolano”. Sul fronte della ricostruzione pubblica bisogna ancora ricostruire la sede del Comune, quella della Protezione civile e due strutture scolastiche, che però verranno messe a disposizione delle associazioni, perché “tutti i nostri scolari ormai vanno a scuola ad Amatrice, in provincia di Rieti, o all’Aquila”.
Per i luoghi di culto la situazione non sembra essere migliore: “La chiesa di Sant’Antonio e di Ortolano sono da ricostruire ex novo, a Poggio Cancelli ci sono tre chiese, tutte inagibili dal 2009 e la messa viene celebrata in container”, sottolinea il primo cittadino di Campotosto.
Cannavicci, poi, prospetta tempi ancora molto lunghi, “soprattutto a causa di rallentamenti e incomprensioni di natura burocratica; ci sono già oltre 200 ordinanze di abbattimento, poi si dovrà risolvere la questione delle macerie da rimuovere, insomma i ritardi ci sono, ma sono comunque molto soddisfatto della risposta delle istituzioni, a partire dal commissario alla Ricostruzione, Paola De Micheli, che si è mostrata attiva su tutta la linea, visitando il nostro Comune più volte”.
In ripresa anche la produzione del simbolo gastronomico per eccellenza, la Mortadella di Campotosto, anche conosciuta come “coglione di mulo”, che nei primi mesi del 2018 è stata paralizzata. “Anche le condizioni non sono delle migliori, la produzione è in ripresa, si lavora tra edifici inagibili, in mezzo a macerie, ma i nostri produttori non vogliono mollare o arrendersi”, conclude.
“Da un punto di vista della mera ricostruzione siamo a un punto morto: ci chiedono ancora di aspettare per l’allineamento dei crateri sismici del 2009 e del 2016 – denuncia il sindaco di Capitignano, Maurizio Pelosi – Credo che sia proprio questa enorme burocrazia che uccide i Comuni delle aree interne, già alle prese con numerose criticità in situazioni normali, che si acuiscono nell’emergenza”.
Conclusa la messa in sicurezza degli immobili inagibili e pericolanti, ora l’amministrazione comunale volge lo sguardo alla ricostruzione fisica, economica e sociale della popolazione. Anche Capitignano, infatti, dal 18 gennaio ha subito uno spopolamento importante, con molti cittadini ospitati nei Progetti C.a.s.e. e Moduli abitativi provvisori del capoluogo abruzzese, ma pian piano la gente sta tornando in paese.
“Parecchi sono rientrati, attivandosi da soli, già nei primi mesi del 2017 o perché avevano case agibili, o andando in affitto in altre strutture – aggiunge il primo cittadino – Molti, poi, hanno preferito acquistare container e casette removibili, in ogni caso Capitignano si sta lentamente ripopolando: su una popolazione di 700 persone, a oggi 200 vivono e risiedono nel Comune, ma la situazione resta critica”.
A breve dovrebbero arrivare anche le prime Sae, soluzioni abitative di emergenza, che potrebbero facilitare ulteriormente il rientro delle famiglie, con conseguenti effetti positivi per l’economia locale, al palo da un anno e alle prese con tanti problemi. “Siamo in forte sofferenza sul lato economico, molte attività commerciali si sono dovute spostare, altre cercano di resistere, soffrendo un po’ – spiega Pelosi – ma con la consegna dei Sae, a fine gennaio, sicuramente la situazione andrà migliorando pian piano”.
Per quanto riguarda i luoghi di culto, “il terremoto di gennaio 2017 ci ha dato il colpo di grazia, distruggendo completamente tutte le chiese, già danneggiate nel 2009 – dichiara il primo cittadino – celebriamo tutte le funzioni religiose in una tenda”.
La situazione migliora se si affronta il tema dell’edilizia scolastica, con tutte le scuole aperte e funzionanti. “L’asilo era stato demolito nel 2009 e il 6 settembre dell’anno scorso è stato riaperto, la scuola elementare è stata sempre agibile e, a spese del Comune, ho fatto fare anche uno studio sulla vulnerabilità sismica, pari allo 0,92 e quindi sicura”.
Ma nonostante questo piccolo spiraglio di luce, nel fare un bilancio del 2017, Pelosi lo definisce “annus horribilis”, citando le parole della regina del Regno Unito Elisabetta II. “Dovrebbe partire a breve la ricostruzione ‘leggera’, siamo fiduciosi, ma con le dovute cautele – conclude il sindaco – ci siamo rimboccati le maniche, restando sul posto nell’emergenza e lottando per la nostra comunità nei mesi successivi al sisma. Non possiamo permettere che questi luoghi vengano dimenticati, stiamo lavorando molto, per il futuro ci auguriamo che la burocrazia venga sfoltita, o si rischia l’abbandono totale di questi piccoli comuni”.
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